lunedì 31 dicembre 2012

Ciao....scienziata dai meravigliosi occhi di ghiaccio.

La mia intelligenza? Più che mediocre. I miei unici meriti sono stati impegno e ottimismo" disse nel 2008 accogliendo la laurea honoris causa alla Bicocca. Fragile e sottile, anche, è stata fino a ieri Rita Levi Montalcini, nata a Torino il 22 aprile 1909 e vincitrice del Nobel per la Medicina nel 1986. Con il suo corpo esile e gli occhi mare limpido è riuscita comunque a iscriversi all'università contro il volere del padre, a realizzare prima un laboratorio in casa per sfuggire alle leggi razziste e poi a lavorare negli Stati Uniti per quasi 30 anni, convincendo un mondo scientifico assai scettico dell'importanza di quel Ngf "Nerve growth factor" da lei osservato nell'oculare di un microscopio.

Poteva bastare, come dimostrazione di "impegno e ottimismo". Ma da quando nel 2001 è stata nominata senatrice a vita, a Rita Levi Montalcini è toccato anche ascoltare gli insulti di Storace ("Le porteremo a casa le stampelle") alla vigilia del voto della Finanziaria del 2007 essenziale per la sopravvivenza del governo Prodi. Quelli di Roberto Castelli, che sempre nel 2007 definì "uno spreco e un mercimonio" i finanziamenti all'European Brain Research Institute da lei diretto. Per finire ad agosto del 2011 con l'uscita di Umberto Bossi: "Scilipoti? Meglio lui di quella scienziata".

"Non sto neanche a sentirli" replicava lei senza perdere il sorriso dolce. In un articolo su Science nel 2000, Rita Levi Montalcini descrisse il suo carattere così, con poche splendide pennellate: "L'assenza di complessi psicologici, la tenacia nel seguire la strada che ritenevo giusta, l'abitudine a sottovalutare gli ostacoli - un tratto che ho ereditato da mio padre - mi hanno aiutato enormemente ad affrontare le difficoltà della vita. Ai miei genitori devo anche la tendenza a guardare gli altri con simpatia e senza diffidenza".

Oltre al padre ingegnere e matematico e alla madre pittrice, la sua famiglia era composta da un fratello e due sorelle, di cui una - l'adorata Paola - gemella. Quando l'austero capofamiglia le negò l'università in quanto donna, lei l'affrontò a viso aperto e a vent'anni ottenne di iscriversi a medicina. Quando il regime fascista la espulse dall'ateneo torinese, lei nel 1939 si costruì un laboratorio nella sua casa di corso Re Umberto. Vennero i bombardamenti, e nel 1941 tutti gli strumenti di ricerca furono reinstallati nella nuova residenza sulle colline di Asti. A Firenze poco prima della Liberazione curò i rifugiati scappati dal Nord. Nell'autunno del 1947 dall'università di Washington a Saint Louis il professor Viktor Hamburger la invitò a trascorrere un semestre negli Usa. I risultati sempre più interessanti le impedirono di tornare in Italia alla fine del semestre, e anche negli oltre vent'anni successivi. Nel corso dei quali, a partire dal '69 fino al '78 il Consiglio Nazionale delle Ricerche le affidò anche la direzione dell'Istituto di biologia cellulare.

Nel laboratorio di Saint Louis, Rita Levi Montalcini scoprì quel potente "elisir" di crescita che è Ngf. Bastava iniettarne una quantità infinitesima in una provetta con dentro alcune cellule nervose e attendere un giorno. Dalle cellule, in sole 24 ore, iniziava a svilupparsi un alone talmente ricco di filamenti da renderle simile a un Sole pieno di raggi. Il fattore di crescita delle cellule nervose era solo il primo di tanti ingredienti che gli organismi viventi usano per trasmettere informazioni al loro interno. Altre centinaia di molecole simili sarebbero state scoperte in seguito. Ma in quel laboratorio di Saint Louis negli anni '50 si iniziò a capire come mai un essere vivente nasca da una singola cellula ma riesca a diventare col tempo un'architettura composta da decine di tessuti diversi. Sono i fattori di crescita a indicare la strada a ciascun segmento di un organismo. Bastano poche molecole di Ngf in una zona del corpo per farvi crescere le cellule del sistema nervoso necessarie al suo perfetto funzionamento.

"La scoperta di Ngf - spiegò oltre trent'anni più tardi il comitato Nobel a Stoccolma assegnandole il premio assieme al collega Stanley Cohen - è l'esempio di come un osservatore acuto riesca a elaborare un concetto a partire da un apparente caos". Rita Levi Montalcini è stata una delle 10 donne (contro 189 uomini) a ricevere il premio scientifico più prestigioso. Ma forse l'unica ad accompagnare i suoi articoli scientifici con illustrazioni tanto eleganti quanti i vestiti che amava disegnare per se stessa.

Sull'origine della sua capacità di osservazione, Rita Levi Montalcini ha sempre avuto le idee chiare, attribuendo parte del suo successo al maestro Giuseppe Levi, il professore di istologia di Torino le cui lezioni formarono altri due Nobel per la medicina: Salvador Luria e Renato Dulbecco, anche lui scomparso recentemente. Era lui uno degli amici più cari della scienziata, che in un'intervista a Repubblica nel 2008 rivelò: "Quando avevo tre anni decisi che non mi sarei mai sposata" e in un'altra a Omni nel 1998 spiegò che anche nel matrimonio fra due persone brillanti "una finisce col soffrire perché l'altra ha più successo". Lei, che di complessi non soffriva, non si è mai lamentata degli occhi che non vedevano quasi più e delle protesi acustiche che la mantenevano in contatto con gli altri.

tanti Auguri dal Feuerstein Institute


venerdì 14 dicembre 2012

Educabilità cognitiva e il Metodo Feuerstein

Gli studi più recenti delle scienze che riguardano il processo apprenditivo dell’uomo ritengono che i problemi legati a detto processo  non sono da riferire a fattori intellettivi o a cattivo funzionamento cognitivo, ma alla mancata capacità di mettere in atto strategie che consentono di utilizzare in modo efficace i contenuti dell’apprendimento e dell’esperienza. 
L’educabilità cognitiva intesa come rapporto di mediazione  tra docente e discente intende promuovere nel discente l’uso ottimale del suo “sistema operativo di base” affinché risulti efficiente in un qualsiasi contesto.  

martedì 4 dicembre 2012

Kaylie Family honored for support of innovative program for students from Israeli-Ethiopian community


Top, from right: Alicia and Danny Yacoby and Kaylie Foundation representative Oshik Porshian listen to first-year accountancy student Aviva Reuven. Below: Scholarship recipients with (seated, from right) Rabbi Rafi Feuerstein, Prof. Reuven Feuerstein, Prof. Stroumsa and Oshik Porian; and (standing) the Yacobys, the Director of the Division for Development and Public Relations Joseph Benarroch and Feuerstein Institute members.(Top, from right: Alicia and Danny Yacoby and Kaylie Foundation representative Oshik Porshian listen to first-year accountancy student Aviva Reuven. Below: Scholarship recipients with (seated, from right) Rabbi Rafi Feuerstein, Prof. Reuven Feuerstein, Prof. Stroumsa and Oshik Porian; and (standing) the Yacobys, the Director of the Division for Development and Public Relations Joseph Benarroch and Feuerstein Institute members.)
January 24, 2012: Harvey and Gloria Kaylie of New York were honored at a ceremony held at the Hebrew University last week to acknowledge their generous support for 19 first-year students from the Israeli-Ethiopian community who are participating in a pilot program being conducted jointly by the University and the Feuerstein Institute in conjunction with the Ministry of Immigrant Absorption. The Kaylies, who have provided full scholarships for the students through the Feuerstein Institute, were represented by their daughter and son-in-law Alicia and Danny Yacoby.  Speaking at the ceremony, Hebrew University Rector Prof. Sarah Stroumsa stressed the importance of giving the 19 students the opportunity to study at the University and fulfill their potential, adding that she sees them as future leaders of Israeli society.
Feuerstein Institute founder Prof. Reuven Feuerstein and his son Rabbi Rafi Feuerstein, vice-chairman of the Feuerstein Institute, both expressed their pleasure at seeing the students immersed in their university studies and they reiterated their commitment to the students’ future. Also attending the ceremony were the Kaylie Foundation’s representative in Israel Oshik Porshian and head of the Ministry of Immigrant Absorption’s Student Authority Ofer Ofan.
The support from the Feuerstein Institute and the Hebrew University is highly significant for each of the students, said first-year accountancy student Aviva Reuven on behalf of the 19 students. In addition to receiving full scholarships that cover tuition, accommodation and a living stipend, the students have also been given laptop computers.  
Speaking on behalf of her father Harvey Kaylie, Alicia Yacoby said that together with the representatives of Hebrew University and the Feuerstein Institute, he was committed to the success of this most important project.
The pilot program, which began in the current academic year, is based on the Feuerstein Mediated Learning method and aims to enable Ethiopian Israeli students with proven potential to be accepted into, and succeed in, the Hebrew University departments of their choice. The first cohort of students comprises graduates of the University’s one-year preparatory program (mechina) at the Joseph Saltiel Center for Pre-Academic Studies and regular high-school graduates.
The Feuerstein Mediated Learning-Instrumental Enrichment Program is designed to enhance each student’s learning capacity in their chosen field of study. It comprises two key elements: a pre-acceptance evaluation of each student’s learning potential and personal guidance throughout their studies via the Feuerstein Institute-developed Instrumental Enrichment Program.
To support Hebrew University students through scholarships, click here