Potenziamento che avviene grazie ad un tipo di ‘relazione’ tra l’applicatore del metodo e il bambino, che viene chiamata Esperienza di Apprendimento Mediato.
Ma, che cos’è questa Esperienza?
Il primo passo da compiere è l’identificazione di quali sono i punti di debolezza (da rafforzare) che determinano funzioni cognitive non adeguatamente sviluppate.
Tali punti di debolezza (insieme ovviamente, ai punti di forza del bambino) vengono valutati con dei test specifici che misurano il potenziale cognitivo individuando come lavorano le funzioni cognitive del bambino nella risoluzione di problemi.
Le funzioni cognitive possono essere carenti:
- nel momento di ‘entrata’ dell’input da elaborare, quindi sono funzioni carenti nel momento in cui il bambino deve raccogliere tutti i dati necessari che lo porteranno alla riuscita del compito;
- nel momento di elaborazione, che si verifica dopo la raccolta dei dati quando il bambino pensa ad una possibile soluzione;
- nel momento della risposta, cioè quando il bambino dopo aver raccolto i dati e dopo averli elaborati deve ‘trasformare’ ciò che ha ‘raccolto ed elaborato’ in una risposta che sarà poi il risultato al compito.
E’ possibile trovare delle carenze sia in tutte e tre le fasi, sia in due di esse che in una sola. Anche se la difficoltà è in una sola delle fasi, questa può influenzare pesantemente l’efficacia delle altre. E, comunque sia, la risposta sarà non corretta.
Spesso, quando le carenze sono tante, i bambini vengono valutati aventi ritardo cognitivo.
Feuerstein è un convinto sostenitore che le capacità cognitive possono essere potenziate, basandosi sul principio che l’intelligenza non è un fattore predeterminato e stabile, ma un elemento che può evolversi.
L’applicatore del metodo Feuerstein, quindi, si ‘frappone’ in diversi punti del momento dell’apprendimento con la funzione di ‘mediatore’.
In pratica in uno schema di Stimolo-Organismo(bambino)-Risposta, il mediatore (H) si posiziona così:
H – Stimolo – H – Organismo – H – Risposta - H
Il mediatore quindi si interpone tra gli stimoli e l’organismo che li riceve, selezionandoli, organizzandoli, suddividendoli, per fare in modo che l’organismo-bambino apprenda nel modo che per lui è più adeguato e diventi consapevole di se stesso e del proprio modo di ragionare per arrivare ad una autonomia nell’apprendere tipico di chi è giudicato intelligente.
Un esempio per semplificare, preso da uno dei libri di Nessia Laniado:
"abbiamo fretta. Come al solito, siamo in ritardo di quei cinque minuti, indispensabili per poter arrivare in tempo ad un appuntamento alla mutua che non possiamo assolutamente posticipare, pena perdere il turno in una coda interminabile. Marco, 4 anni, è lì con il cappottino di traverso perché, come al solito, ha infilato i bottoni nelle asole sbagliate".
Come ci comportiamo?
Possiamo azzardare due ipotesi principali:
- inteneriti, ci chiniamo, gli diamo un bacio e, in un baleno, aggiustiamo il ‘pasticcio’;
- siamo irritati per il contrattempo. Sbuffando, strapazziamo Marco, gli mettiamo a posto il cappottino e usciamo.
In entrambi i casi, il nostro scopo è ottenuto: arriviamo in tempo per l’appuntamento.
Ma a quale prezzo? In entrambi i modo Marco non ha imparato ha infilare i bottoni nelle asole giuste. In più, gli abbiamo comunicato tramite i nostri comportamenti:
- ‘non preoccuparti, ci sarà sempre qualcuno a tirarti fuori dai pasticci’;
- ‘sei un buono a nulla: se non ci sono io, non sei nemmeno capace di abbottonarti il cappotto’.
C’è però una terza possibilità!
Qualcuno, potrebbe interpretare le esperienze di Marco, riordinarle, organizzarle, raggrupparle frapponendosi tra lui e ‘i bottoni’ per fare in modo che riesca da solo a capire come poter fare per allacciarli bene.
Come?
Pensando semplicemente alle operazioni mentali che sono necessarie per eseguire l’azione del ‘abbottonarsi il cappotto’:
- decidere di accostar i due lati del cappotto: quello con le asole e quello con i bottoni;
- andare al primo bottone e alla prima asola, allineandoli;
- infilare il bottone nell’asola;
- e continuare così con il resto dei bottoni;
- controllare, alla fine, di non aver saltato nessuna asola.
In questo modo avremmo potuto creare una Esperienza di Apprendimento Mediato e Marco avrebbe avuto delle possibilità in più ad imparare da solo. (Se si ha proprio fretta, ci si può ripromettere di insegnarglielo in un altro momento).
Sicuramente Marco avrebbe prima o poi imparato da solo ad abbottonarsi bene il cappotto, ma l’Esperienza di Apprendimento Mediato lo avrebbe predisposto ad imparare nuove cose con motivazione ed entusiasmo e gli avrebbe insegnato la capacità di apprendere da solo.
La mediazione fatta con intenzionalità, reciprocità, trascendenza e trascendenza del significato crea l’Esperienza di Apprendimento Mediato.
articolo scritto da Dr.ssa Paola Romitellitratto da www.prisma.org
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