lunedì 29 novembre 2010
Iniziative sociali promosse dal Centro per lo sviluppo delle abilità Cognitive
Carissimi
inoltro, ben volentieri e chiedo a tutti voi di coinvolger quanti possano esserne interessati per supportare le iniziative promosse dal Centro per lo Sviluppo delle abilità Cognitive Coop.Soc., il cui ricavato servirà per realizzare il progetto Club dei Ragazzi.
Buongiorno,
vogliamo segnalare nel nostro sito www.sviluppocognitivo.it alcune importanti novità:
1. 1. Nella sezione Natale 2010 è possibile acquistare regali solidali che possono essere spediti al proprio domicilio in porto franco. Vi segnaliamo in particolare maglie eleganti e sottogiacca con il logo ricamato a mano della nostra Cooperativa Sociale. Vi invitiamo a visitare tutti i prodotti creati per noi dall’artista LUCIA OLIVA. Il ricavato delle vendite è interamente destinato al progetto IL CLUB DEI RAGAZZI. Sono disponibili anche biglietti d’auguri di Natale, panettoni e pandori (questi ultimi al costo di € 10).
2. Cena ebraica 13 dicembre 2010 presso casa di Riposo Sandro Pertini dove verranno svolte da gennaio 2010 le attività del Club dei Ragazzi descritto nel sito. Potete scaricare il pdf e portare i vostri amici. Il ricavato è destinato al progetto del CLUB DEI RAGAZZI. Speriamo di vedervi numerosi per una serata particolare in cui apprendere anche aspetti culturali della tavola ebraica!
3. A breve verranno pubblicate le date dei nostri corsi di formazione che si svolgeranno nel 2011 (PAS I e II livello, PAS BASIC I e II, Giochiamo Insieme). Vi invieremo specifica informativa.
Un cordiale saluto e grazie della vostra attenzione.
Per ulteriori informazioni non esitate a contattarmi al seguente indirizzo mail: m.boninelli@unive.it
domenica 21 novembre 2010
Bressanone, 1° Convegno Nazionale Integrazione e l'inclusione Scolastica
Carissimi,
ho il piacere di comunicarvi che parteciperò, come relatore all'interno del Workshop Strategie Individualizzate per l'integrazione, al 1° Convegno Nazionale sull'Integrazione e l'Inclusione Scolastica, organizzato dall'Università di Bressanone.
Per ulteriori informazioni potete contattarmi al seguente indirizzo mail: m.boninelli@unive.it
martedì 16 novembre 2010
Lettera di una mamma sui disturbi dell'apprendimento pubblicata sul Corriere della Sera
Da Nadia Scarnecchia:
Vorrei sottoporre alla Vostra attenzione la lettera di una mamma, pubblicata sul Corriere della Sera in data 13/11/2010 e la risposta di Isabella Bossi Fedrigotti.
"Gentilissima signora Fedrigotti, possiamo accantonare per un momento le piste ciclabili, gli scavi interminabili dei parcheggi, le ruote panoramiche, per parlare nuovamente del disagio di alunni portatori di Dsa? Nella nostra bella Milano, nei nostri rinomati licei quale è il prezzo da pagare per chi ha la sfortuna di essere dislessico conclamato? Il prezzo è quello che ragazzi normo intelligenti sono costretti a pagare perché non sono accettati da professori che non vogliono sentire parlare di dislessia poiché per loro è un intralcio. Si liquidano i genitori dicendo che il liceo «tal de' tali» ha obiettivi alti e quindi il figliolo è tagliato fuori, meglio che cerchi un altro indirizzo o un altro istituto. Dandogli praticamente del deficiente, non applicano le norme compensative (dicendo di averlo fatto) tanto chi può contraddire e contestare il loro operato? I danni che questo atteggiamento provoca sono devastanti sull'autostima che crolla miseramente, ma anche gli anni scolastici persi danneggiano la psiche dei ragazzi che si sentono prima incompresi e dopo inadeguati. I professori che disattendono l'applicazione della nuova legge vigente dovrebbero stare molto attenti poiché, prima o poi, a pagare un prezzo elevato per incompetenza saranno proprio loro. Avevo già scritto l'anno scorso, ero speranzosa, ma con l'ennesimo cambio di professori tutto è precipitato miseramente. Spero che voi come Corriere possiate fare arrivare in alto le mille voci - frustrate e impotenti - dei ragazzi che soffrono di dislessia.
Liliana
Possiamo accantonare, certo, per parlare del problema delle dislessia. Si sa, purtroppo, che una parte dei professori ancora incontra difficoltà con gli studenti che ne soffrono, scambiandola magari con poca voglia di impegnarsi, ragione per cui molti genitori sono indotti a cambiare scuola ai loro figli, in cerca di un sistema d'insegnamento diverso nonché di insegnanti che i dislessici, li sappiano, invece, accogliere e sostenere. Qualcuno trova rifugio in scuole private, altri in istituti meno rampanti. Non molti sono quelli che tengono duro là dove non c'è sufficiente attenzione per il problema. Detto questo - e il mio discorso ha carattere del tutto generale - le iscrizioni di quest'anno confermano che la corsa ai licei non accenna a diminuire. E sono di solito i genitori a imporre questa scelta che ha per unico sbocco l'università, spesso in spregio alle effettive capacità dei ragazzi. Mentre ci sono ottimi istituti tecnici e professionali dagli innumerevoli orientamenti che, tra l'altro, scongiurano lo spettro della disoccupazione meglio di vari tipi di facoltà universitarie.
Isabella Bossi Fedrigotti (ibossi@corriere.it)"
Confido nella Vostra colaborazione, affinchè questa lettera possa circolare, non per creare pregiudizio o diffidenza verso i docenti, ma perchè sia un utile spunto di riflessione per gl'insegnanti, per genitori e per gli alunni.
Questo è il mio parere, chiaramente opinabile, in quanto riflessione personale e non verità assiomatica:
"Penso che gli insegnanti debbano essere prima di tutto educatori sensibili, poi anche promotori di sapere. E' doveroso e rispettoso permettere ai ragazzi con D.S.A. l'uso degli strumenti compensativi e dispensativi, oltretutto si è "lottato" tanto per arrivare a questo traguardo. E' chiaro che la presenza in classe di un ragazzo con D.S.A. costringe il docente a rivedere alcune modalità didattiche, ma chi sceglie il mestiere di docente deve essere consapevole che gli studenti non sono tutti uguali ed ognuno ha i suoi modi di apprendere, una differente sensibilità, interessi diversi.
E' giusto che qualora un ragazzo non dovesse essere portato o non avesse interesse nei confronti del liceo, il genitore non lo spinga a frequentarlo (ma questo rientra nell'ambito del rispetto dell'individualità), però la discriminante a mio avviso non deve essere l'avere un D.S.A. o non averlo."
Per ulteriori informazioni nel poter creare una didattica di tipo inclusivo per gli alunni con D.S.A. potete contattarmi al seguente indirizzo mail: m.boninelli@unive.it
Vorrei sottoporre alla Vostra attenzione la lettera di una mamma, pubblicata sul Corriere della Sera in data 13/11/2010 e la risposta di Isabella Bossi Fedrigotti.
"Gentilissima signora Fedrigotti, possiamo accantonare per un momento le piste ciclabili, gli scavi interminabili dei parcheggi, le ruote panoramiche, per parlare nuovamente del disagio di alunni portatori di Dsa? Nella nostra bella Milano, nei nostri rinomati licei quale è il prezzo da pagare per chi ha la sfortuna di essere dislessico conclamato? Il prezzo è quello che ragazzi normo intelligenti sono costretti a pagare perché non sono accettati da professori che non vogliono sentire parlare di dislessia poiché per loro è un intralcio. Si liquidano i genitori dicendo che il liceo «tal de' tali» ha obiettivi alti e quindi il figliolo è tagliato fuori, meglio che cerchi un altro indirizzo o un altro istituto. Dandogli praticamente del deficiente, non applicano le norme compensative (dicendo di averlo fatto) tanto chi può contraddire e contestare il loro operato? I danni che questo atteggiamento provoca sono devastanti sull'autostima che crolla miseramente, ma anche gli anni scolastici persi danneggiano la psiche dei ragazzi che si sentono prima incompresi e dopo inadeguati. I professori che disattendono l'applicazione della nuova legge vigente dovrebbero stare molto attenti poiché, prima o poi, a pagare un prezzo elevato per incompetenza saranno proprio loro. Avevo già scritto l'anno scorso, ero speranzosa, ma con l'ennesimo cambio di professori tutto è precipitato miseramente. Spero che voi come Corriere possiate fare arrivare in alto le mille voci - frustrate e impotenti - dei ragazzi che soffrono di dislessia.
Liliana
Possiamo accantonare, certo, per parlare del problema delle dislessia. Si sa, purtroppo, che una parte dei professori ancora incontra difficoltà con gli studenti che ne soffrono, scambiandola magari con poca voglia di impegnarsi, ragione per cui molti genitori sono indotti a cambiare scuola ai loro figli, in cerca di un sistema d'insegnamento diverso nonché di insegnanti che i dislessici, li sappiano, invece, accogliere e sostenere. Qualcuno trova rifugio in scuole private, altri in istituti meno rampanti. Non molti sono quelli che tengono duro là dove non c'è sufficiente attenzione per il problema. Detto questo - e il mio discorso ha carattere del tutto generale - le iscrizioni di quest'anno confermano che la corsa ai licei non accenna a diminuire. E sono di solito i genitori a imporre questa scelta che ha per unico sbocco l'università, spesso in spregio alle effettive capacità dei ragazzi. Mentre ci sono ottimi istituti tecnici e professionali dagli innumerevoli orientamenti che, tra l'altro, scongiurano lo spettro della disoccupazione meglio di vari tipi di facoltà universitarie.
Isabella Bossi Fedrigotti (ibossi@corriere.it)"
Confido nella Vostra colaborazione, affinchè questa lettera possa circolare, non per creare pregiudizio o diffidenza verso i docenti, ma perchè sia un utile spunto di riflessione per gl'insegnanti, per genitori e per gli alunni.
Questo è il mio parere, chiaramente opinabile, in quanto riflessione personale e non verità assiomatica:
"Penso che gli insegnanti debbano essere prima di tutto educatori sensibili, poi anche promotori di sapere. E' doveroso e rispettoso permettere ai ragazzi con D.S.A. l'uso degli strumenti compensativi e dispensativi, oltretutto si è "lottato" tanto per arrivare a questo traguardo. E' chiaro che la presenza in classe di un ragazzo con D.S.A. costringe il docente a rivedere alcune modalità didattiche, ma chi sceglie il mestiere di docente deve essere consapevole che gli studenti non sono tutti uguali ed ognuno ha i suoi modi di apprendere, una differente sensibilità, interessi diversi.
E' giusto che qualora un ragazzo non dovesse essere portato o non avesse interesse nei confronti del liceo, il genitore non lo spinga a frequentarlo (ma questo rientra nell'ambito del rispetto dell'individualità), però la discriminante a mio avviso non deve essere l'avere un D.S.A. o non averlo."
Per ulteriori informazioni nel poter creare una didattica di tipo inclusivo per gli alunni con D.S.A. potete contattarmi al seguente indirizzo mail: m.boninelli@unive.it
Il Metodo Feuerstein e l'Esperienza di Apprendimento Mediato
Potenziamento che avviene grazie ad un tipo di ‘relazione’ tra l’applicatore del metodo e il bambino, che viene chiamata Esperienza di Apprendimento Mediato.
Ma, che cos’è questa Esperienza?
Il primo passo da compiere è l’identificazione di quali sono i punti di debolezza (da rafforzare) che determinano funzioni cognitive non adeguatamente sviluppate.
Tali punti di debolezza (insieme ovviamente, ai punti di forza del bambino) vengono valutati con dei test specifici che misurano il potenziale cognitivo individuando come lavorano le funzioni cognitive del bambino nella risoluzione di problemi.
Le funzioni cognitive possono essere carenti:
- nel momento di ‘entrata’ dell’input da elaborare, quindi sono funzioni carenti nel momento in cui il bambino deve raccogliere tutti i dati necessari che lo porteranno alla riuscita del compito;
- nel momento di elaborazione, che si verifica dopo la raccolta dei dati quando il bambino pensa ad una possibile soluzione;
- nel momento della risposta, cioè quando il bambino dopo aver raccolto i dati e dopo averli elaborati deve ‘trasformare’ ciò che ha ‘raccolto ed elaborato’ in una risposta che sarà poi il risultato al compito.
E’ possibile trovare delle carenze sia in tutte e tre le fasi, sia in due di esse che in una sola. Anche se la difficoltà è in una sola delle fasi, questa può influenzare pesantemente l’efficacia delle altre. E, comunque sia, la risposta sarà non corretta.
Spesso, quando le carenze sono tante, i bambini vengono valutati aventi ritardo cognitivo.
Feuerstein è un convinto sostenitore che le capacità cognitive possono essere potenziate, basandosi sul principio che l’intelligenza non è un fattore predeterminato e stabile, ma un elemento che può evolversi.
L’applicatore del metodo Feuerstein, quindi, si ‘frappone’ in diversi punti del momento dell’apprendimento con la funzione di ‘mediatore’.
In pratica in uno schema di Stimolo-Organismo(bambino)-Risposta, il mediatore (H) si posiziona così:
H – Stimolo – H – Organismo – H – Risposta - H
Il mediatore quindi si interpone tra gli stimoli e l’organismo che li riceve, selezionandoli, organizzandoli, suddividendoli, per fare in modo che l’organismo-bambino apprenda nel modo che per lui è più adeguato e diventi consapevole di se stesso e del proprio modo di ragionare per arrivare ad una autonomia nell’apprendere tipico di chi è giudicato intelligente.
Un esempio per semplificare, preso da uno dei libri di Nessia Laniado:
"abbiamo fretta. Come al solito, siamo in ritardo di quei cinque minuti, indispensabili per poter arrivare in tempo ad un appuntamento alla mutua che non possiamo assolutamente posticipare, pena perdere il turno in una coda interminabile. Marco, 4 anni, è lì con il cappottino di traverso perché, come al solito, ha infilato i bottoni nelle asole sbagliate".
Come ci comportiamo?
Possiamo azzardare due ipotesi principali:
- inteneriti, ci chiniamo, gli diamo un bacio e, in un baleno, aggiustiamo il ‘pasticcio’;
- siamo irritati per il contrattempo. Sbuffando, strapazziamo Marco, gli mettiamo a posto il cappottino e usciamo.
In entrambi i casi, il nostro scopo è ottenuto: arriviamo in tempo per l’appuntamento.
Ma a quale prezzo? In entrambi i modo Marco non ha imparato ha infilare i bottoni nelle asole giuste. In più, gli abbiamo comunicato tramite i nostri comportamenti:
- ‘non preoccuparti, ci sarà sempre qualcuno a tirarti fuori dai pasticci’;
- ‘sei un buono a nulla: se non ci sono io, non sei nemmeno capace di abbottonarti il cappotto’.
C’è però una terza possibilità!
Qualcuno, potrebbe interpretare le esperienze di Marco, riordinarle, organizzarle, raggrupparle frapponendosi tra lui e ‘i bottoni’ per fare in modo che riesca da solo a capire come poter fare per allacciarli bene.
Come?
Pensando semplicemente alle operazioni mentali che sono necessarie per eseguire l’azione del ‘abbottonarsi il cappotto’:
- decidere di accostar i due lati del cappotto: quello con le asole e quello con i bottoni;
- andare al primo bottone e alla prima asola, allineandoli;
- infilare il bottone nell’asola;
- e continuare così con il resto dei bottoni;
- controllare, alla fine, di non aver saltato nessuna asola.
In questo modo avremmo potuto creare una Esperienza di Apprendimento Mediato e Marco avrebbe avuto delle possibilità in più ad imparare da solo. (Se si ha proprio fretta, ci si può ripromettere di insegnarglielo in un altro momento).
Sicuramente Marco avrebbe prima o poi imparato da solo ad abbottonarsi bene il cappotto, ma l’Esperienza di Apprendimento Mediato lo avrebbe predisposto ad imparare nuove cose con motivazione ed entusiasmo e gli avrebbe insegnato la capacità di apprendere da solo.
La mediazione fatta con intenzionalità, reciprocità, trascendenza e trascendenza del significato crea l’Esperienza di Apprendimento Mediato.
articolo scritto da Dr.ssa Paola Romitellitratto da www.prisma.org
I° Convegno Nazionale sull'Integrazione e l'inclusione scolastica, Bressanone 2010
condivido con tutti voi, il messaggio ricevuto dal Prof.re Dario Ianes per il convegno che si terrà a Bressanone Venerdì 26 Novembre 2010.
"Cari amici,
abbiamo un'occasione di condivisione che vi invito a non perdere: tra pochi giorni ci sarà il nostro Convegno Integrazione e inclusione scolastica a Bressanone.
Una giornata intensa: plenaria al mattino e 17 workshop al pomeriggio...certo non sarà come il Convegno di Rimini, ma lo spirito sarà quello! Lo spirito di chi crede che un'integrazione di qualità sia un valore irrinunciabile e ...come dice Morin, "Ciò che non si rigenera, degenera!" e noi non vogliamo veder degenerare, giorno dopo giorno, l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità! ARRIVEDERCI A BRESSANONE! "
D.Ianes
giovedì 11 novembre 2010
La storia del Centro per lo sviluppo delle abilità cognitive.
condivido con tutti voi, la presentazione iniziale del Centro per lo Sviluppo delle abilità Cognitive Coop. Soc. di Nicoletta Lastella, con cui ho il piacere di collaborare nella formazione, nella divulgazione e applicazione del metodo del Prof. Reuven Feuerstein.
Il Centro per lo Sviluppo delle Abilità Cognitive nasce dalla volontà di una mamma e di un papà (Giovanni e Nicoletta) di una persona disabile (Davide, nato nel 1993) di promuovere la Pedagogia della Mediazione elaborata dal Prof. Reuven Feuerstein ad altre famiglie, raccogliendo fondi per la formazione al metodo Feuerstein per i genitori e per l’applicazione del metodo ai loro figli.
La Cooperativa nasce il 22 marzo 2010 a seguito di un viaggio anni fa a Gerusalemme di questa famiglia presso il Centro ICELP di Gerusalemme nel quale Davide ha potuto beneficiare di un programma di riabilitazione cognitiva unico nel suo genere che gli ha consentito negli anni, con l’impegno dei genitori che si sono formati al metodo Feuerstein, di frequentare la scuola senza particolari problemi nello svolgimento del programma di classe (ha sempre svolto infatti un programma equipollente).
Oggi Davide frequenta la seconda superiore e gioca agonisticamente a rugby, si muove da solo per la sua città di Garbagnate Milanese ed è autonomo nell’utilizzo dei mezzi pubblici casa - scuola.
I genitori di Davide, hanno cercato negli anni delle persone amiche e sensibili che potessero condividere con loro il sogno di fondare una cooperativa sociale che aiutasse i genitori italiani ad essere supportati da questa metodologia che si fonda su postulati di speranza e su convinzioni precise, che hanno guidato tutta la vita e il lavoro dello psicologo Reuven Feuerstein:
1. Gli esseri umani sono modificabili
2. L’individuo che sto educando è modificabile
3. Io sono in grado di modificare l’individuo
4. Io stesso sono una persona che può e deve essere modificata
5. La società è modificabile e deve essere modificata
La modificabilità a cui Feuerstein si riferisce è principalmente una modificabilità cognitiva strutturale, che genera progressi strutturali nell’intelligenza di tutte le persone. In particolare, lavorando lungamente con persone con disabilità cognitiva, Feuerstein si accorse di quanto il cervello dell’uomo è plastico e flessibile, appunto modificabile, in grado di creare strutture cerebrali nuove che possono generale autonomia e superamento della disabilità. Oggi questo dato esperienziale del Professore è divenuto oggetto di ricerca scientifica, le neuroscienze appunto, che studiano quanto l’influenza dell’ambiente può modificare l’intelletto dell’uomo.
Al fine di ottenere la modificabilità cognitiva strutturale della persona, Feuerstein si mise allo studio di un programma di valutazione delle potenzialità cognitive (Learning Propensity Assessment Device, L.P.A.D.) e di riabilitazione cognitiva (Programma di Arricchimento Strumentale, P.A.S.) i quali, nelcorso degli anni, confermarono la sua intuizione, ovvero che è possibile generare piena autonomia di pensiero nelle persone disabili attraverso un intervento specifico che insegni loro come utilizzare pienamente tutte le funzioni cognitive di cui l’uomo è dotato e, di conseguenza, generare autonomia nella vita quotidiana della persona. In breve Feuerstein capì che, attraverso una strumentazione specifica, si può insegnare alle persone ad imparare ad imparare.
La Cooperativa Sociale è nata per divulgare questa grande opera del Professor Feuerstein a tutti coloro che si occupano di famiglie di persone disabili cognitive, affinchè il motto del Professore “Sta’ sicuro, c’è speranza” arrivi ad un numero più alto possibile di famiglie. Feuerstein è sempre stato convinto che la famiglia può fare molto, si può dire tutto, per modificare l’intelligenza del proprio figlio.
E’ uno stile di vita da apprendere con pazienza, uno stile in cui l’attenzione a tutto ciò che può servire per imparare ad imparare fa parte dell’educazione che i genitori forniscono ai propri figli.
Il Centro è anche in convenzione con il Centro d’Eccellenza per la Didattica e la Formazione Avanzata dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e sta aprendo una nuova collaborazione con l’ospedale San Raffaele di Milano e la sua Facoltà di Psicologia a proposito degli studi sulla modificabilità dell’intelligenza in soggetti con disabilità cognitiva.
La Cooperativa si occupa, oltre che di divulgare il metodo Feuerstein attraverso una serie di iniziative mirate (conferenze gratuite, dimostrazioni di utilizzo degli Strumenti del PAS e dell’ LPAD, produzione di materiale informativo sul metodo Feuerstein, un progetto per il tempo libero e l’autonomia delle persone disabili, un progetto per insegnare ai genitori il gioco cognitivo) di promuovere la raccolta fondi per le sue attività istituzionali di formazione e di applicazione del metodo: corsi di formazione al PAS e applicazioni di vario genere del PAS e dell’LPAD a bambini, ragazzi e adulti, attività che la Cooperativa cerca sempre di offrire con il minor costo possibile per le famiglie attraverso una raccolta mirata di fondi su progetti specifici.
Le attività della Cooperativa possono essere suddivise in quattro parti:
a. Attività di divulgazione e promozione del metodo Feuerstein e di tutte le opportunità di miglioramento dell’autonomia delle persone con difficoltà di apprendimento
b. Attività di formazione e di applicazione del metodo Feuerstein in convenzione con l’Università di Venezia e in collaborazione con l’università del San Raffaele di Milano.
c. Attività di potenziamento cognitivo attraverso attività specifiche per il supporto ai bambini, ai ragazzi, alle loro famiglie, agli educatori e agli insegnanti.
d. Attività di vario genere per la raccolta fondi e la presentazione di progetti per le attività istituzionali della Cooperativa.
Per ulteriori informazioni vi invito a visitare il seguente sito internet www.sviluppocognitivo.it
Rimango come sempre a vostra disposizione per qualsiasi dubbio o chiarimento al seguente indirizzo mail: m.boninelli@unive.it
martedì 9 novembre 2010
Video: tutti a bordo dislessia
Carissimi,
condivido con tutti voi il video creato dalla collega Francesca Storace sulla Dislessia.
rimango come sempre a vostra disposizione per qualsiasi dubbio o chiarimento riguardo i Disturbi Specifici di apprendimento e alle modalità compensative e dispensative al seguente indirizzo mail:
m.boninelli@unive.it
Bisogni educativi Speciali ed inclusione: buone prassi e modalità di lavoro
Accanto al 2-3% di alunni diversamente abili "certificati" c'è un altro 15-20% di alunni che presentano vari tipi di " Bisogni Educativi Speciali": alunni con disturbo specifico dell'apprendimento quali ad esempio dislessia, discalculia etc, alunni con difficoltà psicologiche, comportamentali e relazionali, alunni iperattivi, alunni che presentano svantaggio sociale e varie differenze linguistiche, culturali e non per ultime etniche.
Una scuola per essere davvero inclusiva per tutti i suoi alunni deve tenere conto di tutte queste diversità presenti all'interno dei contesti classe. Per questo motivo si osserva una sempre più emergente necessità di cogliere in tempo le differenze e i bisogni speciali in modo da poter organizzare una didattica il più possibile efficace e vicina alle reali esigenze di tutti gli studenti.
Il nuovo modello di lettura delle difficoltà di "funzionamento educativo-apprenditivo" basato sull'ICF dell'Organizzazione Mondiale della Sanità è utilizzabile dagli insegnanti, per cogliere in tempo i vari Bisogni Educativi Speciali e attivare tutte le risorse, attività, metodi di lavoro possibili secondo i principi che stanno alla base della "speciale normalità", cioè quella normalità quotidiana delle relazioni e degli apprendimenti che tutti gli alunni dovrebbero raggiungere se correttamente "mediati" nei loro processi di acquisizione prima e apprendimento dopo
E' necessario utilizzare i mezzi, le risorse umane e i materiali più idonei alla specifica situazione della classe.
Per ulteriori informazioni su come poter raccogliere e gestire con metodo e precisone i dati relativi agli alunni con "Bisogni Educativi Speciali" ed attivare in maniera quanto più tempestiva e puntuale tutte le risorse necessarie per l'integrazione ed inclusione, potete contattarmi al seguente indirizzo mail: m.boninelli@unive.it Si ringrazia Nicoletta Costa per l'immagine.
giovedì 4 novembre 2010
ICF: scopi ed utilizzi.
A partire dalla seconda metà del secolo scorso l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha elaborato differenti strumenti di classificazione inerenti l’osservazione e l’analisi delle patologie organiche, psichiche e comportamentali delle popolazioni, al fine di migliorare la qualità della diagnosi di tali patologie.
La prima classificazione elaborata dall’OMS, “La Classificazione Internazionale delle malattie” (ICD, 1970) risponde all’esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche. L’ICD si delinea quindi come una classificazione causale, focalizzando l’attenzione sull’aspetto eziologico della patologia. Le diagnosi delle malattie vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati.
La prima classificazione elaborata dall’OMS, “La Classificazione Internazionale delle malattie” (ICD, 1970) risponde all’esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche. L’ICD si delinea quindi come una classificazione causale, focalizzando l’attenzione sull’aspetto eziologico della patologia. Le diagnosi delle malattie vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati.
EZIOLOGIA --> PATOLOGIA --> MANIFESTAZIONE CLINICA
L’ICD rivela ben presto vari limiti di applicazione e ciò induce l’OMS ad elaborare un nuovo manuale di classificazione, in grado di focalizzare l’attenzione non solo sulla causa delle patologie, ma anche sulle loro conseguenze: “la Classificazione Internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli handicap” (ICIDH, 1980). L’ICIDH non coglie la causa della patologia, ma l’importanza e l’influenza che il contesto ambientale esercita sullo stato di salute delle popolazioni. Con l’ICIDH non si parte più dal concetto di malattia inteso come menomazione, ma dal concetto di salute, inteso come benessere fisico, mentale, relazionale e sociale che riguarda l’individuo, la sua globalità e l’interazione con l’ambiente.
L’OMS dichiara l’importanza di utilizzare l’ICD (in Italia si fa riferimento alla versione 10 del 1992) e l’ICIDH in modo complementare, favorendo l’analisi e la comprensione delle condizioni di salute dell’individuo in una prospettiva più ampia, in quanto i dati eziologici vengono integrati dall’analisi dell’impatto che quella patologia può avere sull’individuo e sul contesto ambientale in cui è inserito.
L’OMS dichiara l’importanza di utilizzare l’ICD (in Italia si fa riferimento alla versione 10 del 1992) e l’ICIDH in modo complementare, favorendo l’analisi e la comprensione delle condizioni di salute dell’individuo in una prospettiva più ampia, in quanto i dati eziologici vengono integrati dall’analisi dell’impatto che quella patologia può avere sull’individuo e sul contesto ambientale in cui è inserito.
L’ICIDH è caratterizzato da tre componenti fondamentali, attraverso le quali vengono analizzate a valutate le conseguenze delle malattie:
- la menomazione, come danno organico e/o funzionale;
- la disabilità, come perdita di capacità operative subentrate nella persona a causa della menomazione;
- svantaggio (handicap), come difficoltà che l’individuo incontra nell’ambiente circostante a causa della menomazione.
- la menomazione, come danno organico e/o funzionale;
- la disabilità, come perdita di capacità operative subentrate nella persona a causa della menomazione;
- svantaggio (handicap), come difficoltà che l’individuo incontra nell’ambiente circostante a causa della menomazione.
MALATTIA O DISTURBO --> MENOMAZIONI --> DISABILITA’ --> HANDICAP
La presenza di limiti concettuali insiti nella classificazione ICIDH ha portato l’OMS ad elaborare un’ulteriore strumento, “La Classificazione Internazionale del funzionamento e delle disabilità" (ICIDH-2, 1999), che rappresenta l’embrione del modello concettuale che sarà sviluppato nell’ultima classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: “La Classificazione Internazionale del funzionamento,disabilità e salute (ICF, 2001).
Il 22 maggio 2001 L’Organizzazione Mondiale della Sanità perviene alla stesura di uno strumento di classificazione innovativo, multidisciplinare e dall’approccio universale: “La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute”, denominato ICF.
All’elaborazione di tale classificazione hanno partecipato 192 governi che compongono l’Assemblea Mondiale della Sanità, tra cui l’Italia, che ha offerto un significativo contributo tramite una rete collaborativa informale denominata Disability Italian Network (DIN), costituita da 25 centri dislocati sul territorio nazionale e coordinata dall’Agenzia regionale della Sanità del Friuli Venezia Giulia. Scopo principale del DIN risulta essere la diffusione degli strumenti elaborati dall’OMS e la formazione di operatori che si occupano di inserimento lavorativo dei diversamente abili, in collaborazione con il Ministero del lavoro e delle politiche Sociali.
All’elaborazione di tale classificazione hanno partecipato 192 governi che compongono l’Assemblea Mondiale della Sanità, tra cui l’Italia, che ha offerto un significativo contributo tramite una rete collaborativa informale denominata Disability Italian Network (DIN), costituita da 25 centri dislocati sul territorio nazionale e coordinata dall’Agenzia regionale della Sanità del Friuli Venezia Giulia. Scopo principale del DIN risulta essere la diffusione degli strumenti elaborati dall’OMS e la formazione di operatori che si occupano di inserimento lavorativo dei diversamente abili, in collaborazione con il Ministero del lavoro e delle politiche Sociali.
L’ICF si delinea come una classificazione che vuole descrivere lo stato di salute delle persone in relazione ai loro ambiti esistenziali (sociale, familiare, lavorativo) al fine di cogliere le difficoltà che nel contesto socio-culturale di riferimento possono causare disabilità.
Tramite l’ICF si vuole quindi descrivere non le persone, ma le loro situazioni di vita quotidiana in relazione al loro contesto ambientale e sottolineare l’individuo non solo come persona avente malattie o disabilità, ma soprattutto evidenziarne l’unicità e la globalità.
Lo strumento descrive tali situazioni adottando un linguaggio standard ed unificato, cercando di evitare fraintendimenti semantici e facilitando la comunicazione fra i vari utilizzatori in tutto il mondo.
Tramite l’ICF si vuole quindi descrivere non le persone, ma le loro situazioni di vita quotidiana in relazione al loro contesto ambientale e sottolineare l’individuo non solo come persona avente malattie o disabilità, ma soprattutto evidenziarne l’unicità e la globalità.
Lo strumento descrive tali situazioni adottando un linguaggio standard ed unificato, cercando di evitare fraintendimenti semantici e facilitando la comunicazione fra i vari utilizzatori in tutto il mondo.
Il primo aspetto innovativo della classificazione emerge chiaramente nel titolo della stessa. A differenza delle precedenti classificazioni (ICD e ICIDH), dove veniva dato ampio spazio alla descrizione delle malattie dell’individuo, ricorrendo a termini quali malattia, menomazione ed handicap (usati prevalentemente in accezione negativa, con riferimento a situazioni di deficit) nell’ultima classificazione l’OMS fa riferimento a termini che analizzano la salute dell’individuo in chiave positiva (funzionamento e salute).
L’ICF vuole fornire un’ampia analisi dello stato di salute degli individui ponendo la correlazione fra salute e ambiente, arrivando alla definizione di disabilità, intesa come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole.
L’analisi delle varie dimensioni esistenziali dell’individuo porta a evidenziare non solo come le persone convivono con la loro patologia, ma anche cosa è possibile fare per migliorare la qualità della loro vita.
L’ICF vuole fornire un’ampia analisi dello stato di salute degli individui ponendo la correlazione fra salute e ambiente, arrivando alla definizione di disabilità, intesa come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole.
L’analisi delle varie dimensioni esistenziali dell’individuo porta a evidenziare non solo come le persone convivono con la loro patologia, ma anche cosa è possibile fare per migliorare la qualità della loro vita.
Il concetto di disabilità introduce ulteriori elementi che evidenziano la valenza innovativa della classificazione:
- universalismo;
- approccio integrato;
- modello multidimensionale del funzionamento e della disabilità.
- universalismo;
- approccio integrato;
- modello multidimensionale del funzionamento e della disabilità.
L’applicazione universale dell’ICF emerge nella misura in cui la disabilità non viene considerata un problema di un gruppo minoritario all’interno di una comunità, ma un’esperienza che tutti, nell’arco della vita, possono sperimentare. L’OMS, attraverso l’ICF, propone un modello di disabilità universale, applicabile a qualsiasi persona, normodotata o diversamente abile.
L’approccio integrato della classificazione si esprime tramite l’analisi dettagliata di tutte le dimensioni esistenziali dell’individuo, poste sullo stesso piano, senza distinzioni sulle possibili cause.
Il concetto di disabilità preso in considerazione dall’Organizzazione Mondiale della Sanità vuole evidenziare non i deficit e gli handicap che rendono precarie le condizioni di vita delle persone, ma vuole essere un concetto inserito in un continuum multidimensionale. Ognuno di noi può trovarsi in un contesto ambientale precario e ciò può causare disabilità. E’ in tale ambito che l’ICF si pone come classificatore della salute, prendendo in considerazione gli aspetti sociali della disabilità: se, ad esempio, una persona ha difficoltà in ambito lavorativo, ha poca importanza se la causa del suo disagio è di natura fisica, psichica o sensoriale. Ciò che importa è intervenire sul contesto sociale costruendo reti di servizi significativi che riducano la disabilità.
L’ICF, adottando approcci di tipo universale e multidisciplinare, può essere utilizzata in discipline e settori diversi.
I suoi scopi principali sono:
L’approccio integrato della classificazione si esprime tramite l’analisi dettagliata di tutte le dimensioni esistenziali dell’individuo, poste sullo stesso piano, senza distinzioni sulle possibili cause.
Il concetto di disabilità preso in considerazione dall’Organizzazione Mondiale della Sanità vuole evidenziare non i deficit e gli handicap che rendono precarie le condizioni di vita delle persone, ma vuole essere un concetto inserito in un continuum multidimensionale. Ognuno di noi può trovarsi in un contesto ambientale precario e ciò può causare disabilità. E’ in tale ambito che l’ICF si pone come classificatore della salute, prendendo in considerazione gli aspetti sociali della disabilità: se, ad esempio, una persona ha difficoltà in ambito lavorativo, ha poca importanza se la causa del suo disagio è di natura fisica, psichica o sensoriale. Ciò che importa è intervenire sul contesto sociale costruendo reti di servizi significativi che riducano la disabilità.
L’ICF, adottando approcci di tipo universale e multidisciplinare, può essere utilizzata in discipline e settori diversi.
I suoi scopi principali sono:
- fornire una base scientifica per la comprensione e lo studio della salute, delle condizioni, conseguenze e cause determinanti ad essa correlate;
- stabilire un linguaggio standard ed univoco per la descrizione della salute delle popolazioni allo scopo di migliorare la comunicazione fra i diversi utlizzatori, tra cui operatori sanitari, ricercatori, esponenti politici e la popolazione, incluse le persone con disabilità;
- rendere possibile il confronto fra i dati relativi allo stato di salute delle popolazioni raccolti in Paesi diversi in momenti differenti;
- fornire uno schema di codifica sistematico per i sistemi informativi sanitari.
- stabilire un linguaggio standard ed univoco per la descrizione della salute delle popolazioni allo scopo di migliorare la comunicazione fra i diversi utlizzatori, tra cui operatori sanitari, ricercatori, esponenti politici e la popolazione, incluse le persone con disabilità;
- rendere possibile il confronto fra i dati relativi allo stato di salute delle popolazioni raccolti in Paesi diversi in momenti differenti;
- fornire uno schema di codifica sistematico per i sistemi informativi sanitari.
L’utilizzazione dell’ICF non solo consente di reperire informazioni sulla mortalità delle popolazioni, sulla morbilità, sugli esiti non fatali delle malattie e di comparare dati sulle condizioni di salute di una popolazione in momenti diversi e tra differenti popolazioni, ma anche di favorire interventi in campo socio-sanitario in grado di migliorare la qualità della vita delle persone.
A tal proposito, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, tramite l’opera di diffusione dell’ICF portata avanti dal Disability Italian Network (DIN), si propone di coordinare i sistemi nazionali e regionali, al fine di sperimentare metodologie uniformi per avere un’analisi dettagliata della disabilità in Italia.
Le informazioni raccolte dall’ICF descrivono situazioni relative al funzionamento umano e alle sue restrizioni. La classificazione organizza queste informazioni in due parti, in modo interrelato e facilmente accessibile.
La prima parte si occupa di Funzionamento e Disabilità, mentre la seconda riguarda i Fattori Contestuali. La prima parte è costituita dalla componente Corpo, che comprende due classificazioni, una per le Strutture Corporee e una per le Funzioni Corporee e dalla componente Attività e Partecipazione, che comprende l’insieme delle capacità del soggetto in relazione allo svolgimento di un determinato compito nell’ambiente circostante.
Ogni componente viene codificata facendo riferimento a codici alfanumerici e a qualificatori che denotano l’estensione o la gravità delle menomazioni a carico delle funzioni e strutture corporee e delle capacità del soggetto nell’eseguire determinati compiti.
Le componenti sopra elencate vengono influenzate dai fattori ambientali, che comprendono l’ambiente fisico, sociale e degli atteggiamenti in cui le persone vivono e conducono la loro esistenza. Questi fattori possono infatti avere un’influenza positiva o negativa sulla partecipazione dell’individuo come membro della società, sulle capacità dello stesso di eseguire compiti, sul suo funzionamento o struttura del corpo.
I fattori personali (sesso, razza, fattori socio-economici, età, stile di vita, educazione ricevuta, ecc.) non vengono classificati nell’ICF a causa della loro grande variabilità culturale e sociale.
A tal proposito, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, tramite l’opera di diffusione dell’ICF portata avanti dal Disability Italian Network (DIN), si propone di coordinare i sistemi nazionali e regionali, al fine di sperimentare metodologie uniformi per avere un’analisi dettagliata della disabilità in Italia.
Le informazioni raccolte dall’ICF descrivono situazioni relative al funzionamento umano e alle sue restrizioni. La classificazione organizza queste informazioni in due parti, in modo interrelato e facilmente accessibile.
La prima parte si occupa di Funzionamento e Disabilità, mentre la seconda riguarda i Fattori Contestuali. La prima parte è costituita dalla componente Corpo, che comprende due classificazioni, una per le Strutture Corporee e una per le Funzioni Corporee e dalla componente Attività e Partecipazione, che comprende l’insieme delle capacità del soggetto in relazione allo svolgimento di un determinato compito nell’ambiente circostante.
Ogni componente viene codificata facendo riferimento a codici alfanumerici e a qualificatori che denotano l’estensione o la gravità delle menomazioni a carico delle funzioni e strutture corporee e delle capacità del soggetto nell’eseguire determinati compiti.
Le componenti sopra elencate vengono influenzate dai fattori ambientali, che comprendono l’ambiente fisico, sociale e degli atteggiamenti in cui le persone vivono e conducono la loro esistenza. Questi fattori possono infatti avere un’influenza positiva o negativa sulla partecipazione dell’individuo come membro della società, sulle capacità dello stesso di eseguire compiti, sul suo funzionamento o struttura del corpo.
I fattori personali (sesso, razza, fattori socio-economici, età, stile di vita, educazione ricevuta, ecc.) non vengono classificati nell’ICF a causa della loro grande variabilità culturale e sociale.
La classificazione ICF, tramite l’analisi delle varie componenti che la caratterizzano, evidenzia l’importanza di avvicinarsi alla disabilità facendo riferimento ai molteplici aspetti che la denotano come esperienza umana universale, che tutti possono vivere nell’arco della loro esistenza.
La disabilità non è solo deficit, mancanza, privazione a livello organico o psichico, ma è una condizione che va oltre la limitazione, che supera le barriere mentali ed architettoniche. Disabilità è una condizione universale e pertanto non è applicabile solo alla persona che si trova su una carrozzina, che non vede o non sente. L’ICF sottolinea l’importanza di valutare l’influenza dell’ambiente sulla vita degli individui: la società, la famiglia, il contesto lavorativo possono influenzare lo stato di salute, diminuire le nostre capacità di svolgere mansioni che ci vengono richieste e porci in una situazione di difficoltà.
L’ICF propone quindi un’analisi dettagliata delle possibili conseguenze sociali della disabilità avvicinandosi con umanità e rispetto alla condizione disabile.
Per ulteriori informazioni su come poter utilizzare lo strumento ICF per la costruzione di un Piano Educativo Individualizzato per un Progetto di vita per l'alunno diversamente abile potete inviarmi una mail al seguente indirizzo: m.boninelli@unive.it
La disabilità non è solo deficit, mancanza, privazione a livello organico o psichico, ma è una condizione che va oltre la limitazione, che supera le barriere mentali ed architettoniche. Disabilità è una condizione universale e pertanto non è applicabile solo alla persona che si trova su una carrozzina, che non vede o non sente. L’ICF sottolinea l’importanza di valutare l’influenza dell’ambiente sulla vita degli individui: la società, la famiglia, il contesto lavorativo possono influenzare lo stato di salute, diminuire le nostre capacità di svolgere mansioni che ci vengono richieste e porci in una situazione di difficoltà.
L’ICF propone quindi un’analisi dettagliata delle possibili conseguenze sociali della disabilità avvicinandosi con umanità e rispetto alla condizione disabile.
Per ulteriori informazioni su come poter utilizzare lo strumento ICF per la costruzione di un Piano Educativo Individualizzato per un Progetto di vita per l'alunno diversamente abile potete inviarmi una mail al seguente indirizzo: m.boninelli@unive.it
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