Laurea ad honorem a Imprudente
"Io, disabile, combatto per tutti"
In una cerimonia a Rimini la consegna del titolo in Formazione e cooperazione al giornalista e scrittore, affetto da una grave lesione cerebrale. Il preside della facoltà Luigi Guerra: "Il suo impegno non è egoistico, ma rivolto a tutte le persone portatrici di handicap". Intervista a Imprudente: "Questo riconoscimento sia uno scandalo, generi molestia per tutti coloro che non credono che un vegetale sia in grado di confrontarsi e interagire"
di MICOL LAVINIA LUNDARI La toga è stata fatta su misura perché non si infili nei raggi della sua sedia a rotelle. Anche il cappello è stato adattato per l'occasione. Tutto è finalmente pronto, dunque. Questo pomeriggio a Palazzo Ruffi-Briolini a Rimini sarà conferita la laurea ad honorem in Formazione e cooperazione a Claudio Imprudente, giornalista e scrittore affetto da una grave lesione cerebrale, presidente del Centro di documentazione handicap di Bologna e direttore editoriale della rivista Accaparlante. Il titolo doveva arrivare a ottobre, ma l'iter per la consegna di una laurea honoris causa è piuttosto lungo e non arrivò in tempo la firma del ministro Mariastella Gelmini. Qualche mese d'attesa ed ecco la cerimonia cui tiene tanto il preside della facoltà Luigi Guerra: "L'impegno di Claudio, attraverso blog, libri, interventi, non è egoistico ma ha una forte natura solidaristica, è rivolto a tutti i disabili e va nella direzione dell'inclusione" dei portatori di handicap da un lato, "e dell'importanza della realizzazione del sé" dall'altro.
Imprudente, a ottobre, quando la cerimonia fu rinviata, lei aveva detto: "Quando arriverà sarà un segnale importante non tanto per me ma per le persone che 'rappresento'".
"Vorrei che questa laurea venisse percepita come uno scandalo. La parola scandalo deriva dal greco skàndalon ed etimologicamente significa trappola, inciampo; in senso figurato, molestia. Ecco, la molestia, vorrei che questa mia laurea agisse come generatore di molestia per tutti coloro che non credono che un “vegetale” sia in grado di confrontarsi ed interagire con i contesti nei quali è integrato. Vorrei che fosse un inciampo per stimolare coloro che hanno incarichi politici affinché possano, finalmente, porre più attenzione alle abilità diverse. Ma soprattutto mi auguro che questa laurea possa dare fiducia a tutti quei genitori che per varie ragioni non riescono a creare quella condivisione che può garantire un educazione migliore per i loro figli".
La laurea è il riconoscimento per enormi sforzi compiuti per diffondere una cultura diversa della disabilità e per essersi assunto il compito di dare visibilità e dignità alle persone.
"Tengo a precisare che questa laurea non la vivo come un premio rivolto solo alla persona Claudio Imprudente, ma bensì come il riconoscimento di un lavoro iniziato trenta anni fa con la folle idea di cambiare l’immagine della diversità. Il riconoscimento non è solo mio ma di tutto quell’humus che ha permesso la mia crescita e la nascita del Centro Documentazione Handicap/Progetto Calamaio; è a tutte queste persone che viene conferito questo riconoscimento".
Qual è stato invece, fino a oggi, il più grande riconoscimento o successo personale che ha ottenuto?
"Sicuramente quello di essere trattato come una persona e non come un vegetale, una persona che ha degli amici, degli affetti ed è capace di vivere del suo lavoro di giornalista, scrittore e formatore. Sono cose semplici, in fondo, quelle dalle quali ogni giorno ricevo le più grandi soddisfazioni, le stesse che mi hanno permesso e mi permettono di mettermi in relazione con l’altro".
Lei ha detto che questo era un segnale importante in questo preciso momento storico. L'handicap non è certo uno dei primi punti in cima ai programmi elettorali, eppure un'attenzione del mondo delle istituzioni in questo senso aiuterebbe una grande fetta di popolazione. Come spingere la politica a interessarsi di questo tema?
"Si tratta di trovare un modo capace di sviluppare delle condizioni strutturali per coniugare uguaglianza e libertà, uguaglianza e diversità e diversità e opportunità. Credo sia uno degli obiettivi fondamentali di chi lavora in questo ambito, ciò verso cui si deve tendere. L’errore più banale che si possa fare è quello di considerare quei termini come oppositivi. Ritenere, cioè, che sia necessario operare una scelta tra di essi, invece che approfondire i modi in cui queste diverse istanze possano essere integrate tra loro, e quindi cooperare per un obiettivo comune, condiviso. In quanto, e non credo di sbagliarmi, è come se questi termini contengano già in sé il medesimo risultato e, in mano nostra, siano gli strumenti per costruire e garantire le condizioni necessarie alla piena realizzazione di ognuno di noi. Sono esse stesse le uniche condizioni in cui le persone possono vivere e che devono essere conservate, alimentate, non potendole mai considerare come date una volta per tutte.
Quando uno dei quattro termini soccombe in nome degli altri, quelli stessi cambiano di segno, si allontanano dal loro significato più vero e ne va, allora, della possibilità stessa della democrazia come dovrebbe essere intesa, o, quanto meno, della nostra capacità di progredire nella realizzazione di un sistema effettivamente democratico. Ho il timore che negli ultimi anni si sia diffusa un’idea piuttosto minimale di democrazia, che non prevede l’esercizio della stessa se non come pratica “leggera” (ad esempio, la semplice partecipazione elettorale), che si risolve spesso nella delega, anche questa sempre più svuotata di senso. Essa invece è letteralmente il risultato delle nostre azioni e relazioni e del modo in cui le intendiamo".
Imprudente, a ottobre, quando la cerimonia fu rinviata, lei aveva detto: "Quando arriverà sarà un segnale importante non tanto per me ma per le persone che 'rappresento'".
"Vorrei che questa laurea venisse percepita come uno scandalo. La parola scandalo deriva dal greco skàndalon ed etimologicamente significa trappola, inciampo; in senso figurato, molestia. Ecco, la molestia, vorrei che questa mia laurea agisse come generatore di molestia per tutti coloro che non credono che un “vegetale” sia in grado di confrontarsi ed interagire con i contesti nei quali è integrato. Vorrei che fosse un inciampo per stimolare coloro che hanno incarichi politici affinché possano, finalmente, porre più attenzione alle abilità diverse. Ma soprattutto mi auguro che questa laurea possa dare fiducia a tutti quei genitori che per varie ragioni non riescono a creare quella condivisione che può garantire un educazione migliore per i loro figli".
La laurea è il riconoscimento per enormi sforzi compiuti per diffondere una cultura diversa della disabilità e per essersi assunto il compito di dare visibilità e dignità alle persone.
"Tengo a precisare che questa laurea non la vivo come un premio rivolto solo alla persona Claudio Imprudente, ma bensì come il riconoscimento di un lavoro iniziato trenta anni fa con la folle idea di cambiare l’immagine della diversità. Il riconoscimento non è solo mio ma di tutto quell’humus che ha permesso la mia crescita e la nascita del Centro Documentazione Handicap/Progetto Calamaio; è a tutte queste persone che viene conferito questo riconoscimento".
Qual è stato invece, fino a oggi, il più grande riconoscimento o successo personale che ha ottenuto?
"Sicuramente quello di essere trattato come una persona e non come un vegetale, una persona che ha degli amici, degli affetti ed è capace di vivere del suo lavoro di giornalista, scrittore e formatore. Sono cose semplici, in fondo, quelle dalle quali ogni giorno ricevo le più grandi soddisfazioni, le stesse che mi hanno permesso e mi permettono di mettermi in relazione con l’altro".
Lei ha detto che questo era un segnale importante in questo preciso momento storico. L'handicap non è certo uno dei primi punti in cima ai programmi elettorali, eppure un'attenzione del mondo delle istituzioni in questo senso aiuterebbe una grande fetta di popolazione. Come spingere la politica a interessarsi di questo tema?
"Si tratta di trovare un modo capace di sviluppare delle condizioni strutturali per coniugare uguaglianza e libertà, uguaglianza e diversità e diversità e opportunità. Credo sia uno degli obiettivi fondamentali di chi lavora in questo ambito, ciò verso cui si deve tendere. L’errore più banale che si possa fare è quello di considerare quei termini come oppositivi. Ritenere, cioè, che sia necessario operare una scelta tra di essi, invece che approfondire i modi in cui queste diverse istanze possano essere integrate tra loro, e quindi cooperare per un obiettivo comune, condiviso. In quanto, e non credo di sbagliarmi, è come se questi termini contengano già in sé il medesimo risultato e, in mano nostra, siano gli strumenti per costruire e garantire le condizioni necessarie alla piena realizzazione di ognuno di noi. Sono esse stesse le uniche condizioni in cui le persone possono vivere e che devono essere conservate, alimentate, non potendole mai considerare come date una volta per tutte.
Quando uno dei quattro termini soccombe in nome degli altri, quelli stessi cambiano di segno, si allontanano dal loro significato più vero e ne va, allora, della possibilità stessa della democrazia come dovrebbe essere intesa, o, quanto meno, della nostra capacità di progredire nella realizzazione di un sistema effettivamente democratico. Ho il timore che negli ultimi anni si sia diffusa un’idea piuttosto minimale di democrazia, che non prevede l’esercizio della stessa se non come pratica “leggera” (ad esempio, la semplice partecipazione elettorale), che si risolve spesso nella delega, anche questa sempre più svuotata di senso. Essa invece è letteralmente il risultato delle nostre azioni e relazioni e del modo in cui le intendiamo".
tratto da Repubblica.it/Bologna
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