venerdì 13 dicembre 2013

I Bes una nuova emergenza educativa o una nuova visione della scuola italiana?

L’espressione “Bisogni Educativi Speciali” (BES) è entrata nel vasto uso in Italia dopo l’emanazione della Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica“. 
 La Direttiva stessa ne precisa succintamente il significato: “L’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit. In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse”.
L’utilizzo dell’acronimo BES sta quindi ad indicare una vasta area di alunni per i quali il principio della personalizzazione dell’insegnamento, sancito dalla Legge 53/2003, va applicato con particolari accentuazioni in quanto a peculiarità, intensività e durata delle modificazioni.

La definizione non ha  e non dev'essere inserita all'interno di un profilo clinico diagnostico ma dev'essere considerata in un ampia scala di valutazione e considerazione. 

Le indicazioni ministeriali in oggetto richiamano la necessita di una specifica ed esplicita
definizione delle azioni attuate dalle scuole per incontrare i bisogni formativi degli alunni, attuando l'inclusione scolastica nel quadro fondamentale del diritto alio studio.
II concetto di "inclusione" scolastica comporta non soltanto I'afFermazione del diritto della persona ad essere presente in un ogni contesto scolare ma anche che tale presenza sia dotata di significato e di senso e consenta il massimo sviluppo possibile delle capacita, delle abilita, delle potenzialita di ciascuno.
II concetto di "inclusione", pertanto, ribalta l'antica distinzione tra coloro che possono adeguarsi
alle condizioni date e coloro che non possono; per questi ultimi era un tempo prevista l'esclusione vedi ad esempio la costituzione delle scuole speciali e  dalle classi differenziali degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. Si pensava che frequentando lezioni speciali in luoghi separati, attraverso didattiche altrettanto speciali, i quasi adatti potessero essere resi adatti e quindi re-immessi nel circuito della normalita (cosa che purtroppo quasi mai avveniva). 

II concetto di inclusione annulla I'idea che l'essere piu o meno adatti sia una condizione che appartiene alle persone, considerandola invece come una qualita dei contesti, che possono essere strutturati in modo piu o meno duttile, plurale, e quindi fruibili o non fruibili a diversi livelli di competenze, di conoscenze, di capacita, di possibilitità. La potenziale presenza di persone temporaneamente o stabilmente incapaci di salire le scale, ad esempio, in ottica inclusiva implica la disponibilita di scale mobili e di ascensori funzionanti in ogni luogo pubblico o privato, tali da consentire a chiunque di salire e scendere comodamente, quale che sia la condizione personate. La dove non vi sono scale mobili ed ascensori non sono inabili le persone che non possono salire o scendere, ma gli ambienti, le strutture, le architetture.
Ovviamente ciò non significa che le malattie, i deficit, le difficoltà, il dolore, non esistano, o che la loro presenza o assenza sia indifferente rispetto agli esiti di una vita. Significa al contrario che, prendendo pienamente coscienza dei problemi di ciascuno, diveniamo capaci di costruire contesti in cui le persone possano muoversi, relazionarsi, crescere, motivarsi, a prescindere da cio che loro manca e in virtu di cid che sono, sanno e possono imparare e delle condizioni - adatte o adattabili -
In estrema sintesi - pur nella consapevolezza del rischio di banalizzazione di ogni riduzione in brevi
frasi - si spera di aver chiaramente evidenziato che l'espressione Bisogni Educativi Speciali:
-       non è una diagnosi
-       non è una certificazione
-     non è uno stigma è  il riconoscimento del fatto che alcuni alunni possono richiedere, nel corso della loro carriera scolastica, tempi più o meno lunghi, una particolare accentuazione della personalizzazione didattica che resta fondamentale per ciascuno