Da Corriere.it
Il racconto di come la sindrome di Down non impedisca di crescere autonomi e studiare, grazie a un percorso
che da adesso fa anche «scuola»
MILANO - Io mi chiamo Eleonora, sono nata a Cagliari e ho nove anni. Ho il viso tondo, il naso piccolo, i capelli e gli occhi castani scuri. Sono una bambina molto simpatica, spiritosa e allegra. Io so fare molte cose: aiuto mamma a rifare il letto, apparecchio e sparecchio. Questa la mia storia». Sì, questa è la storia di Eleonora Serci. Una bambina speciale, nata sotto il segno della sindrome — o meglio della condizione genetica — di Down. Quando ha scritto questa breve presentazione di se stessa frequentava le elementari nella città natale, Cagliari. Adesso è una donna di 26 appena compiuti, che ama Vasco Rossi e i Rolling Stones, i film di Harry Potter e Mtv, i libri di David Grossman e il computer, suonare le tastiere e disegnare. Eleonora ha anche raggiunto il traguardo non facile di un diploma di «sala bar» all’Istituto alberghiero ma, come e più dei sui coetanei «normodotati», non riesce a trovare un lavoro. La sua storia ha voluto raccontarla in un libro, «Il quaderno di Eleonora» (Aipsa Edizioni), che offre una chiave di lettura tutta particolare perché in realtà ha preso corpo in due percorsi: il primo di vita e il secondo didattico. Il motivo è presto spiegato. Sua madre, Annalisa Porru, è stata insegnante. E ha pazientemente raccolto i compiti di Eleonora, dalle elementari alle medie, in dieci volumi divisi per materia e in ordine cronologico. «L’idea del libro è cresciuta in me sempre di più — dice mamma Annalisa — osservando l’interesse che i quaderni di mia figlia suscitavano nei miei amici insegnanti, nei tirocinanti e negli operatori che frequentano il Centro Down della mia città, di cui sono socia».
DISEGNI E PENSIERI - Così la storia di Eleonora scorre lungo un percorso di schede, disegni, schemi, pensierini e temi brevi. Il libro testimonia l’impegno di una bimba Down e delle sue insegnanti di sostegno. È però anche lo specchio di una famiglia capace di accogliere senza riserve Eleonora e di accompagnare il suo sviluppo, pur nella piena coscienza che l’handicap esiste e la disabilità non va negata. Le pagine sono la testimonianza di un ambiente — i parenti, il quartiere, l’associazione dei genitori e in fondo la stessa città — ancora in grado di esprimere una funzione importante di protezione e di stimolo. Partiamo dalla famiglia, allora. Papà Antonello, 60 anni, è professore associato di Ingegneria all’Università di Cagliari. Mamma Annalisa, sua coetanea, ha insegnato alle medie e Daniele, 31 anni, il fratello di Eleonora, fa il grafico pubblicitario. «Io e mio marito, poco più che trentenni, lavoravamo entrambi — racconta Annalisa Porru —. La prima situazione da affrontare è stata la salute di Eleonora che è nata prematura e ha dovuto subire un intervento chirurgico all'intestino e per nove anni è stata sottoposta a controlli periodici al cuore fino a quando anche il suo problema cardiaco è stato dichiarato risolto». Ma non solo. «Avevamo bisogno di saperne di più sulla sindrome di Down, per poter aiutare Eleonora ad affrontare le difficoltà e darle la possibilità di migliorare le sue capacità e la sua intelligenza. Così la nostra vita familiare ha avuto un nuovo inizio». Per la crescita di Eleonora è stato importante abitare in città, in una zona centrale e popolare, nello stesso palazzo della zia materna e delle cugine Benedetta, Sara e Chiara, diventate sue amiche inseparabili. È da loro che vuole sempre andare, quando non studiano, per divertirsi con i giochi di società. Altrettanto importante è stato lo sport. Nel periodo dell'infanzia Eleonora ne ha praticati tre: il nuoto, per due anni; la ginnastica ritmica, per tre; il pattinaggio, per undici. Tutte e tre le discipline hanno contribuito alla sua crescita fisica, sociale, intellettiva, educandola alla disciplina, all'attenzione e al coraggio.
RITMI PRECISI - Adesso che non studia più, la sua giornata è comunque piena di attività e scandita da ritmi precisi che lei stessa si è data: sveglia alle 8, colazione e preparazione per la passeggiata mattutina con una delle due operatrici conosciute al centro Down e divenute sue amiche. Rientro a casa per mezzogiorno, pranzo, riposino pomeridiano di un’ora, attività varie (va in palestra tre volte la settimana ed è appassionata di ginnastica aerobica) anche di aiuto in casa e di sistemazione della sua camera. Ama preparare il tè, Eleonora, e per lei è quasi una cerimonia. Dopo la cena, dalle 10 alle 11 e 30 si ritaglia uno spazio suo personale e poi si fa trovare pronta per andare a letto. «Ha una vita molto ordinata nella quale trova sicurezza — aggiunge la mamma —. Lei stessa si rende conto dei suoi limiti e a volte mi accorgo che ci soffre. Certo lei è autonoma, ma non riesce ad essere indipendente come vorrebbe. Ha sempre bisogno di qualcosa». Il suo libro è diventato fonte di sorprese. In Sardegna alcune scuole già lo utilizzano come strumento di confronto e di approfondimento didattico, mentre le richieste di acquisto fioccano soprattutto nella «Penisola». Insomma, dal resto d’Italia. Ma lei, la protagonista, cosa ne pensa? Eleonora con le parole non riesce ad esprimersi al meglio. Con l’aiuto della mamma, ha preferito scrivere. «Il libro mi piace, perché parla di me, della mia storia. Mi piace molto la prima parte, dove c'è il racconto di quando ero piccola, giocavo, andavo a scuola, facevo le gare e le gite con i compagni. Sono contenta che molti leggano il mio libro, perché ci sono io, e ci sono tante cose, parole… disegni… colori». Ecco, questa è Eleonora: solare, curiosa. E questa la sua storia.