"Tutti gli uomini per loro stessa natura desiderano imparare."
Aristotele
I primi studi sull'apprendimento umano risalgono agli inizi del 1900. Proprio in quel periodo furono studiate le finalità del pensiero: " il fine del pensiero è giudicare l'azione e l'effetto di un'idea è più importante della sua causa". La psicologia affrontò il tema dell'apprendimento con il comportamentismo. Secondo questa corrente psicologica l'uomo avrebbe dovuto essere principalmente un organismo biologico, che si sarebbe adattato all'ambiente di vita, quindi l'apprendimento avrebbe avuto essezialmente una funzione adattiva. Il soggetto avrebbe risposto passivamente agli stimoli ambientali, secondo una formula meccanica, che esprimeva che ad ogni Stimolo sarebbe corrisposta una Risposta.
Aristotele
I primi studi sull'apprendimento umano risalgono agli inizi del 1900. Proprio in quel periodo furono studiate le finalità del pensiero: " il fine del pensiero è giudicare l'azione e l'effetto di un'idea è più importante della sua causa". La psicologia affrontò il tema dell'apprendimento con il comportamentismo. Secondo questa corrente psicologica l'uomo avrebbe dovuto essere principalmente un organismo biologico, che si sarebbe adattato all'ambiente di vita, quindi l'apprendimento avrebbe avuto essezialmente una funzione adattiva. Il soggetto avrebbe risposto passivamente agli stimoli ambientali, secondo una formula meccanica, che esprimeva che ad ogni Stimolo sarebbe corrisposta una Risposta.
S - R
Anche la corrente di pensiero Gestaltista si interessò al tema dell'apprendimento, sostenendo che questo fosse un'intuizione dell'individuo che coglie un insieme di relazioni. Questa teoria, però era insufficiente per comprendere come mai alcuni soggetti avessero difficoltà o ritardi nell'apprendere, nè spiegava le tappe di questo delicato ed importante processo.
Al tema in questione si avvicinò anche la psicanalisi, studiando i rapporti esistenti tra l'apprendimento e la motivazione. Secondo il pensiero psicanalitico, gli individui possono imparare solo ciò a cui danno un significato e verso cui sono motivati, da ciò si evince che uno dei principali obbiettivi dell'educatore è creare la motivazione ad apprendere. Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale in ambito psicologico si sviluppò la corrente di pensiero cognitivista, che studiava in maniera minuziosa l'architettura dei processi mentali; la mente umana è stata dunque assimilata ad un calcolatore che risponde all'impulso, elabora l'informazione e fornisce una risposta.
Un'importante svolta agli studi sull'apprendimento arrivò da Piaget e Vygotskji. Piaget, studiò lo sviluppo cognitivo del bambino, rielaborò la formula comportamentista (S-R), mutandola in:
S - O - R
Secondo tale formula O è l'Organismo che apprende, quindi lo Stimolo arriva all'Organismo che dopo aver elaborato con l'intelletto e l'intervento della variabile emotiva, fornisce una Risposta. L'individuo nel processo di apprendimento non ha un ruolo passivo: il soggetto impara interagendo con il mondo.
Il limite di Piaget è stato quello di vincolare gli stadi dello sviluppo alla genetica, ritenendoli rigidi e sequenziali, senza rendersi conto dell'importanza che l'educazione avrebbe potuto avere per lo sviluppo cognitivo del soggetto.
Il percorso intrapreso da Piaget, venne continuato da Vygotskji, che introdusse il concetto di potenziale di sviluppo, spiegando che non è tanto importante quanto il soggetto sa fare, quanto quello che saprà fare opportunamente guidato dal mediatore.
Un'altra figura di spicco per gli studi sull'apprendimento, che si collocò sulla scia di Vygotskyi fu quella di Bruner, che soseneva l'importanza della figura dell'adulto per insegnare al soggetto ad apprendere. Quindi si arrivò ad un nuovo modello di apprendimento:
S - M - O - M - R
appare la figura del Mediatore, che si interpone tra lo Stimolo e l'Organismo e tra l'Organismo e la Risosta.
Feuerstein, sulla base delle teorizzazioni sopraccitate, propone in fine, il seguente modello:
S - H - O - H - R
Questo schema sostituisce alla M di Mediatore la H di Human, per indicare che il mediatore deve sempre essere l'uomo, insostituibile da qualunque strumento elettronico. C'è un interazione tra l'Organismo che apprende e l'Human, che media. Il mediatore è un filtro, tra il soggetto che apprende e la realtà esterna. L'individuo può imparare dall'esposizione diretta agli stimoli ambientali, ma soprattutto per i soggetti più svantaggiati, l'apprendimento è più efficace se c'è un mediatore, che insegna al soggetto ad imparare, così che quest'ultimo possa farlo autonomamente.
Il primo mediatore della vita di un bambino è la figura materna, non è necessario che questa abbia un elevato livello di istruzione, perchè nella prima fase dell'infanzia i contenuti non sono fondamentali per lo sviluppo dell'intelligenza dell'individuo. E' importante che la madre sappia parlare con il bambino.
Secondo Reuven Feuerstein la madre mediatrice è rilevante, perchè l'affettività ha una valenza cognitiva. "La mediazione è dunque una medaglia a doppia faccia: si realizza con un rapporto affettivo, ma produce anche effetti cognitivi."
Di Nadia Scarnecchia. (www.nelleducazioneuntesoro.blogspot.com)
Per ulteriori informazioni sulle possibilità di applicazione della Pedagogia della Mediazione potete contattarmi al seguente indirizzo mail:m.boninelli@unive.it
Si ringrazia Nicoletta Costa per l'immagine.
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