martedì 25 gennaio 2011

La mediazione a scuola

La scuola è un organismo complesso intenzionalmente educativo e in quanto tale è un
contesto di attività dove interagiscono differenti stili di comunicazione, diverse opinioni e forme di pensiero, diversi contenuti di conoscenza e modalità di presentazione. Tale complessità necessità di una “programmazione delle strategie di pensiero”, che riguarda le modalità di natura procedurale necessarie all’apprendimento.
Tale programmazione di fatto non viene del tutto applicata nella scuola e diventa alquanto difficile per un operatore della scuola rispondere alle seguenti domande:
1) quali strategie di pensiero possono essere attivate nello studio di una disciplina?
2) quale rapporto esiste tra strategia cognitiva e contenuto di apprendimento?
3) come regola un ragazzo l’organizzazione dei suoi atti mentali quando svolge un compito o studia una lezione?
Prendere coscienza “che per apprendere bisogna anche saper manovrare solide procedure di pensiero” significa impostare la programmazione didattica non solo sui contenuti disciplinari, ma anche e soprattutto su come detti contenuti possono non solo essere appresi, contestualizzati e trasferiti.
A scuola spesso i contenuti hanno la predominanza sulla procedure e sulle strategie apprenditive;
Poca o nessuna rilevanza viene data al processo apprenditivo dell’allievo e tantomeno alla presa di coscienza dell’allievo di tale processo.
Il lavoro del docente spesso è reso difficile dalla crescita del giovane allievo, il quale mette “continuamente in gioco componenti strategiche di pensiero che, se quotidianamente guidano e sorreggono la sua esperienza evolutiva, nello stesso tempo condizionano costantemente il suo divenire (in quanto prodotto di una realtà personale, storica, sociale e culturale).
In questo senso diventa oltremodo necessario che il docente si attrezzi di “strumenti” per poter intervenire in modo adeguato nel processo di apprendimento dei propri alunni.
La mancanza di tali strumenti provoca, nella scuola, problematiche relative alla dispersione di risorse psicologico-cognitive sotto forma di inadeguatezza e di malessere educativo e scolastico.
In questo senso, come afferma il Prof. Mario Di Mauro, si ha:
· dispersione del potenziale cognitivo là dove l’attività formativa che normalmente si svolge in aula non è calibrata sulle effettive caratteristiche del soggetto ma sui contenuti da trasferire;
· dispersione di natura istituzionale là dove il sistema non riesce a tutelare i passaggi da un grado all’altro di istruzione perché ciascuno non è strutturato in continuità con quelli che lo precedono;
· dispersione di natura pedagogica e didattica quando si permette la brusca transizione da una pedagogia dell’accompagnamento propria della scuola dell’obbligo ad una dell’autonomia che caratterizza la scuola secondaria superiore;
· dispersione di risorse se c’è mancanza di conoscenza e di competenza sulle caratteristiche proprie delle fasi di crescita psicologica che l’adolescente vive.

La scuola, oggi, ha il dovere di promuovere in tutti e in ciascuno la consapevolezza metaconcettuale in quanto fattore cruciale nella continua attività di ristrutturazione delle conoscenze individuali.
In questo senso “l’educazione cognitiva, intesa come attività di insegnamento che riguarda l’uso del sistema di pensiero di cui ciascuno è dotato” si pone come fine fondamentale quello di insegnare ai giovani ad imparare a imparare.
L’insegnamento fino a ieri aveva come fine il trasferimento di conoscenze relative a discipline ben determinate, senza che all’allievo fosse data l’opportunità  di poter utilizzare detti saperi in situazioni sempre nuove.
La scuola di oggi ha come fine lo sviluppo delle capacità cognitive dell’allievo dandogli
l’opportunità di tradurle in abilità funzionali. Tutto ciò richiede al docente la conoscenza e la capacità di adoperare veri e propri programmi di educabilità cognitiva, al fine di poter dare risposte concrete alle esigenze dei giovani attrezzandoli di quelle competenze necessarie a gestire il proprio processo di apprendimento.
La modificabilità è la possibilità di condurre un individuo qualunque sia la sua età e la sua
condizione di partenza a saper valutare il proprio funzionamento cognitivo, individuando i punti di forza e di debolezza e prendendo coscienza delle strategie utili in relazione agli obiettivi da conseguire e ai compiti da risolvere. I
l tutto in un processo che, travalicando i limiti temporali
dell'esperienza scolastica, diventa capacità di apprendimento autonomo e costante.
Gli studi del Vygotskij e ancor di più del Feuerstein hanno messo in evidenza che interagendo in modo corretto con il soggetto che apprende si favorisce il suo processo apprenditivo.
In tale contesto il concetto di mediazione assume rilevanza perché con esso si sostanzia la
possibilità che un educatore (genitore, insegnante, operatore) ha nell’organizzare, prevedere ed analizzare le interazioni necessarie all'educabilità cognitiva di un soggetto. Il mediatore agisce in modo che tutte le informazioni divengano conoscenze e metaconoscenze. Ciò significa permettere di imparare ad interpretare, organizzare e strutturare le informazioni ricevute dall'ambiente e di rendersi totalmente autonomo all’interno del processo di apprendimento.

tratto da: www.irsmef.it  di Salvatore Pappalardo. 
Si ringrazia Nicoletta Costa per le immagini. 
Per ulteriori informazioni su come lavorare con gli alunni attraverso la Pedagogia della Mediazione del Prof.re Reuven Feuerstein, potete contattarmi al seguente indirizzo mail: m.boninelli@unive.it

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