A poco più di un mese dalla presentazione ufficiale del Rapporto “Gli alunni con
disabilità nella scuola italiana: bilancio e proposte” di Associazione Treellle,
Caritas Italiana, Fondazione Agnelli, edito Edizioni Centro Studi Erickson, l’eco
suscitata dal capitolo 5 del Rapporto è stata davvero notevole, sia nella stampa sia
nei vari Social Network e blog, per arrivare allo scambio di idee nelle associazioni
professionali e scientifiche.
Di questo fermento e di questa discussione sono particolarmente contento, perché era
uno degli obiettivi che il Rapporto si poneva, pensando che da sempre Pólemos è il
padre di tutte le cose... Soprattutto di quelle più difficili e che ci stanno
particolarmente a cuore, come in questo caso l’integrazione scolastica degli alunni
con disabilità.
Sentendo direttamente le prime impressioni sul Rapporto, ho colto condivisione su
alcune parti del Rapporto, accanto a varie perplessità, timori, paure e scetticismo.
Queste reazioni mi hanno spinto ad allargare ulteriormente la conoscenza degli
elementi fondamentali di questa proposta sottolineando che l’integrazione non è in
discussione, ma la sua realizzazione è spesso insoddisfacente .
Nel Rapporto non si dubita mai del valore civile dell’integrazione, né degli sforzi
e della buona volontà che migliaia e migliaia di persone vi profondono ogni giorno.
Di questo non si discute, come non si discute del fatto che esistono molte
esperienze di ottima integrazione.
Il problema sta purtroppo nella realizzazione su larga scala di un’integrazione
sufficientemente buona, in modo che i diritti di tutti gli alunni con disabilità
siano realmente esigibili e soddisfatti, in ogni parte del nostro Paese e in ogni
ordine di scuola. L’integrazione scolastica efficace non è ancora diventata
un’«istituzione» reale nel nostro sistema formativo.
Nella ormai pluridecennale storia dell’integrazione scolastica degli alunni con
disabilità, nonostante il suo indiscutibile valore civile, i notevoli investimenti
in risorse finanziarie e umane, gli sforzi e la buona volontà di tanti insegnanti e
operatori, e alcune ottime esperienze di buona integrazione, il sistema scuola nel
suo complesso non è ancora riuscito a creare efficaci prassi che rispondano in modo
equo e stabile ai diritti degli alunni con disabilità e delle loro famiglie.
Il punto del Rapporto che più di altri ha fatto discutere è l'evoluzione
dell'attuale figura dell'insegnante di sostegno. L’ipotesi progettuale prevede il
passaggio degli insegnanti di sostegno all’organico normale delle scuole e
contemporaneamente la creazione di un congruo numero di insegnanti «specialisti» ad
alta competenza, con un profilo professionale ad hoc, formati al massimo livello e
stabili nel loro ruolo.
Questi specialisti sono figure professionali a tempo pieno, in grado di formare e
supervisionare le varie componenti scolastiche, fornendo loro competenze chiave per
un’efficace didattica dell’integrazione. Gli insegnanti specialisti non hanno ore di
lavoro didattico diretto con gli alunni con disabilità, sono operativi su base
territoriale, prestando la loro opera itinerante in una serie di scuole, e hanno
sede nel Centro Risorse per l’Integrazione (CRI).
In questo modo la figura dell’insegnante di sostegno come la conosciamo si sdoppia
in due dimensioni operative: la gran parte di essi diventa insegnante curricolare
contitolare a tutti gli effetti, assegnato alla scuola, e una ristretta parte,
rigorosamente selezionata e formata, entra in una dimensione consulenziale tecnica
ad alta competenza.
Ecco, a mio avviso, la parte più forte della proposta del Rapporto: il superamento
radicale della figura dell’insegnante di sostegno per come la conosciamo.
Contemporaneamente a un organico «normalmente» potenziato, le scuole avrebbero a
disposizione il lavoro tecnico di insegnanti specialisti davvero in grado di fornire
quelle risorse metodologiche per far diventare la «normalità più speciale».
Queste dunque sono le linee progettuali del nuovo modello, con i punti fermi da cui
partono e gli scenari che intendono realizzare. Troppo lontane dalla situazione
attuale? Troppo pericolose? Troppo destabilizzanti? Troppo scomode per chi vuole
vivere solo di rendita di posizione?
Alla fine di questo commento mi piacerebbe che, in tutta onestà intellettuale, il
lettore riconoscesse alla proposta, anche se fosse nel più completo disaccordo in
merito ai suoi vari aspetti, l’obiettivo positivo e costruttivo di realizzare
compiutamente un’integrazione scolastica di qualità, in nome dei diritti degli
alunni con disabilità e delle loro famiglie, attraverso un cambiamento radicale che
innovi concettualmente in modo profondo e non si accontenti di resistere in trincea
ai continui tagli della politica scolastica governativa.
Per questo il mio invito è “Iniziamo a discuterne” su internet, sui giornali e all'
8° Convegno Internazionale La Qualità dell'integrazione Scolastica e Sociale di
Rimini.
Dario Ianes
Università di Bolzano