OMA - Coltivano l’orto, cucinano i prodotti raccolti ogni giorno dalla terra, apparecchiano la tavola, raccolgono le ordinazioni e servono le portate. Non sono contadini, cuochi o camerieri, ma potrebbero diventarlo presto. A cimentarsi in queste sere d’estate nella gestione di una trattoria sociale, immersa in una cornice agreste nel cuore della Capitale, sono studenti tra i 18 e i 20 anni con problemi di autismo, affiancati da compagni di scuola, genitori e operatori esperti in terapia cognitivo-comportamentale. L’attività agricola e di ristorazione rientra nell’attività dei laboratori previsti da un progetto di integrazione scolastica e avviamento al lavoro, «La cura della terra, la terra che cura, l'orto dei semplici», promosso dall’Istituto agrario Garibaldi, una scuola particolare, coi suoi ottanta ettari di terreno, un migliaio di piante di ulivo, vigneti e attività legate al mondo dell’agricoltura e della zootecnia.
LA CURA DELLA TERRA, LA TERRA CHE CURA - «Per i laboratori di cucina e orto previsti dal progetto, l’Istituto agrario ha messo a disposizione uno spazio apposito, che abbiamo chiamato la casa delle autonomie – dice Simona Levanto, una delle operatrici referenti del progetto - . L’obiettivo, infatti, è far sì che i ragazzi diventino il più possibile autonomi nella vita reale». Il percorso, avviato già da qualche anno, grazie alla disponibilità del preside dell’Istituto, coinvolge genitori, insegnanti, compagni di scuola, cooperative di operatori specializzati, imprese sociali, municipi e Università.
DIRITTO ALLO STUDIO E AL LAVORO - Quattro anni fa all’Istituto Garibaldi gli studenti con disabilità erano cinque, oggi sono 102, di cui 54 con problemi di autismo. I ragazzi frequentano classi “trasversali” con piani di studio personalizzati a seconda delle attitudini, delle competenze da sviluppare e dei comportamenti da migliorare. Per esempio, le due ore di chimica si possono sostituire con due ore di cucina. Svolgono, poi, attività operative presso i laboratori dell'Istituto: oltre a orto e ristorazione, anche grafica e implementazione di attività sociali.
COMPAGNI TUTOR - Ciascun ragazzo è affiancato da un compagno di scuola, che riceve una formazione specifica su come relazionarsi coi ragazzi autistici sul piano pratico ed emotivo. «Quest’anno abbiamo formato 95 studenti attraverso le moderne tecniche del "peer to peer” - spiega lo psicologo Fiorenzo Laghi, docente di teoria e tecnica di intervento nell’arco della vita all’Università “La Sapienza” di Roma -. Dopo aver selezionato quelli interessati a svolgere un ruolo di tutor nei confronti dei compagni con difficoltà, abbiamo valutato, grazie anche al coinvolgimento degli insegnanti curricolari e di sostegno, le caratteristiche dei ragazzi in termini di motivazione, personalità e attitudini. I tutor, con l’aiuto di assistenti specializzati, hanno seguito i compagni autistici nel loro percorso, affiancandoli nelle attività di laboratorio e aiutandoli a comunicare e ad assumere comportamenti adeguati rispetto alle diverse situazioni. E tra i ragazzi si è creato un rapporto di fiducia e affettività».
INTEGRAZIONE REALE – «I ragazzi autistici rispondono positivamente a questo percorso, che si è dimostrato utile anche per gli altri studenti tutor soprattutto in termini di assunzione di responsabilità - sottolinea Laghi - . È la dimostrazione che è possibile creare una vera cultura dell’integrazione». E quest’estate, a turno, ragazzi autistici e tutor passano le giornate coltivando la terra, raccogliendone i frutti e utilizzandoli per preparare i pasti per loro e gli ospiti, si muovono in coppia tra i tavoli, raccogliendo le prenotazioni e servendo le portate.
NON SOLO BAMBINI MA ADULTI - «Fino a qualche anno fa mio figlio non parlava, ora comunica con lo sguardo e comincia a dire qualche parola anche coi clienti della trattoria - racconta Monica, mamma di un ragazzo che “serve” ai tavoli - . Da quando aveva tre anni le abbiamo provate tutte per farlo uscire da quel mondo tutto suo, in cui sembra non esserci nessuna possibilità di comunicare, non solo a livello verbale. Quando poi i bambini diventano adulti, l’autismo rimane e i problemi aumentano». Mentre Levanto fa notare «All’avvio del progetto, qualche anno fa, comportamenti bizzarri o anche aggressivi erano quasi all’ordine del giorno e non sarebbe stato possibile aprire la trattoria anche ad altri clienti, oltre che a familiari e amici. Oggi si sono ridotti moltissimo, l’esperienza sta funzionando e stiamo verificando che il contatto con la gente, oltre che con la natura, è terapeutico. Così dagli inizi di giugno abbiamo deciso di aprire il laboratorio al pubblico».
TRATTORIA SOCIALE “ARTICOLO 14” - La sperimentazione è servita a costituire la cooperativa sociale Garibaldi, di tipo b, cioè di inserimento al lavoro di persone con disabilità. E la trattoria l’hanno chiamata “Articolo 14”, come quello della legge 328 del 2000 che riconosce il diritto di ogni persona con disabilità ad avere un progetto individuale che lo accompagna nelle fasi della vita per integrarsi nella società.
Articolo di Maria Giovanna Faiella tratto da Repubblica.it
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