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venerdì 6 luglio 2012

Piccoli Successi. un parco giochi per tutti.

Tanti giochi per tutti, per divertirsi tutti insieme: sono quelli che permetteranno anche ai piccoli con disabilità di Milano di giocare nell'area attrezzata appositamente per loro al parco Formentano. E' stata infatti inaugurata ieri 'Giochiamo Tutti!', la prima area gioco della città con strutture utilizzabili anche dai bimbi portatori di handicap, realizzata da Comune di Milano, F.I.S.H. onlus, Enel Cuore onlus, Giochisport (associazioni e aziende con comprovata esperienza nel settore).

Si tratta di un'area accessibile a tutti, dotata di rampe per agevolare chi (piccoli o genitori) si muova su carrozzina, ma anche percorsi sensoriali per i piccoli non vedenti, altalene e giostrine con sedute speciali e scivoli doppi che possono essere usati in sicurezza, tenendo per mano i fratellini maggiori. Il tutto nella più totale sicurezza, dato che  l'area è pavimentata con materiale anticaduta e caratterizzata da percorsi tattili di colore giallo che conducono ai giochi.

Il progetto è nato su impulso di F.I.S.H. onlus (Federazione italiana per il superamento dell'handicap, rappresentata in Lombardia da Ledha), che ha vinto il bando pubblicato dal Comune di Milano nel luglio dell'anno scorso, e ha potuto realizzare l'area al Parco Fomentano grazie al contributo di Enel Cuore onlus.

Soddisfazione è stata espressa da Pietro Barbieri, presidente di FISH, il quale auspica che "Dopo Genova, l'Amministrazione comunale di Milano ha dimostrato di saper accogliere proposte innovative. Ora attendiamo fiduciosi che anche il Comune di Bari, primo nel sud Italia, sappia cogliere questa progettualità".

Fonte: Ufficio Stampa Comune di Milano
Credit Foto: Ufficio Fotografico Comune di Milano

tratto da: redazione disabili.com

Articolo: la disabilità non è un limite. Pistorius convocato alle Olimpiadi di Londra.

JOHANNESBURG - Si aprono le porte delle Olimpiadi per Oscar Pistorius: il Sudafrica ha convocato l'atleta 25eene, che corre con due protesi in fibra di carbonio al posto delle gambe, per la staffetta 4x400. Per Pistorius, che quindi sarà il primo atleta disabile a prendere parte ai Giochi Olimpici tra i normodotati, la gioia è doppia: dopo la convocazione per la staffetta è arrivato anche il via libera, da parte del Comitato olimpico sudafricano, per la partecipazione alla gara individuale dei 400 metri.

"Oggi è realmente uno dei più bei giorni della mia vita! Sarò a Londra per Olimpiadi e Paralimpiadi", ha scritto sul suo account twitter Pistorius, che ha subito all'età di 11 anni l'amputazione di entrambe le gambe a causa di una malformazione genetica.  Poi ha aggiunto: "Grazie a tutti coloro che mi hanno fatto diventare l'atleta che sono! Dio, la famiglia e gli amici, i miei avversari e i miei tifosi! Mi avete tutti dato una mano!".

"La qualificazione di Oscar Pistorius ai Giochi di Londra è un risultato straordinario non solo per lui, ma per tutto il movimento paralimpico, che non potrà che trarre ulteriore visibilità da questo fatto storico. La sua caparbietà nel raggiungere l'obiettivo è encomiabile". Così, con entusiasmo, ha commentato la notizia Luca Pancalli, presidente del comitato paralimpico italiano.

Appena venerdì scorso l'atleta aveva dovuto incassare una grande delusione: è arrivato infatti secondo ai Campionati d'Africa sui 400 ma con il tempo di 45''52, superiore al 45''30 richiesto per staccare il biglietto per Londra. A marzo Pistorius aveva corso in 45"20 ma la federazione sudafricana richiedeva due prove al di sotto del limite per i Giochi. Oggi il nuovo dietrofront: l'atleta di Johannesburg potrà essere al via anche della gara individuale. Nella staffetta Pistorius è stato convocato insieme a de Beer, Mogawane e de Jager.

Pistorius era già entrato nella storia dell'atletica lo scorso anno quando ha preso parte ai Campionati del mondo di Daegu, dove vinse, sempre nella 4x400, la medaglia d'argento sempre nella staffetta 4x400. La decisione di lasciarlo fuori dalla finale causò però non poche polemiche. Nel suo palmares l'atleta sudafricano vanta quattro medaglie d'oro alle Paralimpiadi di Pechino e di Atene. Nella capitale britannica parteciperà quindi alle Olimpiadi (27 luglio-12 agosto) e alle successive Paralimpiadi (29 agosto-9 settembre).

Quello di Pistorius è un risultato senza precedenti per l'atletica leggera, disciplina regina delle Olimpiadi. Nella storia dei Giochi ci sono due precedenti, nel tiro con l'arco: con la neozelandese Neroli Fairhall a Los Angeles nell'84 e con l'azzurra Paola Fantato, ad Atlanta nel '96.

mercoledì 11 gennaio 2012

Cà Foscari: Lis tattile

Ca’ Foscari prima in Italia a offrire un corso di LIS tattile, varietà di LIS usata da sordociechi. A fine gennaio partono le lezioni
Forte di un impegno ormai decennale dell’Ateneo cafoscarino nella formazione di esperti di lingua dei segni italiana (LIS) e del mondo della sordità, ora Ca’ Foscari è la prima università in Italia a inserire nella sua offerta didattica un corso di LIS tattile (LISt). La LISt è la varietà tattile della LIS, spesso trascurata, utilizzata dalle persone sordocieche segnanti e da tutti coloro che interagiscono con loro.
L’insegnamento è offerto nel Corso di Laurea in Lingue e Scienze del linguaggio e può essere seguito anche come corso singolo da tutti gli interessati. Agli studenti verranno fornite le conoscenze teoriche riguardanti la LISt rese disponibili dalla ricerca linguistica e le competenze necessarie per una comunicazione efficace in LISt. Il corso è cofinanziato dalla Lega del Filo D'Oro, che da anni si occupa di sordociecità, ed è a cura di una delle massime esperte di LIS tattile in Italia, l’interprete Alessandra Checchetto.

“L’iniziativa è frutto dell’impegno di Ca’ Foscari sul fronte della disabilità, e sul superamento delle barriere comunicative” spiega la Prof.ssa Anna Cardinaletti, coordinatrice del Corso di Laurea in Lingue, civiltà e scienze del linguaggio e Delegata del rettore per la disabilità ”siamo molto grati alla Lega del Filo D'Oro, che ci ha permesso di portare l’insegnamento della LIS tattile all’Università, per garantire qualità e innovazione. Poche Università al mondo hanno questa straordinaria opportunità. Per una fortunata coincidenza, la prof. Johanna Mesch, sorda, terrà nel secondo semestre alla Stockholm University un corso di Deaf-blind communication sulla Tactile Swedish Sign Language. Intendiamo aprire con lei una collaborazione scientifica e didattica. Nell'ambito della sordità e delle lingue dei segni i paesi scandinavi sono all'avanguardia”.

Per informazioni sul corso visitare il sito www.unive.it, e seguire il percorso Corsi di laurea > Corso di Laurea in Lingue, civiltà e scienze del linguaggio > Insegnamenti

Accanto alla dimensione didattica, Ca’ Foscari è attiva anche sul piano culturale con iniziative che mirano all’integrazione tra comunità sorda e udente. E’ infatti la prima università in Italia, e tra le poche istituzioni, ad aver reso accessibile ai sordi la visita culturale alla propria sede storica, Palazzo Foscari, organizzando il Ca’ Foscari tour in LIS.
A dicembre si è tenuto con grande successo il progetto di teatro bilingue "I segni a teatro - Flying words project", del neonato gruppo studentesco "Il palco dei segni". Per due giorni (18 e 19 dicembre) il duo "Flying words project", attivo sul territorio americano per promuovere la poesia bilingue ASL (Lingua dei segni americana)-inglese, ha seguito gli studenti in un workshop, culminato con uno spettacolo nell’affollato teatro Ca' Foscari a Santa Marta.

domenica 27 novembre 2011

I "sapori diversi": aspiranti cuochi.

ROMA - La diversità, talvolta, ha un gusto amaro. La solidarietà ha, spesso, un sapore dolce. Ma i sapori che una decina di ragazzi proveranno nei prossimi mesi sono qualcosa di più vario e concreto: sono i sapori della cucina. Si avvia infatti ad una confortante conclusione, a Roma, la prima edizione di «Sapori Diversi», il programma della Comunità di Sant'Egidio che favorisce la formazione e l'inserimento lavorativo dei disabili grazie alla collaborazione di alcuni noti chef della Capitale. Sono ben 12, quest'anno, i giovani portatori di handicap che hanno trovato un impiego in locali romani: 8 presso altrettante cucine di cuochi rinomati, 2 alla Trattoria degli Amici di Sant'Egidio e altri 2 in altri ristoranti.
Un cameriere della Trattoria degli AmiciCOMMIS DI SALA E CUCINA - Sapori Diversi - progetto che Sant'Egidio ha realizzato (unitamente al corso per commis di sala e di cucina) insieme alla Laurenzi Consulting e con il sostegno di Fondazione Telecom Italia - ha realizzato un sogno per questi ragazzi: la possibilità concreta di avere un lavoro nel settore della ristorazione. Ad accoglierli e aiutarli nella nuova prova sul campo, ci saranno cuochi come: Cristina Bowerman (Glass Hostaria), Davide Cianetti (OS Club), Saverio Crescente (Grano), Riccardo Di Giacinto (All’Oro), Dany Di Giuseppe (Porto Fluviale), Alessandro Roscioli (Roscioli), Angelo Troiani (Il Convivio) e Leonardo Vignoli (Da Cesare).
GLI INVISIBILI IN CASA - «I disabili sono i nostri invisibili - sottolinea Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio - nascosti in casa. Liberarli significa mostrare agli "intelligenti" quello che non vedono e far avere a tutti un messaggio di vita attraverso la dignità del lavoro. Far diventare visibili gli invisibili». Anche perchè il più delle volte, sul lavoro, questi giovani sono più bravi impegnati di coloro che comunemente si considerano «normali». Loro, i nuovi protagonisti diversi, sono al settimo cielo. Federica, 36 anni, sorride alla telecamera e ammette: «Ho imparato a fare il caffè, a servire ai tavoli e ora sono capace di trattare con i clienti». Per 14 mesi hanno seguito i corsi tenuti da specialisti del settore, guadagnandosi sul campo la possibilità di lavorare a contatto con chef come Troiani, la Bowerman e Di Giacinto.
Clienti alla Trattoria degli amici in Trastevere VOGLIA DI FARE E CURIOSITA' - Niente ferma la curiosità e la voglia di fare: così, come Federica, altri 23 giovani disabili hanno imparato un mestiere grazie al progetto «Cucina inclusiva» della Comunità di Sant’Egidio. Sono cuochi infaticabili e lo dimostreranno quando entreranno nello staff dei vari chef li hanno accolti. Il corso – e l’annessa opportunità lavorativa – è una iniziativa inedita in Italia: «La prima scuola riservata a giovani disabili» spiega Marazziti. L’obiettivo di insegnare ai ragazzi come cavarsela in cucina, o in sala, nasce dall’esperienza della Trattoria de gli Amici, aperta a Trastevere, che impiega oggi tredici persone diversamente abili.
A lezione in cucina IMPEGNO DI PROVINCIA E REGIONE - «C’è un impegno della Regione Lazio e della Provincia di Roma per aprire un altro ristorante – annuncia Marazziti – per studiarne la fattibilità, e lanciare una scuola di cucina». Conferma l’assessore regionale al Lavoro, Mariella Zezza: «Abbiamo appuntamento la prossima settimana per replicare questa esperienza». Quando si dice, la genesi di una buona idea. 
tratto da: corriere.it 

lunedì 25 luglio 2011

La disabilità non è un limite: prove di cucina per studenti autistici

OMA - Coltivano l’orto, cucinano i prodotti raccolti ogni giorno dalla terra, apparecchiano la tavola, raccolgono le ordinazioni e servono le portate. Non sono contadini, cuochi o camerieri, ma potrebbero diventarlo presto. A cimentarsi in queste sere d’estate nella gestione di una trattoria sociale, immersa in una cornice agreste nel cuore della Capitale, sono studenti tra i 18 e i 20 anni con problemi di autismo, affiancati da compagni di scuola, genitori e operatori esperti in terapia cognitivo-comportamentale. L’attività agricola e di ristorazione rientra nell’attività dei laboratori previsti da un progetto di integrazione scolastica e avviamento al lavoro, «La cura della terra, la terra che cura, l'orto dei semplici», promosso dall’Istituto agrario Garibaldi, una scuola particolare, coi suoi ottanta ettari di terreno, un migliaio di piante di ulivo, vigneti e attività legate al mondo dell’agricoltura e della zootecnia.
LA CURA DELLA TERRA, LA TERRA CHE CURA - «Per i laboratori  di cucina e orto previsti dal progetto, l’Istituto agrario ha messo a disposizione uno spazio apposito, che abbiamo chiamato la casa delle autonomie – dice Simona Levanto, una delle operatrici referenti del progetto - . L’obiettivo, infatti, è far sì che i ragazzi diventino il più possibile autonomi nella vita reale». Il percorso, avviato già da qualche anno, grazie alla disponibilità del preside dell’Istituto, coinvolge genitori, insegnanti, compagni di scuola, cooperative di operatori specializzati, imprese sociali, municipi e Università.
DIRITTO ALLO STUDIO E AL LAVORO - Quattro anni fa all’Istituto Garibaldi gli studenti con disabilità erano cinque, oggi sono 102, di cui 54 con problemi di autismo. I ragazzi frequentano classi “trasversali” con piani di studio personalizzati a seconda delle attitudini, delle competenze da sviluppare e dei comportamenti da migliorare. Per esempio, le due ore di chimica si possono sostituire con due ore di cucina. Svolgono, poi, attività operative presso i laboratori dell'Istituto: oltre a orto e ristorazione, anche grafica e implementazione di attività sociali. 
COMPAGNI TUTOR - Ciascun ragazzo è affiancato da un compagno di scuola, che riceve una formazione specifica su come relazionarsi coi ragazzi autistici sul piano pratico ed emotivo. «Quest’anno abbiamo formato 95 studenti attraverso le moderne tecniche del "peer to peer” - spiega lo psicologo Fiorenzo Laghi, docente di teoria e tecnica di intervento nell’arco della vita all’Università “La Sapienza” di Roma -. Dopo aver selezionato quelli interessati a svolgere un ruolo di tutor nei confronti dei compagni con difficoltà, abbiamo valutato, grazie anche al coinvolgimento degli insegnanti curricolari e di sostegno, le caratteristiche dei ragazzi in termini di motivazione, personalità e attitudini. I tutor, con l’aiuto di assistenti specializzati, hanno seguito i compagni autistici nel loro percorso, affiancandoli nelle attività di laboratorio e aiutandoli a comunicare e ad assumere comportamenti adeguati rispetto alle diverse situazioni. E tra i ragazzi si è creato un rapporto di fiducia e  affettività».
INTEGRAZIONE REALE – «I ragazzi autistici rispondono positivamente a questo percorso, che si è dimostrato utile anche per gli altri studenti tutor soprattutto in termini di assunzione di responsabilità - sottolinea Laghi - . È la dimostrazione che è possibile creare una vera cultura dell’integrazione». E quest’estate, a turno, ragazzi autistici e tutor passano le giornate coltivando la terra, raccogliendone i frutti e utilizzandoli per preparare i pasti per loro e gli ospiti, si muovono in coppia tra i tavoli, raccogliendo le prenotazioni e servendo le portate.
NON SOLO BAMBINI MA ADULTI - «Fino a qualche anno fa mio figlio non parlava, ora comunica con lo sguardo e comincia a dire qualche parola anche coi clienti della trattoria - racconta Monica, mamma di un ragazzo che “serve” ai tavoli - . Da quando aveva tre anni le abbiamo provate tutte per farlo uscire da quel mondo tutto suo, in cui sembra non esserci nessuna possibilità di comunicare, non solo a livello verbale. Quando poi i bambini diventano adulti, l’autismo rimane e i problemi aumentano». Mentre Levanto fa notare «All’avvio del progetto, qualche anno fa, comportamenti bizzarri o anche aggressivi erano quasi all’ordine del giorno e non sarebbe stato possibile aprire la trattoria anche ad altri clienti, oltre che a familiari e amici. Oggi si sono ridotti moltissimo, l’esperienza sta funzionando e stiamo verificando che il contatto con la gente, oltre che con la natura, è terapeutico. Così dagli inizi di giugno abbiamo deciso di aprire il laboratorio al pubblico».
TRATTORIA SOCIALE “ARTICOLO 14” -  La sperimentazione è servita a costituire la cooperativa sociale Garibaldi, di tipo b,  cioè di inserimento al lavoro di persone con disabilità. E la trattoria l’hanno chiamata “Articolo 14”, come quello della legge 328 del 2000 che riconosce il diritto di ogni persona con disabilità ad avere un progetto individuale che lo accompagna nelle fasi della vita per integrarsi nella società.
Articolo di Maria Giovanna Faiella tratto da Repubblica.it

giovedì 30 giugno 2011

Centro Dislessia Santa Maria Nuova

REGGIO - Il servizio è praticamente unico in Italia, e domani sarà protagonista di uno speciale del celebre programma di Rai 1 "Superquark": si tratta del Centro Dislessia del Santa Maria Nuova. In tutto il territorio nazionale, esiste un simile servizio solamente al San Raffaele di Roma: il centro venne attivato nel 2008, in seguito a una proposta dell’Associazione Italiana Dislessia e alla collaborazione fra l’Università e l'Arcispedale.
Il servizio di diagnosi è rivolto ai maggiorenni, con sospetto di dislessia o Dsa (Disturbo Specifico dell’Apprendimento) che spesso non hanno ricevuto in passato alcuna valutazione. Una simile diagnosi è ormai molto richiesta, specialmente dopo l'entrata in vigore della legge che tutela i disturbi specifici di apprendimento; in 3 anni di attività sono stati già diagnosticati circa 500 casi di dislessia, provenienti da tutto il territorio nazionale.
La diagnosi, compiuta dai neurologi e dagli psicologi del centro, si  svolge presso la Struttura Complessa di Neurologia dell'ospedale, e  prevede la somministrazione di una batteria di test di lettura e di altre prove che consentono di individuare con sicurezza i casi di dislessia. 
Il servizio è gratuito per gli studenti dell’Università di Modena e Reggio, e permette di ottenere oltre alla diagnosi, consigli sull’organizzazione delle attività di studio e sulle strategie per affrontare al meglio la carriera scolastica e professionale, usufruendo anche di percorsi facilitati all’interno dell’Università.
Per tutti gli altri utenti si accede al servizio con semplice richiesta del medico curante.
Da Reggioemilia.it 

domenica 26 giugno 2011

La "via" italiana all'integrazione: un rapporto su cosa non va. Progetto di Ricerca Tre Elle, Caritas e Fondazione Agnelli

MILANO -  Siamo tra i primi Paesi al mondo ad aver abbandonato le scuole speciali e attuato l’inserimento degli alunni con disabilità in classi comuni. Ma si tratta di una reale integrazione? La«via» italiana all’inclusione scolastica ha davvero funzionato? A individuare luci e ombre del modello scolastico introdotto in Italia più di 30 anni fa è il rapporto “Gli alunni con disabilità nella scuola italiana: bilancio e proposte”, realizzato da Associazione TreeLLLe, Caritas Italiana e Fondazione Giovanni Agnelli. 
FOTOGRAFIA AGGIORNATA - «Nell’ultimo decennio gli alunni con disabilità nella scuola italiana sono aumentati di circa il 45% – riferisce Andrea Gavasco, direttore della Fondazione Agnelli - . La domanda di sostegno è in forte crescita: dai circa 140 mila alunni dell’anno scolastico 2001-02 si è passati ai 200 mila del 2009-10. Il numero di insegnanti di sostegno è cresciuto fino al 2006, poi si è stabilizzato: oggi sono circa 95 mila. In media sono due gli alunni disabili per ogni docente di sostegno». Ma cosa segnalano i dati? «Il modello di integrazione si basa su buoni principi ma è poco intelligente – afferma Gavasco - . Per esempio, esiste un meccanismo rigido: al certificato di disabilità, rilasciato dalla Asl, corrisponde un determinato numero di ore di sostegno. Questo, però, non permette di differenziare le risposte in base alle esigenze dei ragazzi».  
DIFFICOLTA’ DELLE FAMIGLIE - Tra l’altro, le famiglie devono spesso districarsi da sole tra i meandri della burocrazia per ottenere i certificati. In molti casi non sono coinvolte nel progetto educativo dei propri bambini. E, soprattutto le famiglie straniere con figli disabili, vivono un forte senso di isolamento. Per molti genitori, poi, il numero di insegnanti di sostegno rimane l'unico parametro di qualità e così lamentano l'insufficienza di ore di sostegno e il forte turn-over del personale. 
TROPPA MOBILITA’ - È proprio quest’ultimo uno dei nodi cruciali segnalato dal rapporto: quasi un alunno su due cambia l’insegnante di sostegno una o più volte durante lo stesso anno scolastico, con conseguenze negative per la continuità didattica, la relazione di fiducia che si crea tra docente e allievo e la stessa efficacia del processo d’integrazione. Poco valorizzati e motivati, gli insegnanti spesso vedono il posto di sostegno come uno dei canali privilegiati per entrare più rapidamente in ruolo. E questo determina una cronica assenza di personale specializzato. «È uno spreco di risorse perché gli insegnanti vengono formati ad affrontare bisogni speciali, ma le competenze poi vanno perdute», commenta Gavasco. Non sempre, peraltro, i docenti hanno una formazione specifica. Secondo il rapporto, una scuola del primo ciclo su tre non ha nessun insegnante con la specializzazione per il sostegno. Il più delle volte, poi, gli insegnanti curricolari sono privi di formazione pedagogica speciale.
PROPOSTE - Per superare nodi critici che rischiano di pregiudicare di fatto la qualità dell’integrazione scolastica, i promotori del rapporto lanciano una proposta di riforma del modello italiano. Innanzitutto occorre «abbandonare le rigide procedure che riducono l'integrazione a una meccanicistica attribuzione di insegnante o ore di sostegno - dice  Attilio Oliva, presidente di Treellle - . La qualità dell’integrazione, poi, si fa con la didattica individualizzata quotidiana da parte di tutti gli insegnanti, non con la delega al collega del sostegno. Inoltre, gli insegnanti di sostegno andrebbero assegnati sulla base dei bisogni delle scuole e il loro passaggio all’organico normale dovrebbe essere graduale».  
CENTRI RISORSE PER L’INTEGRAZIONE - La proposta prevede l’introduzione a livello provinciale di nuovi Centri risorse per l'integrazione (Cri) che dispongano di insegnanti e personale ad alta specializzazione e, di concerto con le scuole, definiscano e coordinino le risorse finanziarie, professionali e tecnologiche per l’integrazione, svolgendo anche formazione e consulenza alle scuole, come pure una funzione di “sportello unico” per le famiglie. Nelle intenzioni dei promotori la struttura dovrebbe «facilitare quella collaborazione fra scuola, famiglia, servizi sociali e sanitari, volontariato e comunità locale che oggi è carente e spesso impedisce la realizzazione di un autentico progetto di vita per l’alunno, che inizia dalla scuola ma guarda alla vita adulta».
tratto da: corriere.it 

I Mondiali di Atene all'insegna dell'integrazione

MILANO - Roberta Battistoni, ha 13 anni ed è la mascotte della squadra italiana che parteciperà ai Giochi Mondiali Estivi Special Olympics Atene 2011, in programma dal 25 giugno al 4 luglio. Un talento della ginnastica artistica e ritmica, è stata una delle prime atlete dello sport Special Olympics Unified che prevede esercitazioni svolte insieme a atleti senza disabilità intellettiva, una novità nata all’insegna dell’integrazione.  Nel 2007 e nel 2008 ai Giochi estivi gareggiò, infatti, con il cugino Francesco. Caparbia e simpaticissima, Roberta ha sfilato sulle passerelle di Laura Biagiotti, ha tenuto testa al Trio Medusa su Radio Dj, è stata invitata al Quirinale dal Presidente della Repubblica come talento sportivo per l’evento “Donne del domani”. Roberta non si tira mai indietro, fra l’emozione e la curiosità vince sempre la voglia di esserci, di vivere tutto quello che accade attorno a lei. A chi le chiede cosa farà da grande, risponde «lo chef». Insieme a 135 azzurri sta partendo per Atene dove è pronta a sfidare le migliori ginnaste.
GLI AZZURRI - La rappresentativa azzurra è stata presentata stamane a Roma. Ad Atene la delegazione Italia è composta da 188 persone, di cui 136 atleti, 49 tecnici e 3 delegati. Gli atleti italiani gareggeranno nell’atletica, nel badminton, nelle bocce, nel bowling, nel calcio a 5 maschile e femminile, nell’equitazione,  nella ginnastica artistica e ritmica, nel golf, nel nuoto, nel tennis tavolo, nel tennis. Tre le discipline unificate che, come abbiamo detto, prevedono la presenza anche di atleti senza disabilità intellettive, e sono: calcio a 7, pallacanestro maschile, femminile, e pallavolo.
I MONDIALI - Ai mondiali Special Olympics di Atene parteciperanno 7.500 atleti provenienti da 185 Nazioni, 3mila tecnici e giudici di gara, 25mila volontari e 40mila familiari.  Gli atleti gareggiano in 22 discipline: nuoto, atletica, badminton, basketball, beach volley, bocce, bowling, ciclismo, equitazione, calcio, golf, ginnastica, judo, kayak, sollevamento pesi, pattinaggio, vela, softball, tennis tavolo, pallamano, tennis, pallavolo.
IN ONDA IN TV - In Italia gli atleti Special Olympics sono oltre 10mila, mentre i potenziali beneficiari superano il milione. In Italia gli atleti praticano atletica leggera, bocce, calcio, equitazione, ginnastica, nuoto, pallacanestro, sci alpino, sci nordico, corsa con le racchette da neve, snowboard, tennis. I Mondiali di Atene saranno trasmessi da RaiSport2, dal 29 giugno.
DOVE PRATICARE SPORT - Special Olympics Italia è presente da venticinque anni e opera in tutte le regioni, dove i team locali seguono l’allenamento degli atleti nel rispetto dei programmi internazionali e attraverso convenzioni stipulate con alcuni tra i maggiori enti di promozione sportiva italiani (CSI, CSEN, Cns Libertas, US Acli, Cns Fiamma, Uisp, Aics e MSP). Gli atleti partecipano ogni anno ai Giochi Regionali e Nazionali delle varie discipline. Ai Giochi Europei e a quelli Mondiali, estivi ed invernali, partecipano alcune rappresentative.
SPECIAL OLYMPICS - Special Olympics è un progetto ideato da Eunice Kennedy che nel 1968 diede il via ufficiale al movimento con i Primi Giochi Internazionali di Chicago, Illinois. Si tratta di un programma di allenamenti e competizioni atletiche per persone con disabilità intellettiva. Le attività sportive, praticate insieme a chi possiede pari abilità, consentono a queste persone di migliorare la qualità della vita, mettendole in condizione di raggiungere il massimo dell'autonomia possibile. Lo sport, offrendo continue opportunità di dimostrare coraggio e capacità, diventa un efficace strumento di riconoscimento sociale e di gratificazione. Può essere palestra di vita che offre agli Atleti Special Olympics la possibilità di valorizzare le loro diverse abilità e di spenderle produttivamente nella società, che avvicinandosi a loro in situazioni gioiose e momenti di festa, matura una maggiore disponibilità verso questo tipo di disabilità.
tratto da: Corriere.it 

venerdì 24 giugno 2011

Mappa Genetica della Sindrome di Down

E' italiana la mappa che tracica il profilo completo dei geni alterati nella sindrome di Down, messa a punto dai ricercatori dell'Istituto di Genetica e di Bisofica " Adriano Buzzati Traverso" del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Napoli. 
La mappa svela che la malattia ha origine dall'interazione dei geni in sovrappiù con gli altri geni nel DNA dell'individuo malato. 
Normalmente il patrimonio genetico di un essere umano è composto da 23 coppie di cromosomi omologhi, ossia con la stessa funzione. Nella Sindrome di Down la ventunesima coppia, ha un cromosoma in più. 
In base alla mappa genetica è risultato chiaro che non solo i geni presenti sul cromosoma 21 sono quelli responsabili dell amalattia ma anche che è la loro interazione con gli altri geni a determinare i disturbi tipici della sindrome. 
La Mappa ad alta risoluzione è stata ottenuta con la tecnica di sequenziamento massivo, una metodologia d'avanguardia che nasce dall'interazione fra la biologia molecolare e la bioinformatica. Il profilo ottenuto sarà fondamentale per studiare terapie che migliorino la qualità di vita di coloro che sono affetti dalla Sindrome. 
Sarà inoltre utile come modello per l'analisi di altre alterazioni genetiche, compresi i tumori. 
tratto da Mente e Cervello Giugno 2011.



giovedì 19 maggio 2011

La disabilità non è un limite: Laurea ad Honorem a Claudio Imprudente

Laurea ad honorem a Imprudente
"Io, disabile, combatto per tutti"

In una cerimonia a Rimini la consegna del titolo in Formazione e cooperazione al giornalista e scrittore, affetto da una grave lesione cerebrale. Il preside della facoltà Luigi Guerra: "Il suo impegno non è egoistico, ma rivolto a tutte le persone portatrici di handicap". Intervista a Imprudente: "Questo riconoscimento sia uno scandalo, generi molestia per tutti coloro che non credono che un vegetale sia in grado di confrontarsi  e interagire"

di MICOL LAVINIA LUNDARI
La toga è stata fatta su misura perché non si infili nei raggi della sua sedia a rotelle. Anche il cappello è stato adattato per l'occasione. Tutto è finalmente pronto, dunque. Questo pomeriggio a Palazzo Ruffi-Briolini a Rimini sarà conferita la laurea ad honorem in Formazione e cooperazione a Claudio Imprudente, giornalista e scrittore affetto da una grave lesione cerebrale, presidente del Centro di documentazione handicap di Bologna e direttore editoriale della rivista Accaparlante. Il titolo doveva arrivare a ottobre, ma l'iter per la consegna di una laurea honoris causa è piuttosto lungo e non arrivò in tempo la firma del ministro Mariastella Gelmini. Qualche mese d'attesa ed ecco la cerimonia cui tiene tanto il preside della facoltà Luigi Guerra: "L'impegno di Claudio, attraverso blog, libri, interventi, non è egoistico ma ha una forte natura solidaristica, è rivolto a tutti i disabili e va nella direzione dell'inclusione" dei portatori di handicap da un lato, "e dell'importanza della realizzazione del sé" dall'altro.

Imprudente, a ottobre, quando la cerimonia fu rinviata, lei aveva detto: "Quando arriverà sarà un segnale importante non tanto per me ma per le persone che 'rappresento'".
"Vorrei che questa laurea venisse percepita come uno scandalo. La parola scandalo deriva dal greco skàndalon ed etimologicamente significa trappola, inciampo; in senso figurato, molestia. Ecco, la molestia, vorrei che questa mia laurea agisse come generatore di molestia per tutti coloro che non credono che un “vegetale” sia in grado di confrontarsi ed interagire con i contesti nei quali è integrato. Vorrei che fosse un inciampo per stimolare coloro che hanno incarichi politici affinché possano, finalmente, porre più attenzione alle abilità diverse. Ma soprattutto mi auguro che questa laurea possa dare fiducia a tutti quei genitori che per varie ragioni non riescono a creare quella condivisione che può garantire un educazione migliore per i loro figli".

La laurea è il riconoscimento per enormi sforzi compiuti per diffondere una cultura diversa della disabilità e per essersi assunto il compito di dare visibilità e dignità alle persone.
"Tengo a precisare che questa laurea non la vivo come un premio rivolto solo alla persona Claudio Imprudente, ma bensì come il riconoscimento di un lavoro iniziato trenta anni fa con la folle idea di cambiare l’immagine della diversità. Il riconoscimento non è solo mio ma di tutto quell’humus che ha permesso la mia crescita e la nascita del Centro Documentazione Handicap/Progetto Calamaio; è a tutte queste persone che viene conferito questo riconoscimento".

Qual è stato invece, fino a oggi, il più grande riconoscimento o successo personale che ha ottenuto?
"Sicuramente quello di essere trattato come una persona e non come un vegetale, una persona che ha degli amici, degli affetti ed è capace di vivere del suo lavoro di giornalista, scrittore e formatore. Sono cose semplici, in fondo, quelle dalle quali ogni giorno ricevo le più grandi soddisfazioni, le stesse che mi hanno permesso e mi permettono di mettermi in relazione con l’altro".

Lei ha detto che questo era un segnale importante in questo preciso momento storico. L'handicap non è certo uno dei primi punti in cima ai programmi elettorali, eppure un'attenzione del mondo delle istituzioni in questo senso aiuterebbe una grande fetta di popolazione. Come spingere la politica a interessarsi di questo tema?
"Si tratta di trovare un modo capace di sviluppare delle condizioni strutturali per coniugare uguaglianza e libertà, uguaglianza e diversità e diversità e opportunità. Credo sia uno degli obiettivi fondamentali di chi lavora in questo ambito, ciò verso cui si deve tendere. L’errore più banale che si possa fare è quello di considerare quei termini come oppositivi. Ritenere, cioè, che sia necessario operare una scelta tra di essi, invece che approfondire i modi in cui queste diverse istanze possano essere integrate tra loro, e quindi cooperare per un obiettivo comune, condiviso. In quanto, e non credo di sbagliarmi, è come se questi termini contengano già in sé il medesimo risultato e, in mano nostra, siano gli strumenti per costruire e garantire le condizioni necessarie alla piena realizzazione di ognuno di noi. Sono esse stesse le uniche condizioni in cui le persone possono vivere e che devono essere conservate, alimentate, non potendole mai considerare come date una volta per tutte.
Quando uno dei quattro termini soccombe in nome degli altri, quelli stessi cambiano di segno, si allontanano dal loro significato più vero e ne va, allora, della possibilità stessa della democrazia come dovrebbe essere intesa, o, quanto meno, della nostra capacità di progredire nella realizzazione di un sistema effettivamente democratico. Ho il timore che negli ultimi anni si sia diffusa un’idea piuttosto minimale di democrazia, che non prevede l’esercizio della stessa se non come pratica “leggera” (ad esempio, la semplice partecipazione elettorale), che si risolve spesso nella delega, anche questa sempre più svuotata di senso. Essa invece è letteralmente il risultato delle nostre azioni e relazioni e del modo in cui le intendiamo". 
tratto da Repubblica.it/Bologna 

giovedì 31 marzo 2011

I compiti di Elenora sono diventati un libro di testo

Da Corriere.it

Il racconto di come la sindrome di Down non impedisca di crescere autonomi e studiare, grazie a un percorso
che da adesso fa anche «scuola»

MILANO - Io mi chiamo Eleonora, sono nata a Cagliari e ho nove anni. Ho il viso tondo, il naso piccolo, i capelli e gli occhi castani scuri. Sono una bambina molto simpatica, spiritosa e allegra. Io so fare molte cose: aiuto mamma a rifare il letto, apparecchio e sparecchio. Questa la mia storia». Sì, questa è la storia di Eleonora Serci. Una bambina speciale, nata sotto il segno della sindrome — o meglio della condizione genetica — di Down. Quando ha scritto questa breve presentazione di se stessa frequentava le elementari nella città natale, Cagliari. Adesso è una donna di 26 appena compiuti, che ama Vasco Rossi e i Rolling Stones, i film di Harry Potter e Mtv, i libri di David Grossman e il computer, suonare le tastiere e disegnare. Eleonora ha anche raggiunto il traguardo non facile di un diploma di «sala bar» all’Istituto alberghiero ma, come e più dei sui coetanei «normodotati», non riesce a trovare un lavoro. La sua storia ha voluto raccontarla in un libro, «Il quaderno di Eleonora» (Aipsa Edizioni), che offre una chiave di lettura tutta particolare perché in realtà ha preso corpo in due percorsi: il primo di vita e il secondo didattico. Il motivo è presto spiegato. Sua madre, Annalisa Porru, è stata insegnante. E ha pazientemente raccolto i compiti di Eleonora, dalle elementari alle medie, in dieci volumi divisi per materia e in ordine cronologico. «L’idea del libro è cresciuta in me sempre di più — dice mamma Annalisa — osservando l’interesse che i quaderni di mia figlia suscitavano nei miei amici insegnanti, nei tirocinanti e negli operatori che frequentano il Centro Down della mia città, di cui sono socia».
DISEGNI E PENSIERI - Così la storia di Eleonora scorre lungo un percorso di schede, disegni, schemi, pensierini e temi brevi. Il libro testimonia l’impegno di una bimba Down e delle sue insegnanti di sostegno. È però anche lo specchio di una famiglia capace di accogliere senza riserve Eleonora e di accompagnare il suo sviluppo, pur nella piena coscienza che l’handicap esiste e la disabilità non va negata. Le pagine sono la testimonianza di un ambiente — i parenti, il quartiere, l’associazione dei genitori e in fondo la stessa città — ancora in grado di esprimere una funzione importante di protezione e di stimolo. Partiamo dalla famiglia, allora. Papà Antonello, 60 anni, è professore associato di Ingegneria all’Università di Cagliari. Mamma Annalisa, sua coetanea, ha insegnato alle medie e Daniele, 31 anni, il fratello di Eleonora, fa il grafico pubblicitario. «Io e mio marito, poco più che trentenni, lavoravamo entrambi — racconta Annalisa Porru —. La prima situazione da affrontare è stata la salute di Eleonora che è nata prematura e ha dovuto subire un intervento chirurgico all'intestino e per nove anni è stata sottoposta a controlli periodici al cuore fino a quando anche il suo problema cardiaco è stato dichiarato risolto». Ma non solo. «Avevamo bisogno di saperne di più sulla sindrome di Down, per poter aiutare Eleonora ad affrontare le difficoltà e darle la possibilità di migliorare le sue capacità e la sua intelligenza. Così la nostra vita familiare ha avuto un nuovo inizio». Per la crescita di Eleonora è stato importante abitare in città, in una zona centrale e popolare, nello stesso palazzo della zia materna e delle cugine Benedetta, Sara e Chiara, diventate sue amiche inseparabili. È da loro che vuole sempre andare, quando non studiano, per divertirsi con i giochi di società. Altrettanto importante è stato lo sport. Nel periodo dell'infanzia Eleonora ne ha praticati tre: il nuoto, per due anni; la ginnastica ritmica, per tre; il pattinaggio, per undici. Tutte e tre le discipline hanno contribuito alla sua crescita fisica, sociale, intellettiva, educandola alla disciplina, all'attenzione e al coraggio.
RITMI PRECISI - Adesso che non studia più, la sua giornata è comunque piena di attività e scandita da ritmi precisi che lei stessa si è data: sveglia alle 8, colazione e preparazione per la passeggiata mattutina con una delle due operatrici conosciute al centro Down e divenute sue amiche. Rientro a casa per mezzogiorno, pranzo, riposino pomeridiano di un’ora, attività varie (va in palestra tre volte la settimana ed è appassionata di ginnastica aerobica) anche di aiuto in casa e di sistemazione della sua camera. Ama preparare il tè, Eleonora, e per lei è quasi una cerimonia. Dopo la cena, dalle 10 alle 11 e 30 si ritaglia uno spazio suo personale e poi si fa trovare pronta per andare a letto. «Ha una vita molto ordinata nella quale trova sicurezza — aggiunge la mamma —. Lei stessa si rende conto dei suoi limiti e a volte mi accorgo che ci soffre. Certo lei è autonoma, ma non riesce ad essere indipendente come vorrebbe. Ha sempre bisogno di qualcosa». Il suo libro è diventato fonte di sorprese. In Sardegna alcune scuole già lo utilizzano come strumento di confronto e di approfondimento didattico, mentre le richieste di acquisto fioccano soprattutto nella «Penisola». Insomma, dal resto d’Italia. Ma lei, la protagonista, cosa ne pensa? Eleonora con le parole non riesce ad esprimersi al meglio. Con l’aiuto della mamma, ha preferito scrivere. «Il libro mi piace, perché parla di me, della mia storia. Mi piace molto la prima parte, dove c'è il racconto di quando ero piccola, giocavo, andavo a scuola, facevo le gare e le gite con i compagni. Sono contenta che molti leggano il mio libro, perché ci sono io, e ci sono tante cose, parole… disegni… colori». Ecco, questa è Eleonora: solare, curiosa. E questa la sua storia.