“Quando un bambino va a scuola, è come se fosse portato nel bosco, lontano da casa. Ci sono bambini che si riempiono le tasche di sassolini bianchi, e li buttano per terra, in modo da saper trovare la strada di casa anche di notte, alla luce della luna. Ma ci sono bambini che non riescono a fare provvista di sassolini e lasciano delle briciole di pane secco come traccia per tornare a casa. E' una traccia molto fragile e bastano le formiche a cancellarla: i bambini si perdono nel bosco e non sanno più tornare a casa” (Andrea Canevaro, I bambini che si perdono nel bosco)
Il nostro bosco si chiama scuola Arcobaleno classe Giardino: non ci servono sassolini o briciole per trovare la strada, abbiamo la nostra voglia di stare insieme a prescindere da tutto e tutti. Siamo in 19 tra adulti e bambini: ognuno di noi con la propria ricchezza e le proprie difficoltà. Per alcuni è solo l’ortografia o la divisione, per altri c’è di più: la sindrome Down, le problematiche neuropsichiatriche, la disprassia, il ritardo mentale, le difficoltà di apprendimento, le difficoltà sociali, il ritardo linguistico, la paura di non farcela, di essere sbagliati, di non sapere abbastanza. MA intorno al nostro cerchio ci guardiamo e ci diciamo che ci siamo l’un per l’altro. E non resta altro da fare che darsi da fare e “agire” per “lavorare nell’ottica della speciale normalità” (Janes, 2006).
Gli alunni arrivati ormai in quinta, hanno potuto sperimentare nei 4 anni precedenti più linguaggi e più intelligenze nell’ottica dell’inclusione contando sulla presenza coordinata di insegnanti curricolari e di sostegno (ce ne sono state 2 fino allo scorso anno).
MA, da quest’anno le cose necessariamente saranno diverse, abbiamo perso una insegnante di sostegno (leggasi tagli dal ministero) e di conseguenza sarà più difficile fare provvista di sassolini e non perdersi nel bosco.
La presenza delle due insegnanti di sostegno che hanno sempre collaborato con gli insegnanti curricolari (che distinzione inutile!) ha permesso di coordinare gli interventi in modo tale da armonizzare il percorso didattico dei due alunni, entrambe hanno concorso allo sviluppo dello stesso in rapporto ai due bambini. Questo è stato dovuto alla necessità di ottimizzare interventi e qualità degli stessi anche in presenza (alternata) di una insegnante di sostegno su un alunno e di un’operatrice OS sull’altro. Il PEI è sempre stato condiviso a livello di team di classe e in collaborazione con le famiglie anche in previsione di un importante intervento finalizzato all’autonomia dei due alunni anche in contesti non noti. La loro presenza ha permesso non solo di individualizzare le attività, ma soprattutto di personalizzarle e di lavorare in ottica inclusiva senza perdere di vista le specificità cognitive, emotive e relazionali di entrambi e degli altri compagni di classe. MA ora?
Ora la cosa si fa difficile, una sola insegnante, seppur sempre in collaborazione con i docenti del team dovrà affrontare la giornata scolastica ponendosi una scelta di fondo: individualizzazione o personalizzazione o gruppo. Questi tre modi didattici di procedere saranno opzionali e non strumentali a far il meglio per quell’alunno. Per non parlare di quando solo un assistente OS sarà presente.
Quanto lo sguardo dell’adulto potrà tener conto delle loro esigenze didattiche?
Nella nostra classe, da sempre, la metodologie didattica per eccellenza adottata è stata quella del Cooperative Learning e nella fattispecie della metodologia della Cohen, che permette di lavorare sui diversi status degli alunni a prescindere da capacità intellettive, fisiche, sociale,… così come il peer tutoring e lo scaffolding degli alunni più esperti a quelli con minor esperienza nella certezza che ciascuno di loro ha abilità e competenze diverse da condividere, ma per far tutto ciò sono necessarie anche risorse umane. MA si poteva contare su uno sguardo plurale e attento a tutte le specificità.
L’invito di Janes è a lavorare nella speciale normalità, MA l’accento su speciale è necessario e non va sottostimato: speciale significa anche procedere con una cura attenta, ascoltare il singolo, costruire sfruttando le sue potenzialità. MA l’ascolto a scuola non è cosa da un minuto e via, ha bisogno di tempo e di tempo costruito insieme.
Può un bambino disabile avere questo tempo da chi è impegnato ad ascoltare più diversità speciali? Può solo a condizione di lasciare qualcosa alle spalle, di prendere scorciatoie, di saltellare tra gli sguardi, … di sopravvivere: nulla di più sebbene con tutta la preparazione di questo mondo.
Insegnare (da insignare) vuol dire imprimere un segno nel cervello, educare (da educere) significa trarre fuori, allevare condurre: l’insegnante di sostegno unico deve scegliere tra questi due modi di intendere il suo lavoro: l’uno esclude l’altro.
L’uno si concentra sul singolo, l’altro si concentra sulla persona in rapporto agli altri e al mondo. Quest’ultimo però è l’unico modo per lavorare in ottica inclusiva: non ce ne sono altri.
Il periodo della scuola dell’obbligo è uno dei periodi più importanti per questi bambini in termini non solo di autonomie personali, ma di autonomie sociali, relazionali, emozionali: uno sguardo speciale serve, non è un opzional.
Condurre ora nel modo migliore, è un guadagno per il compagno di banco di oggi così come per la società di domani.
Spesso tra noi maestri capita di dirci guardando alcuni bambini: - Si vede che non sono abituati ad avere compagni con disabilità! Questa non vuole essere una battuta, ma solo la constatazione di come un bambino, cosiddetto normodotato, affini le sua abilità relazionali, sociali e emozionali quando vive a contatto con bambini speciali che magari quotidianamente aiuta nella ricerca di quei sassolini che permettono al secondo di ritrovare la strada di casa.
Uno sguardo multiplo, moltiplica le possibilità di crescita dei bambini con disabilità e non; aiuta a conoscere meglio chi si ha dinanzi, a comprendere, a trovare le vie migliori per farlo diventare parte del gruppo in termini sociali e cognitivi, a scoprire le qualità nascoste o velate allo sguardo frettoloso.
Tutto ciò si può costruire solo nel rispetto delle diversità di sguardi, di approcci, di osservazioni, di analisi attenta delle esigenze del singolo: non ci sono scorciatoie che tengono!
INVESTIRE nel futuro di questi bambini è INVESTIRE nel futuro di tutti.