lunedì 31 dicembre 2012

Ciao....scienziata dai meravigliosi occhi di ghiaccio.

La mia intelligenza? Più che mediocre. I miei unici meriti sono stati impegno e ottimismo" disse nel 2008 accogliendo la laurea honoris causa alla Bicocca. Fragile e sottile, anche, è stata fino a ieri Rita Levi Montalcini, nata a Torino il 22 aprile 1909 e vincitrice del Nobel per la Medicina nel 1986. Con il suo corpo esile e gli occhi mare limpido è riuscita comunque a iscriversi all'università contro il volere del padre, a realizzare prima un laboratorio in casa per sfuggire alle leggi razziste e poi a lavorare negli Stati Uniti per quasi 30 anni, convincendo un mondo scientifico assai scettico dell'importanza di quel Ngf "Nerve growth factor" da lei osservato nell'oculare di un microscopio.

Poteva bastare, come dimostrazione di "impegno e ottimismo". Ma da quando nel 2001 è stata nominata senatrice a vita, a Rita Levi Montalcini è toccato anche ascoltare gli insulti di Storace ("Le porteremo a casa le stampelle") alla vigilia del voto della Finanziaria del 2007 essenziale per la sopravvivenza del governo Prodi. Quelli di Roberto Castelli, che sempre nel 2007 definì "uno spreco e un mercimonio" i finanziamenti all'European Brain Research Institute da lei diretto. Per finire ad agosto del 2011 con l'uscita di Umberto Bossi: "Scilipoti? Meglio lui di quella scienziata".

"Non sto neanche a sentirli" replicava lei senza perdere il sorriso dolce. In un articolo su Science nel 2000, Rita Levi Montalcini descrisse il suo carattere così, con poche splendide pennellate: "L'assenza di complessi psicologici, la tenacia nel seguire la strada che ritenevo giusta, l'abitudine a sottovalutare gli ostacoli - un tratto che ho ereditato da mio padre - mi hanno aiutato enormemente ad affrontare le difficoltà della vita. Ai miei genitori devo anche la tendenza a guardare gli altri con simpatia e senza diffidenza".

Oltre al padre ingegnere e matematico e alla madre pittrice, la sua famiglia era composta da un fratello e due sorelle, di cui una - l'adorata Paola - gemella. Quando l'austero capofamiglia le negò l'università in quanto donna, lei l'affrontò a viso aperto e a vent'anni ottenne di iscriversi a medicina. Quando il regime fascista la espulse dall'ateneo torinese, lei nel 1939 si costruì un laboratorio nella sua casa di corso Re Umberto. Vennero i bombardamenti, e nel 1941 tutti gli strumenti di ricerca furono reinstallati nella nuova residenza sulle colline di Asti. A Firenze poco prima della Liberazione curò i rifugiati scappati dal Nord. Nell'autunno del 1947 dall'università di Washington a Saint Louis il professor Viktor Hamburger la invitò a trascorrere un semestre negli Usa. I risultati sempre più interessanti le impedirono di tornare in Italia alla fine del semestre, e anche negli oltre vent'anni successivi. Nel corso dei quali, a partire dal '69 fino al '78 il Consiglio Nazionale delle Ricerche le affidò anche la direzione dell'Istituto di biologia cellulare.

Nel laboratorio di Saint Louis, Rita Levi Montalcini scoprì quel potente "elisir" di crescita che è Ngf. Bastava iniettarne una quantità infinitesima in una provetta con dentro alcune cellule nervose e attendere un giorno. Dalle cellule, in sole 24 ore, iniziava a svilupparsi un alone talmente ricco di filamenti da renderle simile a un Sole pieno di raggi. Il fattore di crescita delle cellule nervose era solo il primo di tanti ingredienti che gli organismi viventi usano per trasmettere informazioni al loro interno. Altre centinaia di molecole simili sarebbero state scoperte in seguito. Ma in quel laboratorio di Saint Louis negli anni '50 si iniziò a capire come mai un essere vivente nasca da una singola cellula ma riesca a diventare col tempo un'architettura composta da decine di tessuti diversi. Sono i fattori di crescita a indicare la strada a ciascun segmento di un organismo. Bastano poche molecole di Ngf in una zona del corpo per farvi crescere le cellule del sistema nervoso necessarie al suo perfetto funzionamento.

"La scoperta di Ngf - spiegò oltre trent'anni più tardi il comitato Nobel a Stoccolma assegnandole il premio assieme al collega Stanley Cohen - è l'esempio di come un osservatore acuto riesca a elaborare un concetto a partire da un apparente caos". Rita Levi Montalcini è stata una delle 10 donne (contro 189 uomini) a ricevere il premio scientifico più prestigioso. Ma forse l'unica ad accompagnare i suoi articoli scientifici con illustrazioni tanto eleganti quanti i vestiti che amava disegnare per se stessa.

Sull'origine della sua capacità di osservazione, Rita Levi Montalcini ha sempre avuto le idee chiare, attribuendo parte del suo successo al maestro Giuseppe Levi, il professore di istologia di Torino le cui lezioni formarono altri due Nobel per la medicina: Salvador Luria e Renato Dulbecco, anche lui scomparso recentemente. Era lui uno degli amici più cari della scienziata, che in un'intervista a Repubblica nel 2008 rivelò: "Quando avevo tre anni decisi che non mi sarei mai sposata" e in un'altra a Omni nel 1998 spiegò che anche nel matrimonio fra due persone brillanti "una finisce col soffrire perché l'altra ha più successo". Lei, che di complessi non soffriva, non si è mai lamentata degli occhi che non vedevano quasi più e delle protesi acustiche che la mantenevano in contatto con gli altri.

tanti Auguri dal Feuerstein Institute


venerdì 14 dicembre 2012

Educabilità cognitiva e il Metodo Feuerstein

Gli studi più recenti delle scienze che riguardano il processo apprenditivo dell’uomo ritengono che i problemi legati a detto processo  non sono da riferire a fattori intellettivi o a cattivo funzionamento cognitivo, ma alla mancata capacità di mettere in atto strategie che consentono di utilizzare in modo efficace i contenuti dell’apprendimento e dell’esperienza. 
L’educabilità cognitiva intesa come rapporto di mediazione  tra docente e discente intende promuovere nel discente l’uso ottimale del suo “sistema operativo di base” affinché risulti efficiente in un qualsiasi contesto.  

martedì 4 dicembre 2012

Kaylie Family honored for support of innovative program for students from Israeli-Ethiopian community


Top, from right: Alicia and Danny Yacoby and Kaylie Foundation representative Oshik Porshian listen to first-year accountancy student Aviva Reuven. Below: Scholarship recipients with (seated, from right) Rabbi Rafi Feuerstein, Prof. Reuven Feuerstein, Prof. Stroumsa and Oshik Porian; and (standing) the Yacobys, the Director of the Division for Development and Public Relations Joseph Benarroch and Feuerstein Institute members.(Top, from right: Alicia and Danny Yacoby and Kaylie Foundation representative Oshik Porshian listen to first-year accountancy student Aviva Reuven. Below: Scholarship recipients with (seated, from right) Rabbi Rafi Feuerstein, Prof. Reuven Feuerstein, Prof. Stroumsa and Oshik Porian; and (standing) the Yacobys, the Director of the Division for Development and Public Relations Joseph Benarroch and Feuerstein Institute members.)
January 24, 2012: Harvey and Gloria Kaylie of New York were honored at a ceremony held at the Hebrew University last week to acknowledge their generous support for 19 first-year students from the Israeli-Ethiopian community who are participating in a pilot program being conducted jointly by the University and the Feuerstein Institute in conjunction with the Ministry of Immigrant Absorption. The Kaylies, who have provided full scholarships for the students through the Feuerstein Institute, were represented by their daughter and son-in-law Alicia and Danny Yacoby.  Speaking at the ceremony, Hebrew University Rector Prof. Sarah Stroumsa stressed the importance of giving the 19 students the opportunity to study at the University and fulfill their potential, adding that she sees them as future leaders of Israeli society.
Feuerstein Institute founder Prof. Reuven Feuerstein and his son Rabbi Rafi Feuerstein, vice-chairman of the Feuerstein Institute, both expressed their pleasure at seeing the students immersed in their university studies and they reiterated their commitment to the students’ future. Also attending the ceremony were the Kaylie Foundation’s representative in Israel Oshik Porshian and head of the Ministry of Immigrant Absorption’s Student Authority Ofer Ofan.
The support from the Feuerstein Institute and the Hebrew University is highly significant for each of the students, said first-year accountancy student Aviva Reuven on behalf of the 19 students. In addition to receiving full scholarships that cover tuition, accommodation and a living stipend, the students have also been given laptop computers.  
Speaking on behalf of her father Harvey Kaylie, Alicia Yacoby said that together with the representatives of Hebrew University and the Feuerstein Institute, he was committed to the success of this most important project.
The pilot program, which began in the current academic year, is based on the Feuerstein Mediated Learning method and aims to enable Ethiopian Israeli students with proven potential to be accepted into, and succeed in, the Hebrew University departments of their choice. The first cohort of students comprises graduates of the University’s one-year preparatory program (mechina) at the Joseph Saltiel Center for Pre-Academic Studies and regular high-school graduates.
The Feuerstein Mediated Learning-Instrumental Enrichment Program is designed to enhance each student’s learning capacity in their chosen field of study. It comprises two key elements: a pre-acceptance evaluation of each student’s learning potential and personal guidance throughout their studies via the Feuerstein Institute-developed Instrumental Enrichment Program.
To support Hebrew University students through scholarships, click here

lunedì 19 novembre 2012

Corso online: Metodologie di insegnamento dell'italiano L2


Partenza del corso
27 novembre 2012 

Autrici
Maria Arici e Paola ManiottiTutor
Maria Luisa Boninelli

Destinatari

Insegnanti
Presentazione
Il corso, rivolto a insegnanti della scuola primaria e secondaria di primo grado, affronta le questioni teoriche e le modalità pratiche legate alla programmazione di percorsi e attività di insegnamento dell’italiano L2 ad allievi stranieri di recente immigrazione.
Argomenti: Le componenti e i livelli della competenza linguistica; Le caratteristiche di esercizi efficaci ; Quali attività per quali competenze ; Progettare i percorsi.

ArgomentiModulo 1. Le componenti e i livelli della competenza linguistica Libro
Obiettivi. Sapere qual è il significato di «conoscere una lingua» e il modo in cui, a livello europeo, vengono classificati e descritti i vari livelli di competenza linguistica.
Materiali.
Dispense di studio con esemplificazioni e approfondimenti sul tema.
Argomenti.
La competenza linguistico - comunicativa
Livelli della competenza linguistica
Verificare le competenze in ingresso
Bibliografia


Modulo 2. Le caratteristiche di esercizi efficaci
Obiettivi.
Conoscere le caratteristiche che rendono determinate attività più efficaci di altre dal punto di vista dell'apprendimento linguistico (esercitazioni a sfondo ludico, proposte caratterizzate dal gap informativo, moalità di lavoro che abbassano il filtro affettivo ...).
Materiali.
Dispense di studio e video
Argomenti.
Dalla rilevazione delle competenze alla preparazione delle attività
Le caratteristiche di esercizi efficaci
Attività a carattere ludico
Attività di information gap
Lavoro di gruppo
Multimedialità proposte di giochi
Bibliografia

Modulo 3. Quali attività per quali competenze
Obiettivi.
Conoscere l'apprendimento di altri aspetti della competenza linguistica, approfondendo anche gli aspetti glottodidattici già illustrati nel modulo 2.
Materiali.
Dispense di studio, audio e video
Argomenti.
Lo sviluppo delle abilita' linguistiche
Lo sviluppo delle grammatiche (sapere la lingua)
Lo sviluppo delle funzioni linguistiche (sapere fare con la lingua)
Bibliografia

Modulo 4. Progettare i percorsi
Obiettivi.
Sapere quali sono gli aspetti connessi alla strutturazione della lezione di italiano come L2 all'interno del laboratorio e le forme di programmazione di un percorso di apprendimento linguistico (sillabo, programmazione, ...).
Materiali.
Dispense di studio, audio e video
 Argomenti.
Dal sillabo alla programmazione
La struttura della programmazione
Progettare la lezione
Video e audio da software
Bibliografia
Materiali
Dispense di studio con esemplificazioni e approfondimenti sul tema; audio e video.

Metodologia didattica
Discussione tramite forum sulle tematiche affrontate nei vari moduli, seguite da un tutor disciplinare; esercitazioni per la rielaborazione delle conoscenze pregresse con i nuovi argomenti oggetto del corso; esercitazioni di gruppo
Per informazioni potete inviare una mail a formazione@erickson.it 

martedì 13 novembre 2012

Corso di formazione sullo sviluppo delle abilità Cognitive

Carissimi 
sono lieta di comunicarvi che terrò per il Liceo Scientifico di Castiglione delle Stiviere un percorso di formazione sullo sviluppo delle abilità cogntiive.
Il primo di una serie di incontri si terrà giorno 15 Novembre dalle ore 14.30 alle ore 18.30 

lunedì 12 novembre 2012

Conferenza Internazionale sulla Neuroplasticità e Modificabilità Cognitiva

Dal Feuerstein Institute:
L'Istituto Feuerstein è orgoglioso di annunciare l'organizzazione della Conferenza internazionale sulla neuroplasticità e Modificabilità Cognitiva.
 La conferenza,  si svolgerà dal 10-13 marzo 2013 e si terrà a Gerusalemme alla Hauma Binyanei Convention Center.
I migliori ricercatori nel campo della neuroplasticità e Modificabilità Cognitiva saranno  presenti e terranno lezione su una miriade di argomenti importanti riguardo la ricerca. 
Per ulteriori informazioni sulla conferenza, si prega di cliccare qui.
Il Professor Reuven Feuerstein, Presidente e fondatore dell'Istituto Feuerstein, è stato uno dei primi sostenitori della teoria della neuroplasticità. La convinzione che il cervello ha la capacità di cambiare è la pietra angolare del metodo Feuerstein e vita lavorativa professor Feuerstein. 
La sua Metodologia attraverso il Programma di arricchimento Strumentale ha continuato a cambiare centinaia di migliaia di vite, in ambito clinico ed educativo.
L'Istituto Feuerstein ospiterà anche un post-conferenza seminario di un giorno, il 14 marzo 2013. Il seminario sarà caratterizzato da una serie di workshop nell'applicazione pratica del Metodo Feuerstein in una serie di disturbi.
Per saperne di più sul seminario Feuerstein Institute, per favore clicca qui. 
Si prega di notare che a causa di ragioni pedagogiche e tecniche, lo spazio è limitato.

Se si desidera registrare per la conferenza, si prega di farlo qui. 

Se si desidera inviare un abstract, è possibile trovare ulteriori informazioni su questo modo qui.
Speriamo di vedere tutti i nostri amici e sostenitori presenti a questa conferenza molto importante!

giovedì 8 novembre 2012

Sviluppare le abilità cognitive, affettive e sociali per favorire l'inclusione e l'autonomia


I bambini ed i ragazzi con sindrome di Down frequentano regolarmente la scuola dell'obbligo. Nella fascia di età successiva, però, e fino ai 24 anni, il numero degli studenti si riduce notevolmente. Alcuni frequentano corsi di formazione, ma solo pochi riescono a trovare un lavoro.  Un adulto su quattro non ha un'occupazione e rimane a casa. Quanto le persone con sindrome di Down si avvicinano all'età adulta, infatti, la loro difficoltà di autonomia emerge con evidenza e ciò non facilita il possibile ingresso in una realtà lavorativa.

L'INTEGRAZIONE SCOLASTICA E SOCIALE - In direzione del progetto della piena inclusione sociale e professionale, una realtà molto importante continua ad essere l'integrazione scolastica, perché consente non solo di sviluppare gli apprendimenti in contesti inclusivi ma, anche di sperimentare e potenziare le abilità sociali e di relazione con i pari, favorendo l'imitazione degli atteggiamenti e dei comportamenti adeguati. A volte, infatti, alcuni bambini con sindrome di Down possono manifestare instabilità umorale o atteggiamenti esuberanti, dovuti ad una energica vitalità. In tali casi, è fondamentale che essi possano confrontarsi con i compagni e sviluppare insieme ad essi competenze sociali e di contesto più diffuse. Ogni esperienza di autonomia infatti, necessita di un´ottica di integrazione, perché la crescita della dimensione individuale è possibile nel confronto e nelle forme crescenti di responsabilizzazione, realizzabili nei contesti.

L'INTERVENTO SCOLASTICO - A scuola occorre progettare solide pratiche ed esperienze di inclusione, che promuovano lo sviluppo cognitivo e le abilità sociali, fin dalla Scuola dell'infanzia.  Bisogna inoltre pianificare un intervento precoce, prelinguistico, che stimoli la percezione visiva ed uditiva e promuova lo sviluppo della memoria e della capacità linguistico-comunicativa, nei diversi contesti. Con l'inizio degli apprendimenti formali, alla Scuola Primaria, occorre poi favorire l'apprendimento della letto-scrittura e, successivamente, dell'aritmetica, tenendo presente le difficoltà cognitive e, al tempo stesso, le variabili individuali. Contemporaneamente, occorrerà stimolare l'espressione artistica e il disegno, per favorire le capacità creative. Queste ultime vengono in genere espresse con maggiore naturalezza nella danza o nella musica, anche grazie alle buone capacità di imitazione. Il consolidamento delle competenze didattiche di base può consentire poi l'approccio alle altre discipline.

Nel percorso di formazione degli allievi con sindrome di Down è molto importante coniugare i percorsi riabilitativi ed abilitativi con gli interventi educativi, con il supporto costante dei genitori, con cui condividere i progetti, gli interventi e le loro finalità, gli stili educativi. In tal modo diviene possibile coordinare adeguatamente il lavoro svolto dalla scuola con quello dei genitori ed intervenire nella presa in carico in modo compatto, coerente e significativo.

tratto da: disabili.com

Il Metodo Feuerstein nato per il recupero e lo sviluppo delle abilità cognitivo è utile nel potenziare gli aspetti cognitivi e relazionali dei bambini con sindrome di down. Per informazioni riguardo ad applicazioni potete inviarmi una mail a m.boninelli@univirtual.it 
 

Integrazione scolastica: Primi in Europa ma con scarse risorse per il sostegno

Una ricerca del Censis conferma l'eccellenza del modello inclusivo italiano ma evidenzia inadeguati investimenti nel sostegno e nel progetto di vita

La ricerca "I bisogni ignorati delle persone con disabilità", promossa dalla Fondazione Cesare Serono e realizzata dal Censis,  colloca l'Italia tra gli ultimi Paesi europei per risorse destinate alla protezione sociale delle persone con disabilità. Sia le risorse che le misure erogate in prestazioni economiche, in beni e servizi sono molto al di sotto della media dei Paesi dell'Unione europea. Il modello italiano rimane fondamentalmente assistenzialistico. Le misure erogate sono infatti di tipo pensionistico, con delega alle famiglie, e non prevedono  servizi che potrebbero garantire livelli di assistenza migliori e valorizzare le capacità di autonomia delle persone con disabilità.

IL MODELLO SCOLASTICO - L'inclusione scolastica occupa nel nostro Paese un posto centrale nel panorama delle politiche di inserimento sociale delle persone con disabilità. La legge obbliga tutte le scuole pubbliche e private ad accettare l'iscrizione degli alunni con disabilità. L'esperienza italiana rappresenta in questo un'eccellenza, eppure le risorse dedicate alle attività di sostegno e di integrazione degli alunni con disabilità appaiono inadeguate. In Italia, cioè, pressoché la totalità degli alunni disabili frequenta le classi comuni; però, di fatto, tra i Paesi indagati, è nel Regno Unito che il percorso di integrazione all'interno della scuola ordinaria risulta particolarmente avanzato, attento nell'intercettare i bisogni e disponibile a dedicare agli alunni disabili risorse ampie, seppure in uno scenario nel quale permane la possibilità di esclusione dalla scuola ordinaria.

In Italia, invece, nell'anno scolastico 2010-2011, circa il 10% delle famiglie ha dovuto presentare un ricorso al Tribunale per ottenere un aumento delle ore di sostegno. Il nostro Paese, cioè, destina poche risorse all'inclusione scolastica. Il rischio è che le politiche di contenimento dei costi ed il razionamento dei servizi configurino uno svuotamento dell'inclusione scolastica, rendendo preferibile una soluzione differenziata, che possa però garantire un livello adeguato di attenzione e cura. Si tratterebbe di un effetto paradossale, laddove è assolutamente evidente che il problema non è l'inclusione in sé, bensì il contingentamento delle risorse.

Scarso, inoltre, è il raccordo tra scuola e lavoro, poiché il modello formativo non promuove la costruzione di competenze spendibili in un progetto di vita professionalmente attivo.

L'INSERIMENTO LAVORATIVO - L'Italia è molto indietro nell'inserimento lavorativo delle persone con disabilità. Se in Francia si arriva al 36% di occupati, nel nostro Paese il tasso si ferma intorno al 18 %. Una volta completato il percorso formativo, cioè, i disabili incontrano difficoltà a trovare un lavoro. Tra le persone con Sindrome di Down meno di una su tre lavora dopo i 24 anni e il dato scende al 10% per chi ha problemi di autismo. Inoltre, nei casi di  malattie croniche che causino una progressiva disabilità, vi sono molti problemi a mantenere il lavoro trovato. Ne deriva che tanta è ancora la strada da percorrere in direzione di una cultura della diversità. Purtroppo.

tratto da: disabili.com

Invito presentazione Nina e i Diritti delle Donne


Nell’ambito delle attività della Fondazione, che persegue la formazione, l’educazione e la tutela dei bambini in età evolutiva, è in programma il prossimo 12 novembre un incontro di sensibilizzazione rivolto ai ragazzi delle scuole medie.
Il fine è quello di rendere partecipi, e più consapevoli, le giovani generazioni alle vicende che hanno determinato grandi cambiamenti nella storia della nostra società.
In questa occasione il tema scelto è di carattere sociale: La Fondazione ha invitato il Vicepresidente e Assessore alle Politiche Culturali della Provincia di Roma, la dott.ssa Cecilia D’Elia, a presentare il suo libro “Nina e i diritti delle donne” edito dalla Sinnos e vincitore del premio "Elsa Morante Ragazzi" 2012.

Nel libro, attraverso la storia delle donne nella famiglia della piccola Nina, vengono ripercorse le tappe che hanno portato le donne ad ottenere quei diritti di cui oggi possono godere come ad esempio l’accesso a delle professioni un tempo negato, il diritto al voto, etc.

Sarei molto lieta, in qualità di Fondatrice, di condividere con lei questa iniziativa.

dott.ssa Raffaella Bocci 
FONDAZIONE GIORGINA BORGIANI
VIA IRENEO ALEANDRI, 4
00040 ARICCIA (RM)
PER SOSTENERE LA FONDAZIONE:
IBAN IT 34Y 05584 21901 000000022328

martedì 6 novembre 2012

Autismo: parlare per immagini

Edoardo e gli altri quattro bambini seduti in circolo, ciascuno affiancato da un operatore, frequentano a Milano due volte la settimana il Centro Benedetta D’Intino onlus, dove nel 1996 nacquero in Italia il primo servizio clinico e la prima scuola di formazione in comunicazione aumentativa alternativa (Caa). Un insieme di strategie, strumenti e tecniche che costruiscono le capacità comunicative di chi, come nell’autismo, vive in un silenzio forzato. Il 13-14 maggio e il 25-26 giugno il Centro dedica a questo modo di «parlare per immagini» alcuni seminari di aggiornamento sulla Caa: a tenerli verranno da Boston e Vancouver due massimi esperti al mondo, John Costello e Pat Mirenda.
«La tecnica fu da principio usata nei bambini con paralisi cerebrale: si capiva che capivano ma non potevano parlare» racconta Aurelia Rivarola, neuropsichiatra infantile che dirige il servizio clinico e la formazione in Caa al Centro Benedetta D’Intino. Nel 1983 professionisti di 25 paesi fondarono negli Stati Uniti l’International society for augmentative and alternative communication (Isaac). «Il termine “augmentative” chiariva come l’obiettivo fosse incrementare le capacità comunicative esistenti. Va sfatato il pregiudizio, ancora diffuso, che inibisca o ritardi l’eventuale comparsa del linguaggio orale» dice Rivarola. Il linguaggio verbale, se pure compare in metà degli autistici, di rado diventa funzionale ed esprime un pensiero coerente.
L’autismo si manifesta in varie gradazioni (i primi segnali sono evidenti già a 6 mesi, poi ne emergono altri) e lo spettro di alterazioni del comportamento che vanno sotto questo nome è ancora avvolto nel mistero. Il disturbo, che ha quasi certamente basi organiche, porta a chiudersi in un mondo tutto proprio: nella maggior parte dei casi le funzioni di comunicazione, verbale e non, e sociali sono compromesse.
Questi bambini non parlano, se lo fanno il linguaggio è ripetitivo, a pappagallo, spesso privo di senso. Faticano a interagire, a giocare con altri, non condividono stati emotivi, hanno movimenti stereotipati. In alcune forme di autismo c’è ritardo mentale; in altre, «ad alto funzionamento», magari restano i problemi di comunicazione e interazione, non quelli cognitivi. Una minoranza, poi, ha uno sviluppo dell’intelligenza distorto, come capacità di calcolo o memoria straordinarie.
I problemi dei bambini autistici (da 6 a 9 su mille a seconda dei metodi di valutazione, il rapporto maschi/femmine è 4 a 1), se non si fa nulla per favorire la loro integrazione sociale con programmi riabilitativi e rieducativi, aumentano.
«Lasciate sole nella battaglia culturale e sociale per inserire i loro figli nel flusso della vita, le famiglie possono sgretolarsi. La vicenda della madre di Gela che ha annegato i suoi due bambini dovrebbe far riflettere sulle conseguenze della solitudine in cui i genitori vivono questo dramma» avverte Daniela Mariani Cerati dell’Angsa (Associazione nazionale genitori soggetti autistici). Nel 2005 la Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza stilò linee guida per l’autismo (diagnosi e terapia riabilitativa), ma non sono obbligatorie. «Ai genitori che si rivolgono ai servizi sanitari può succedere ancora di incontrare psichiatri legati alle suggestioni psicoanalitiche, come “la mamma frigorifero” tossina psicologica per il suo piccolo, che rifiutano le nuove tecniche riabilitative. Eppure, la terapia comportamentale dà, assieme alla comunicazione aumentativa, risultati. Non bastano iniziative sporadiche, anche se eccellenti: occorre costruire una rete di competenze».
Per avviare un efficace percorso riabilitativo, la diagnosi nei servizi sanitari deve essere il più precoce possibile (prima si iniziano programmi rieducativi meglio è, ma per riconoscere l’autismo spesso si perdono due o tre anni); e la scuola deve impegnarsi a far sì che insegnanti e genitori siano formati per usare la Caa. Quando i bambini vanno a casa il sistema, che si affianca alla parola, deve continuare a essere usato. «Mentre il linguaggio verbale è astratto, l’immagine trattiene il pensiero, lo fissa. E ciò li aiuta. La difficoltà a comunicare può creare frustrazioni che sfociano in comportamenti problematici» spiega Alessandro Chiari, terapista in neuropsicomotricità al Centro Benedetta D’Intino.
La scelta delle immagini che facilitano la comunicazione è adattata a ogni bimbo. «A volte sono semplici, come foto, o più articolate. Per i più dotati la pagina può contenere un elenco di immagini o parole che indicate in successione formano frasi» aggiunge Chiari.
Nel mondo si usano per la Caa dispositivi ad alta tecnologia utilizzabili da un bambino dell’asilo: computer grandi quanto un astuccio di matite, e batterie da 8 ore. Sullo schermo, un touch screen con una griglia di disegni e foto. A ognuno corrisponde un oggetto-azione e un messaggio vocale registrato: il bambino può selezionare con il dito un oggetto-azione e questo produce una richiesta verbale. «Oggi si tende a non rinviare la comunicazione al momento in cui emerge il linguaggio verbale» riferisce Paola Magri, che dirige il Centro di riferimento per l’autismo alla asl Napoli 2 Nord. «Purtroppo il ricorso a questi dispositivi trova ostacoli nella burocrazia: non sono inclusi nel listino ausili del Ssn, aggiornato al 1999. Eppure, migliorano la qualità di vita di un bambino con autismo e consentono ai genitori di “ascoltare” la sua voce» conclude Magri.
tratto da panorama.it 
di Gianna Milano. 
Per informazioni su possibili applicazioni riguardo il Metodo Feuerstein e autismo potete contattarmi via mail a m.boninelli@univirtual.it 
 

Nelle mente di un bambino autistico



Nella mente di un bambino autistico

Porgere un oggetto, giocare a pallone con gli amici, spostare un tavolo con un’altra persona. Gesti semplici, che per noi non hanno nulla di misterioso. Ma che un bambino affetto di autismo trova quasi insormontabili, addirittura incomprensibili da pianificare, prima ancora che da eseguire. Il motivo? Probabilmente perché gli autistici mancano della capacità di provare empatia, di comprendere le intenzioni delle altre persone ed seguire compiti in sintonia con loro. Insomma, non riuscendo a interagire socialmente in modo efficace, rimangono "bloccati".
Valeria Manera, giovane ricercatrice (ha 32 anni) dell’Università degli Studi di Torino che oggi lavora presso il laboratorio di psicofisiologia dell’Università di Stanford, studia nei bambini con autismo proprio i deficit di previsioni delle intenzioni altrui. Lo fa con strumenti come la risonanza magnetica funzionale, tecnica di visualizzazione del cervello che permette di mappare i processi in atto a livello cerebrale. L’obiettivo dei suoi studi (finanziati dalla borsa di studio di l’OrÈal) è quello di migliorare la diagnosi e la riabiltazione dell’autismo. In questa intervista racconta che cosa fa e cosa aspettarsi dalle sue ricerche.

In base alla sua esperienza, dal momento che lei lavora con bambini autistici, come funziona la mente di una persona affetta da autismo?
L’aspetto forse più interessante ed intrigante delle persone affette da autismo è che sembrano percepire il mondo in modo diverso. Per esempio, percepiscono facilmente elementi che ad una persona non autistica tendono a sfuggire (dettagli di una un quadro, particolari di una stanza). Viceversa non sembrano cogliere aspetti della realtà ad altri immediatamente evidenti, come le intenzioni, emozioni, credenze e i desideri degli altri.
Che cosa in particolare la differenzia dal nostro modo di pensare o ragionare?
Ci sono molti aspetti. Un elemento che sembra caratterizzare le persone affette da autismo è che hanno difficoltà a leggere le intenzioni nello sguardo degli altri. Sanno che gli occhi delle persone servono per vedere, e di conseguenza sanno dire dove una persona sta guardando. Quello che però non sono in grado di fare è di leggere gli stati mentali dallo sguardo. Per esempio, questo volto è quello di Larry. A cosa è interessato Larry? Pur essendo in grado di dire dove guarda Larry, i bambini affetti da autismo non sono in grado di dire quale dei quattro oggetti Larry desideri.
Di fronte a una persona diversa da sé, come reagisce (o non reagisce) l’autistico?
Le persone affette da autismo tendono a focalizzarsi su dettagli che per gli altri non sono rilevanti, e viceversa a non prestare attenzione ad aspetti che per gli altri sono fondamentali. Quando guardano due persone che interagiscono, per esempio, invece di focalizzarsi sui loro occhi ed espressioni facciali (che danno informazioni su ciò che le persone pensano e provano), guardano dettagli poco informativi, come particolari degli abiti, o parti del viso meno socialmente salienti. Si tratta del tracciato degli occhi di una persona con autismo (in rosso) e di una persona non autistica (in giallo) mentre osservano un filmato di persone che interagiscono.
Un bambino con autismo non riesce mai a prevedere il comportamento di un’altra persona?
Questa è proprio la domanda a cui tenta di rispondere il mio progetto di ricerca. Si sa ancora pochissimo sulla capacità di prevedere il comportamento altrui nell’autismo. In particolare, non c’è nessuno studio che abbia indagato se sono in grado di prevedere le azioni a partire dai movimenti. Quando guardiamo un’azione, anticipiamo continuamente quello che succederà subito dopo. Grazie a questa abilità siamo in grado comprendere meglio gli altri, e di coordinare le nostre azioni con le loro. È possibile che alcune delle difficoltà sociali che incontrano questi pazienti dipendano proprio dalla mancanza di questa capacità di previsione.  
Che cosa si può vedere con la risonanza magnetica funzionale?
La risonanza magnetica funzionale è una tecnica di neuroimmagine che permette di visualizzare in vivo l’attività del cervello mentre svolgiamo una determinata attività (ragionare, guardare una fotografia di un viso, osservare un’interazione sociale). Grazie a questa tecnica è possibile individuare quali aree del cervello sono coinvolte in queste attività. Nel caso dell’autismo o di altre patologie, viene utilizzata per indagare se a determinate disfunzioni a livello del comportamento corrispondano delle anomalie nelle attivazioni di specifiche aree del cervello.
Cosa si è scoperto, finora, osservando il cervello delle persone con autismo?
Negli ultimi 15 anni sono stati fatti moltissimi progressi. Ad esempio sappiamo che nel nostro cervello esiste un’area che si attiva quando guardiamo i volti (la fusiform face area). Si è scoperto che quando una persona con autismo guarda un viso, nel suo cervello non si attiva quest’area. Questo contribuisce a spiegare perché per le persone con autismo i visi non sono speciali. Quello che questo tipo di studi dimostra è che le anomalie nel comportamento di queste persone sono associate ad anomalie nell’attivazione del loro cervello. In studi pioneristici, la risonanza magnetica funzionale viene usata anche per valutare l’effetto della riabilitazione: perché una riabilitazione sia davvero efficace e duratura, non è sufficiente che abbia modificato il comportamento, bisogna che abbia avuto un effetto anche le attivazioni cerebrali.
Come funzionano esattamente i test previsti nel suo progetto?
Si tratta di compiti percettivi, in cui chiediamo alle persone di guardare degli stimoli point-light, ovvero degli attori rappresentati solo tramite punti luminosi che indicano le giunture principali del corpo. Mostriamo delle azioni che si interrompono ad un certo punto, e chiediamo alla persone di prevedere come l’azione andrà a finire, e l’intenzione sottostante all’azione. Oppure chiediamo semplicemente di descrivere l’azione che vedono (trattandosi di point-light, non è sempre facile capire di che azione si tratta, soprattutto se si tratta di azioni comunicative).
Su quante persone si baseranno questi studi?
Pensiamo di utilizzare, per ciascuno studio, circa 25 persone affette da autismo e 25 persone di controllo senza malattie neurologiche o psichiatriche.
Quali potrebbero essere le ricadute concrete di qs tipo di studi, e quando è lecito attendersele?
Queste ricerche potrebbero aiutare a raffinare le tecniche di diagnosi di questo tipo di disturbo nelle persone affette da autismo: se per esempio scoprissimo che i pazienti con autismo hanno un problema nella previsione delle altrui intenzioni, gli stimoli che abbiamo usato potrebbero essere modificati (e opportunamente testati) per essere poi usati come test diagnostici. E questi dati potrebbero poi essere usati per creare dei percorsi riabilitativi mirati. Per la diagnosi, i tempi potrebbero essere relativamente brevi (un paio d’anni dall’inizio della ricerca). Per la riabilitazione, i tempi saranno più lunghi, perché si tratta di creare veri e propri training.
Ci sono già risultati preliminari?
Stiamo cominciando a raccogliere i primi dati in questi giorni. Per i risultati, però, bisognerà aspettare

tratto da: panorama.it

domenica 21 ottobre 2012

Corso di Formazione "Il Metodo Feuerstein e la Pedagogia della Mediazione"

Cari Lettori 
ho il piacere di comunicarvi che in data 23 Ottobre dalle ore 15.30 alle 19.30 terrò un Corso di Formazione per il Circolo Didattico di San Severo. 
Il corso ha come tematica il Metodo Feuerstein e la Pedagogia della Mediazione.

Corso di formazione " Metodo Feuerstein e la Pedagogia della Mediazione

Cari Lettori 
sono lieta di comunicarvi che terrò giorno 22 Ottobre dalle ore 15.30 alle ore 19.30 presso il liceo classico Virgilio di Vico del Gargano, un corso di formazione sul Metodo Feuerstein e la Pedagogia della Mediazione. 
Lo scopo del corso è di sensibilizzare i docenti sui processi di apprendimento e sulla Pedagogia della mediazione in ambito scolastico. 
Il corso è organizzato dal Centro Studi Erickson con il quale ho il piacere di collaborare da diversi anni. 

sabato 20 ottobre 2012

Video: la dislessia raccontata da un dislessico

La dislessia raccontata da un dislessico: Giacomo Curtrera 



Riflettori sul DNA

 
 
'Qual è, secondo te, la notizia scientifica più significativa degli ultimi tempi?' Questa è la domanda posta ai partecipanti dell'evento 'Light-accendi la luce sulla scienza', la manifestazione organizzata dal Consiglio nazionale delle ricerche nell'ambito della 'Notte dei ricercatori', che  si è tenuta presso il Planetario dell'Eur di Roma lo scorso 28 settembre. Al secondo posto si è classificata 'Dna: nuovi avanzamenti nella conoscenza del nostro genoma'. Le scoperte in quest'ambito destano un grande interesse perché "il Dna è il software e l'hardware della nostra specie. Non solo è in grado di dire alla nostra macchina come deve funzionare, ma è anche capace di costruirla" spiega Paolo Vezzoni, responsabile dell'Istituto di ricerca genetica e biomedica (Irgb) del Cnr di Milano.











Le notizie sulla mappatura del nostro genoma rispondono, almeno in parte, a interrogativi topici che riguardano la nostra esistenza come specie e come individui. "Lo sviluppo embrionale, una delle cose più stupefacenti della biologia, è diretto dal nostro genoma: non appena l'uovo e lo spermatozoo vengono in contatto e i loro nuclei si fondono si attiva un'eccezionale serie di istruzioni che dopo nove mesi, nel caso della nostra specie, giunge a compimento. Tali istruzioni sono oggi noti come geni", continua Vezzoni.
Dieci anni fa, con il sequenziamento del primo Dna, il Progetto Genoma era uno degli argomenti scientifici più chiacchierati poiché "destava sorpresa il modesto numero di geni presenti nel genoma dell'Homo sapiens: erano solo poco più di 20.000, un numero non molto diverso da quello di organismi molto più semplici come la Drosophila. Il genoma umano era tanto complesso quanto quello del topo e i geni noti occupavano solo una piccola frazione del genoma, diciamo dall'1 al 3%. Il resto era considerato 'junk Dna', cioè spazzatura, composto da sequenze ripetute milioni di volte e ampie regioni non trascritte", sostiene il ricercatore dell'Irgb-Cnr. "Come una tale quantità di Dna inutile potesse essersi conservata nel corso di decine di milioni di anni non era chiaro: la selezione naturale tende a eliminare tutto ciò che è inadatto o anche solo inutile".
I continui sviluppi della ricerca e la prospettiva di scoperte inedite hanno tenuto viva l'attenzione del pubblico su questo tema come illustra Vezzoni: "È notizia recente, anche se i dati si stavano accumulando già da parecchi anni, che questa visione potrebbe non essere vera. Ampie regioni cromosomiche vengono trascritte e sono state identificate numerose classi di Rna che giocano ruoli importanti anche se non sono tradotti in proteine. La loro funzione e il loro meccanismo di azione non sono ancora definiti, ma in molti casi la loro eliminazione ha gravi conseguenze per la singola cellula e per l'intero organismo".
Vezzoni invita tuttavia a valutare con prudenza le notizie che riguardano il genoma umano: "La notizia che Craig Venter ha creato una cellula dal nulla è senza dubbio esagerata. In realtà è stato ottenuto un Dna di un organismo già esistente che è stato sintetizzato nucleotide dopo nucleotide. Questo tipo di sintesi non ha alcuna rilevanza pratica, perché poteva essere ottenuta, in maniera molto più semplice, mediante tecniche di ingegneria genetica classica già disponibili e perché per farlo funzionare è stato necessario inserirlo in una cellula già esistente da cui era stato eliminato il genoma originario".
Gli studi sul genoma, oltre a suscitare meraviglia, sono seguiti con interesse perché avranno "ricadute notevoli, anche se non siamo in grado di predirle. Limitiamoci a quelle sicure: le malattie ereditarie oggi possono essere diagnosticate con grande accuratezza e il genoma sta per arrivare al letto del malato e oltre. E se oggi alcuni genitori immagazzinano le cellule del cordone ombelicale dei loro neonati, domani forse i nonni regaleranno ai nipotini un disco con la sequenza completa del loro Dna" conclude Vezzoni.
Matteo Selmi
Fonte: Paolo Vezzoni , Istituto di tecnologie biomediche, Segrate, tel. 02/82245158, email paolo.vezzoni@itb.cnr.it

Strategie per aspiranti cervelloni



Secondo Alberto Zani dell'Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare (Ibfm) del Cnr di Milano, non c'è da stupirsi se gli studi sul cervello - evoluzione dell'intelligenza, miglioramento delle prestazioni, coscienza dei pazienti in stato vegetativo - hanno interessato il pubblico di 'Light' tanto da assegnare a queste ricerche il quarto posto nella classifica delle 'breaking news' scientifiche più votate.
"Sono interrogativi e obiettivi perseguiti da sempre", sostiene Zani. "L'evoluzione dell'intelligenza è un anelito così sentito che diversi filoni di studi si sono spinti a inseguire la 'pillola della prestazione', prodotti, cioè, basati su sostanze che aumentano temporaneamente performance psicofisiche e capacità conoscitive, ma che - anche quando non rientrano nel novero delle droghe illegali - sono comunque psicotrope e provocano assuefazione, danneggiando a lungo termine il cervello".
Insomma, la legittima aspirazione ad aumentare le capacità del nostro cervello non deve indurre a utilizzare principi chimici "il cui percorso è sintetizzabile in una parabola rovesciata: progressivo aumento delle prestazioni intellettuali, accompagnato però da una crescita altrettanto progressiva dell'assunzione per ottenere gli effetti desiderati, che provoca a sua volta dipendenza e porta, in definitiva, a un complessivo danneggiamento delle funzioni cerebrali", spiega il ricercatore dell'Ibfm-Cnr. "Certamente più raccomandabili sono invece mnemotecniche ed esercizi logici, aiutati da ripetizione e pratica, che sfruttino il cosiddetto 'junking' ('spezzettamento') di grandi quantità di dati e informazioni, facilitandone l'immissione e il successivo richiamo".
Alla base di queste ricerche c'è la misurazione dell'intelligenza. Ma è possibile quantificare con un criterio valido e oggettivo le capacità intellettive? "L'imaging, cioè la possibilità di fotografare e riprendere il nostro cervello in attività, è stato indubbiamente un passo in avanti essenziale per capire come esso funzioni. Esistono però", avverte Zani, "tanti tipi di intelligenza, che si manifestano nelle più varie forme: in una persona, anzi, le capacità più sviluppate tendono ad 'annebbiare' le altre, favorendo l'eccellenza in un determinato campo disciplinare, relazionale o artistico. È il caso di Einstein, che, fu respinto all'esame di ammissione al Politecnico di Zurigo, eppure fu in grado, qualche anno dopo, di elaborare solo visualmente la teoria della relatività, teorizzandola in termini fisico-matematici in un secondo momento. Studiando il suo cervello si è notato un ingrandimento delle aree temporo-parieto-occipitali, che collegano il pensiero alla sfera visiva".
Analoga cautela vale per la 'coscienza' dei pazienti in stato vegetativo: "È ormai assodato grazie alle tecniche di risonanza magnetica strutturale e funzionale, che il paziente avverta le stimolazioni sensoriali, dobbiamo ancora comprendere perché manchi il passaggio successivo, cioè il comportamento volontario cosciente in risposta a queste stimolazioni. Gli studi sperimentali necessitano di tempo per un loro utilizzo applicativo: si pensi che il lobo parietale, cioè la zona addetta all'integrazione sovra modale cosciente degli stimoli sensoriali con le aree frontali, responsabili della volontà, era considerata fino a non moltissimo tempo fa tra le aree 'silenti' del cervello. È insomma comprensibile", conclude il ricercatore, "che studi di questo tipo suscitino interesse nel pubblico, ma sono argomenti che vanno trattati con prudenza e serietà, altrimenti il rischio è profilare risultati illusori e fallimentari. A tutt'oggi non abbiamo una conoscenza globale del cervello umano e la strada verso la scoperta delle sue potenzialità inespresse è ancora lunga e difficile: ognuno dei cento miliardi di neuroni è, a qualche livello, funzionalmente diverso dall'altro".
Angela Galloro
Fonte: Alberto Zani, Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare, Milano, tel. 02/66173340, -369, email alberto.zani@ibfm.cnr.it

giovedì 11 ottobre 2012

Ariccia Corso Programma di Arricchimento Strumentale Basic


La Fondazione Giorgina Borgiani  è lieta di annunciare
che sono aperte le iscrizioni al corso di formazione:

Corso di formazione al Programma di Arricchimento Strumentale
del Prof. Reuven Feuerstein
I Livello Basic


Docenti: Prof.ssa Maria Luisa BONINELLI formatore Accreditato e Autorizzato dal Feuerstein Institute di Gerusalemme.

Destinatari: insegnanti,  educatori, genitori, personale sanitario.

Il corso, della durata complessiva di 48 ore prevede:

a) un approfondimento teorico sui seguenti contenuti.
-          PAS basic e PAS standard: analogie e differenze
-          Strategie di lavoro
-          Aspetti della mediazione
-          La mediazione come elemento di comunicazione
-          Introduzione agli strumenti della sfera emozionale
-          Funzioni Cognitive
b)    Presentazione  e lavoro sui seguenti strumenti Basic:
1)    Organizzazione Punti Basic
2)    Orientamento Spaziale Basic
3)    Dall’Unità al gruppo
4)    Dall’Empatia all’azione
5)    Tri-Channel
6)    Dall’Empatia all’azione
7)    Compara e Scopri l’Assurdo I

Durante e al termine del corso è prevista per ciascun corsista la consegna del seguente materiale:
-          copia di tutti gli strumenti PAS di Primo livello Basic;
-          materiale di supporto didattico;
-          Cd-rom con tutti i contenuti del corso presentati
-          Certificato di applicatore PAS I livello, rilasciato dal Feuerstein Institute di Gerusalemme, a firma congiunta del Prof.re Feuerstein

Il costo complessivo del corso è di 470 euro

da versare tramite bonifico bancario intestato a:

Fondazione Giorgina Borgiani
IBAN IT 34Y 05584 21901 000000022328
Causale: Iscrizione Pas Basic I livello

  • € 200  iscrizione
  • € 270 entro il 28 ottobre 2012
                                                                                                                               

La Fondatrice
            Dr.ssa Raffaella Bocci



Sede del Corso: Ariccia (Roma)


Date del corso:

26-27-28 ottobre
9-10-11 Novembre 
18-19-20 Gennaio 

Le lezioni si terranno con il seguente orario didattico:
Venerdì dalle ore 15.00 alle ore 19.00
Sabato dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.30 alle 18.30
Domenica dalle 9.00 alle 13.00

Qualora fosse di Suo interesse, La invitiamo a compilare ed inviare il modulo di iscrizione da inviare al seguente indirizzo mail  ­info@fondazionegiorginaborgiani.org unitamente all’attestazione dell’avvenuto pagamento della quota entro il 22 Ottobre 2012.
Trascorso tale termine si consiglia di accertarsi della disponibilità di posti prima di effettuare il versamento. Sarà inviata conferma di iscrizione. 

Per informazioni:

Fondazione Giorgina Borgiani              info@fondazionegiorginaborgiani.org
                                                                       Tel. +39 3458579990

Prof.ssa M.Luisa Boninelli                      info_corsifeuerstein@virgilio.it
                                                                       Cell: +39 347- 9028180