lunedì 19 novembre 2012

Corso online: Metodologie di insegnamento dell'italiano L2


Partenza del corso
27 novembre 2012 

Autrici
Maria Arici e Paola ManiottiTutor
Maria Luisa Boninelli

Destinatari

Insegnanti
Presentazione
Il corso, rivolto a insegnanti della scuola primaria e secondaria di primo grado, affronta le questioni teoriche e le modalità pratiche legate alla programmazione di percorsi e attività di insegnamento dell’italiano L2 ad allievi stranieri di recente immigrazione.
Argomenti: Le componenti e i livelli della competenza linguistica; Le caratteristiche di esercizi efficaci ; Quali attività per quali competenze ; Progettare i percorsi.

ArgomentiModulo 1. Le componenti e i livelli della competenza linguistica Libro
Obiettivi. Sapere qual è il significato di «conoscere una lingua» e il modo in cui, a livello europeo, vengono classificati e descritti i vari livelli di competenza linguistica.
Materiali.
Dispense di studio con esemplificazioni e approfondimenti sul tema.
Argomenti.
La competenza linguistico - comunicativa
Livelli della competenza linguistica
Verificare le competenze in ingresso
Bibliografia


Modulo 2. Le caratteristiche di esercizi efficaci
Obiettivi.
Conoscere le caratteristiche che rendono determinate attività più efficaci di altre dal punto di vista dell'apprendimento linguistico (esercitazioni a sfondo ludico, proposte caratterizzate dal gap informativo, moalità di lavoro che abbassano il filtro affettivo ...).
Materiali.
Dispense di studio e video
Argomenti.
Dalla rilevazione delle competenze alla preparazione delle attività
Le caratteristiche di esercizi efficaci
Attività a carattere ludico
Attività di information gap
Lavoro di gruppo
Multimedialità proposte di giochi
Bibliografia

Modulo 3. Quali attività per quali competenze
Obiettivi.
Conoscere l'apprendimento di altri aspetti della competenza linguistica, approfondendo anche gli aspetti glottodidattici già illustrati nel modulo 2.
Materiali.
Dispense di studio, audio e video
Argomenti.
Lo sviluppo delle abilita' linguistiche
Lo sviluppo delle grammatiche (sapere la lingua)
Lo sviluppo delle funzioni linguistiche (sapere fare con la lingua)
Bibliografia

Modulo 4. Progettare i percorsi
Obiettivi.
Sapere quali sono gli aspetti connessi alla strutturazione della lezione di italiano come L2 all'interno del laboratorio e le forme di programmazione di un percorso di apprendimento linguistico (sillabo, programmazione, ...).
Materiali.
Dispense di studio, audio e video
 Argomenti.
Dal sillabo alla programmazione
La struttura della programmazione
Progettare la lezione
Video e audio da software
Bibliografia
Materiali
Dispense di studio con esemplificazioni e approfondimenti sul tema; audio e video.

Metodologia didattica
Discussione tramite forum sulle tematiche affrontate nei vari moduli, seguite da un tutor disciplinare; esercitazioni per la rielaborazione delle conoscenze pregresse con i nuovi argomenti oggetto del corso; esercitazioni di gruppo
Per informazioni potete inviare una mail a formazione@erickson.it 

martedì 13 novembre 2012

Corso di formazione sullo sviluppo delle abilità Cognitive

Carissimi 
sono lieta di comunicarvi che terrò per il Liceo Scientifico di Castiglione delle Stiviere un percorso di formazione sullo sviluppo delle abilità cogntiive.
Il primo di una serie di incontri si terrà giorno 15 Novembre dalle ore 14.30 alle ore 18.30 

lunedì 12 novembre 2012

Conferenza Internazionale sulla Neuroplasticità e Modificabilità Cognitiva

Dal Feuerstein Institute:
L'Istituto Feuerstein è orgoglioso di annunciare l'organizzazione della Conferenza internazionale sulla neuroplasticità e Modificabilità Cognitiva.
 La conferenza,  si svolgerà dal 10-13 marzo 2013 e si terrà a Gerusalemme alla Hauma Binyanei Convention Center.
I migliori ricercatori nel campo della neuroplasticità e Modificabilità Cognitiva saranno  presenti e terranno lezione su una miriade di argomenti importanti riguardo la ricerca. 
Per ulteriori informazioni sulla conferenza, si prega di cliccare qui.
Il Professor Reuven Feuerstein, Presidente e fondatore dell'Istituto Feuerstein, è stato uno dei primi sostenitori della teoria della neuroplasticità. La convinzione che il cervello ha la capacità di cambiare è la pietra angolare del metodo Feuerstein e vita lavorativa professor Feuerstein. 
La sua Metodologia attraverso il Programma di arricchimento Strumentale ha continuato a cambiare centinaia di migliaia di vite, in ambito clinico ed educativo.
L'Istituto Feuerstein ospiterà anche un post-conferenza seminario di un giorno, il 14 marzo 2013. Il seminario sarà caratterizzato da una serie di workshop nell'applicazione pratica del Metodo Feuerstein in una serie di disturbi.
Per saperne di più sul seminario Feuerstein Institute, per favore clicca qui. 
Si prega di notare che a causa di ragioni pedagogiche e tecniche, lo spazio è limitato.

Se si desidera registrare per la conferenza, si prega di farlo qui. 

Se si desidera inviare un abstract, è possibile trovare ulteriori informazioni su questo modo qui.
Speriamo di vedere tutti i nostri amici e sostenitori presenti a questa conferenza molto importante!

giovedì 8 novembre 2012

Sviluppare le abilità cognitive, affettive e sociali per favorire l'inclusione e l'autonomia


I bambini ed i ragazzi con sindrome di Down frequentano regolarmente la scuola dell'obbligo. Nella fascia di età successiva, però, e fino ai 24 anni, il numero degli studenti si riduce notevolmente. Alcuni frequentano corsi di formazione, ma solo pochi riescono a trovare un lavoro.  Un adulto su quattro non ha un'occupazione e rimane a casa. Quanto le persone con sindrome di Down si avvicinano all'età adulta, infatti, la loro difficoltà di autonomia emerge con evidenza e ciò non facilita il possibile ingresso in una realtà lavorativa.

L'INTEGRAZIONE SCOLASTICA E SOCIALE - In direzione del progetto della piena inclusione sociale e professionale, una realtà molto importante continua ad essere l'integrazione scolastica, perché consente non solo di sviluppare gli apprendimenti in contesti inclusivi ma, anche di sperimentare e potenziare le abilità sociali e di relazione con i pari, favorendo l'imitazione degli atteggiamenti e dei comportamenti adeguati. A volte, infatti, alcuni bambini con sindrome di Down possono manifestare instabilità umorale o atteggiamenti esuberanti, dovuti ad una energica vitalità. In tali casi, è fondamentale che essi possano confrontarsi con i compagni e sviluppare insieme ad essi competenze sociali e di contesto più diffuse. Ogni esperienza di autonomia infatti, necessita di un´ottica di integrazione, perché la crescita della dimensione individuale è possibile nel confronto e nelle forme crescenti di responsabilizzazione, realizzabili nei contesti.

L'INTERVENTO SCOLASTICO - A scuola occorre progettare solide pratiche ed esperienze di inclusione, che promuovano lo sviluppo cognitivo e le abilità sociali, fin dalla Scuola dell'infanzia.  Bisogna inoltre pianificare un intervento precoce, prelinguistico, che stimoli la percezione visiva ed uditiva e promuova lo sviluppo della memoria e della capacità linguistico-comunicativa, nei diversi contesti. Con l'inizio degli apprendimenti formali, alla Scuola Primaria, occorre poi favorire l'apprendimento della letto-scrittura e, successivamente, dell'aritmetica, tenendo presente le difficoltà cognitive e, al tempo stesso, le variabili individuali. Contemporaneamente, occorrerà stimolare l'espressione artistica e il disegno, per favorire le capacità creative. Queste ultime vengono in genere espresse con maggiore naturalezza nella danza o nella musica, anche grazie alle buone capacità di imitazione. Il consolidamento delle competenze didattiche di base può consentire poi l'approccio alle altre discipline.

Nel percorso di formazione degli allievi con sindrome di Down è molto importante coniugare i percorsi riabilitativi ed abilitativi con gli interventi educativi, con il supporto costante dei genitori, con cui condividere i progetti, gli interventi e le loro finalità, gli stili educativi. In tal modo diviene possibile coordinare adeguatamente il lavoro svolto dalla scuola con quello dei genitori ed intervenire nella presa in carico in modo compatto, coerente e significativo.

tratto da: disabili.com

Il Metodo Feuerstein nato per il recupero e lo sviluppo delle abilità cognitivo è utile nel potenziare gli aspetti cognitivi e relazionali dei bambini con sindrome di down. Per informazioni riguardo ad applicazioni potete inviarmi una mail a m.boninelli@univirtual.it 
 

Integrazione scolastica: Primi in Europa ma con scarse risorse per il sostegno

Una ricerca del Censis conferma l'eccellenza del modello inclusivo italiano ma evidenzia inadeguati investimenti nel sostegno e nel progetto di vita

La ricerca "I bisogni ignorati delle persone con disabilità", promossa dalla Fondazione Cesare Serono e realizzata dal Censis,  colloca l'Italia tra gli ultimi Paesi europei per risorse destinate alla protezione sociale delle persone con disabilità. Sia le risorse che le misure erogate in prestazioni economiche, in beni e servizi sono molto al di sotto della media dei Paesi dell'Unione europea. Il modello italiano rimane fondamentalmente assistenzialistico. Le misure erogate sono infatti di tipo pensionistico, con delega alle famiglie, e non prevedono  servizi che potrebbero garantire livelli di assistenza migliori e valorizzare le capacità di autonomia delle persone con disabilità.

IL MODELLO SCOLASTICO - L'inclusione scolastica occupa nel nostro Paese un posto centrale nel panorama delle politiche di inserimento sociale delle persone con disabilità. La legge obbliga tutte le scuole pubbliche e private ad accettare l'iscrizione degli alunni con disabilità. L'esperienza italiana rappresenta in questo un'eccellenza, eppure le risorse dedicate alle attività di sostegno e di integrazione degli alunni con disabilità appaiono inadeguate. In Italia, cioè, pressoché la totalità degli alunni disabili frequenta le classi comuni; però, di fatto, tra i Paesi indagati, è nel Regno Unito che il percorso di integrazione all'interno della scuola ordinaria risulta particolarmente avanzato, attento nell'intercettare i bisogni e disponibile a dedicare agli alunni disabili risorse ampie, seppure in uno scenario nel quale permane la possibilità di esclusione dalla scuola ordinaria.

In Italia, invece, nell'anno scolastico 2010-2011, circa il 10% delle famiglie ha dovuto presentare un ricorso al Tribunale per ottenere un aumento delle ore di sostegno. Il nostro Paese, cioè, destina poche risorse all'inclusione scolastica. Il rischio è che le politiche di contenimento dei costi ed il razionamento dei servizi configurino uno svuotamento dell'inclusione scolastica, rendendo preferibile una soluzione differenziata, che possa però garantire un livello adeguato di attenzione e cura. Si tratterebbe di un effetto paradossale, laddove è assolutamente evidente che il problema non è l'inclusione in sé, bensì il contingentamento delle risorse.

Scarso, inoltre, è il raccordo tra scuola e lavoro, poiché il modello formativo non promuove la costruzione di competenze spendibili in un progetto di vita professionalmente attivo.

L'INSERIMENTO LAVORATIVO - L'Italia è molto indietro nell'inserimento lavorativo delle persone con disabilità. Se in Francia si arriva al 36% di occupati, nel nostro Paese il tasso si ferma intorno al 18 %. Una volta completato il percorso formativo, cioè, i disabili incontrano difficoltà a trovare un lavoro. Tra le persone con Sindrome di Down meno di una su tre lavora dopo i 24 anni e il dato scende al 10% per chi ha problemi di autismo. Inoltre, nei casi di  malattie croniche che causino una progressiva disabilità, vi sono molti problemi a mantenere il lavoro trovato. Ne deriva che tanta è ancora la strada da percorrere in direzione di una cultura della diversità. Purtroppo.

tratto da: disabili.com

Invito presentazione Nina e i Diritti delle Donne


Nell’ambito delle attività della Fondazione, che persegue la formazione, l’educazione e la tutela dei bambini in età evolutiva, è in programma il prossimo 12 novembre un incontro di sensibilizzazione rivolto ai ragazzi delle scuole medie.
Il fine è quello di rendere partecipi, e più consapevoli, le giovani generazioni alle vicende che hanno determinato grandi cambiamenti nella storia della nostra società.
In questa occasione il tema scelto è di carattere sociale: La Fondazione ha invitato il Vicepresidente e Assessore alle Politiche Culturali della Provincia di Roma, la dott.ssa Cecilia D’Elia, a presentare il suo libro “Nina e i diritti delle donne” edito dalla Sinnos e vincitore del premio "Elsa Morante Ragazzi" 2012.

Nel libro, attraverso la storia delle donne nella famiglia della piccola Nina, vengono ripercorse le tappe che hanno portato le donne ad ottenere quei diritti di cui oggi possono godere come ad esempio l’accesso a delle professioni un tempo negato, il diritto al voto, etc.

Sarei molto lieta, in qualità di Fondatrice, di condividere con lei questa iniziativa.

dott.ssa Raffaella Bocci 
FONDAZIONE GIORGINA BORGIANI
VIA IRENEO ALEANDRI, 4
00040 ARICCIA (RM)
PER SOSTENERE LA FONDAZIONE:
IBAN IT 34Y 05584 21901 000000022328

martedì 6 novembre 2012

Autismo: parlare per immagini

Edoardo e gli altri quattro bambini seduti in circolo, ciascuno affiancato da un operatore, frequentano a Milano due volte la settimana il Centro Benedetta D’Intino onlus, dove nel 1996 nacquero in Italia il primo servizio clinico e la prima scuola di formazione in comunicazione aumentativa alternativa (Caa). Un insieme di strategie, strumenti e tecniche che costruiscono le capacità comunicative di chi, come nell’autismo, vive in un silenzio forzato. Il 13-14 maggio e il 25-26 giugno il Centro dedica a questo modo di «parlare per immagini» alcuni seminari di aggiornamento sulla Caa: a tenerli verranno da Boston e Vancouver due massimi esperti al mondo, John Costello e Pat Mirenda.
«La tecnica fu da principio usata nei bambini con paralisi cerebrale: si capiva che capivano ma non potevano parlare» racconta Aurelia Rivarola, neuropsichiatra infantile che dirige il servizio clinico e la formazione in Caa al Centro Benedetta D’Intino. Nel 1983 professionisti di 25 paesi fondarono negli Stati Uniti l’International society for augmentative and alternative communication (Isaac). «Il termine “augmentative” chiariva come l’obiettivo fosse incrementare le capacità comunicative esistenti. Va sfatato il pregiudizio, ancora diffuso, che inibisca o ritardi l’eventuale comparsa del linguaggio orale» dice Rivarola. Il linguaggio verbale, se pure compare in metà degli autistici, di rado diventa funzionale ed esprime un pensiero coerente.
L’autismo si manifesta in varie gradazioni (i primi segnali sono evidenti già a 6 mesi, poi ne emergono altri) e lo spettro di alterazioni del comportamento che vanno sotto questo nome è ancora avvolto nel mistero. Il disturbo, che ha quasi certamente basi organiche, porta a chiudersi in un mondo tutto proprio: nella maggior parte dei casi le funzioni di comunicazione, verbale e non, e sociali sono compromesse.
Questi bambini non parlano, se lo fanno il linguaggio è ripetitivo, a pappagallo, spesso privo di senso. Faticano a interagire, a giocare con altri, non condividono stati emotivi, hanno movimenti stereotipati. In alcune forme di autismo c’è ritardo mentale; in altre, «ad alto funzionamento», magari restano i problemi di comunicazione e interazione, non quelli cognitivi. Una minoranza, poi, ha uno sviluppo dell’intelligenza distorto, come capacità di calcolo o memoria straordinarie.
I problemi dei bambini autistici (da 6 a 9 su mille a seconda dei metodi di valutazione, il rapporto maschi/femmine è 4 a 1), se non si fa nulla per favorire la loro integrazione sociale con programmi riabilitativi e rieducativi, aumentano.
«Lasciate sole nella battaglia culturale e sociale per inserire i loro figli nel flusso della vita, le famiglie possono sgretolarsi. La vicenda della madre di Gela che ha annegato i suoi due bambini dovrebbe far riflettere sulle conseguenze della solitudine in cui i genitori vivono questo dramma» avverte Daniela Mariani Cerati dell’Angsa (Associazione nazionale genitori soggetti autistici). Nel 2005 la Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza stilò linee guida per l’autismo (diagnosi e terapia riabilitativa), ma non sono obbligatorie. «Ai genitori che si rivolgono ai servizi sanitari può succedere ancora di incontrare psichiatri legati alle suggestioni psicoanalitiche, come “la mamma frigorifero” tossina psicologica per il suo piccolo, che rifiutano le nuove tecniche riabilitative. Eppure, la terapia comportamentale dà, assieme alla comunicazione aumentativa, risultati. Non bastano iniziative sporadiche, anche se eccellenti: occorre costruire una rete di competenze».
Per avviare un efficace percorso riabilitativo, la diagnosi nei servizi sanitari deve essere il più precoce possibile (prima si iniziano programmi rieducativi meglio è, ma per riconoscere l’autismo spesso si perdono due o tre anni); e la scuola deve impegnarsi a far sì che insegnanti e genitori siano formati per usare la Caa. Quando i bambini vanno a casa il sistema, che si affianca alla parola, deve continuare a essere usato. «Mentre il linguaggio verbale è astratto, l’immagine trattiene il pensiero, lo fissa. E ciò li aiuta. La difficoltà a comunicare può creare frustrazioni che sfociano in comportamenti problematici» spiega Alessandro Chiari, terapista in neuropsicomotricità al Centro Benedetta D’Intino.
La scelta delle immagini che facilitano la comunicazione è adattata a ogni bimbo. «A volte sono semplici, come foto, o più articolate. Per i più dotati la pagina può contenere un elenco di immagini o parole che indicate in successione formano frasi» aggiunge Chiari.
Nel mondo si usano per la Caa dispositivi ad alta tecnologia utilizzabili da un bambino dell’asilo: computer grandi quanto un astuccio di matite, e batterie da 8 ore. Sullo schermo, un touch screen con una griglia di disegni e foto. A ognuno corrisponde un oggetto-azione e un messaggio vocale registrato: il bambino può selezionare con il dito un oggetto-azione e questo produce una richiesta verbale. «Oggi si tende a non rinviare la comunicazione al momento in cui emerge il linguaggio verbale» riferisce Paola Magri, che dirige il Centro di riferimento per l’autismo alla asl Napoli 2 Nord. «Purtroppo il ricorso a questi dispositivi trova ostacoli nella burocrazia: non sono inclusi nel listino ausili del Ssn, aggiornato al 1999. Eppure, migliorano la qualità di vita di un bambino con autismo e consentono ai genitori di “ascoltare” la sua voce» conclude Magri.
tratto da panorama.it 
di Gianna Milano. 
Per informazioni su possibili applicazioni riguardo il Metodo Feuerstein e autismo potete contattarmi via mail a m.boninelli@univirtual.it 
 

Nelle mente di un bambino autistico



Nella mente di un bambino autistico

Porgere un oggetto, giocare a pallone con gli amici, spostare un tavolo con un’altra persona. Gesti semplici, che per noi non hanno nulla di misterioso. Ma che un bambino affetto di autismo trova quasi insormontabili, addirittura incomprensibili da pianificare, prima ancora che da eseguire. Il motivo? Probabilmente perché gli autistici mancano della capacità di provare empatia, di comprendere le intenzioni delle altre persone ed seguire compiti in sintonia con loro. Insomma, non riuscendo a interagire socialmente in modo efficace, rimangono "bloccati".
Valeria Manera, giovane ricercatrice (ha 32 anni) dell’Università degli Studi di Torino che oggi lavora presso il laboratorio di psicofisiologia dell’Università di Stanford, studia nei bambini con autismo proprio i deficit di previsioni delle intenzioni altrui. Lo fa con strumenti come la risonanza magnetica funzionale, tecnica di visualizzazione del cervello che permette di mappare i processi in atto a livello cerebrale. L’obiettivo dei suoi studi (finanziati dalla borsa di studio di l’OrÈal) è quello di migliorare la diagnosi e la riabiltazione dell’autismo. In questa intervista racconta che cosa fa e cosa aspettarsi dalle sue ricerche.

In base alla sua esperienza, dal momento che lei lavora con bambini autistici, come funziona la mente di una persona affetta da autismo?
L’aspetto forse più interessante ed intrigante delle persone affette da autismo è che sembrano percepire il mondo in modo diverso. Per esempio, percepiscono facilmente elementi che ad una persona non autistica tendono a sfuggire (dettagli di una un quadro, particolari di una stanza). Viceversa non sembrano cogliere aspetti della realtà ad altri immediatamente evidenti, come le intenzioni, emozioni, credenze e i desideri degli altri.
Che cosa in particolare la differenzia dal nostro modo di pensare o ragionare?
Ci sono molti aspetti. Un elemento che sembra caratterizzare le persone affette da autismo è che hanno difficoltà a leggere le intenzioni nello sguardo degli altri. Sanno che gli occhi delle persone servono per vedere, e di conseguenza sanno dire dove una persona sta guardando. Quello che però non sono in grado di fare è di leggere gli stati mentali dallo sguardo. Per esempio, questo volto è quello di Larry. A cosa è interessato Larry? Pur essendo in grado di dire dove guarda Larry, i bambini affetti da autismo non sono in grado di dire quale dei quattro oggetti Larry desideri.
Di fronte a una persona diversa da sé, come reagisce (o non reagisce) l’autistico?
Le persone affette da autismo tendono a focalizzarsi su dettagli che per gli altri non sono rilevanti, e viceversa a non prestare attenzione ad aspetti che per gli altri sono fondamentali. Quando guardano due persone che interagiscono, per esempio, invece di focalizzarsi sui loro occhi ed espressioni facciali (che danno informazioni su ciò che le persone pensano e provano), guardano dettagli poco informativi, come particolari degli abiti, o parti del viso meno socialmente salienti. Si tratta del tracciato degli occhi di una persona con autismo (in rosso) e di una persona non autistica (in giallo) mentre osservano un filmato di persone che interagiscono.
Un bambino con autismo non riesce mai a prevedere il comportamento di un’altra persona?
Questa è proprio la domanda a cui tenta di rispondere il mio progetto di ricerca. Si sa ancora pochissimo sulla capacità di prevedere il comportamento altrui nell’autismo. In particolare, non c’è nessuno studio che abbia indagato se sono in grado di prevedere le azioni a partire dai movimenti. Quando guardiamo un’azione, anticipiamo continuamente quello che succederà subito dopo. Grazie a questa abilità siamo in grado comprendere meglio gli altri, e di coordinare le nostre azioni con le loro. È possibile che alcune delle difficoltà sociali che incontrano questi pazienti dipendano proprio dalla mancanza di questa capacità di previsione.  
Che cosa si può vedere con la risonanza magnetica funzionale?
La risonanza magnetica funzionale è una tecnica di neuroimmagine che permette di visualizzare in vivo l’attività del cervello mentre svolgiamo una determinata attività (ragionare, guardare una fotografia di un viso, osservare un’interazione sociale). Grazie a questa tecnica è possibile individuare quali aree del cervello sono coinvolte in queste attività. Nel caso dell’autismo o di altre patologie, viene utilizzata per indagare se a determinate disfunzioni a livello del comportamento corrispondano delle anomalie nelle attivazioni di specifiche aree del cervello.
Cosa si è scoperto, finora, osservando il cervello delle persone con autismo?
Negli ultimi 15 anni sono stati fatti moltissimi progressi. Ad esempio sappiamo che nel nostro cervello esiste un’area che si attiva quando guardiamo i volti (la fusiform face area). Si è scoperto che quando una persona con autismo guarda un viso, nel suo cervello non si attiva quest’area. Questo contribuisce a spiegare perché per le persone con autismo i visi non sono speciali. Quello che questo tipo di studi dimostra è che le anomalie nel comportamento di queste persone sono associate ad anomalie nell’attivazione del loro cervello. In studi pioneristici, la risonanza magnetica funzionale viene usata anche per valutare l’effetto della riabilitazione: perché una riabilitazione sia davvero efficace e duratura, non è sufficiente che abbia modificato il comportamento, bisogna che abbia avuto un effetto anche le attivazioni cerebrali.
Come funzionano esattamente i test previsti nel suo progetto?
Si tratta di compiti percettivi, in cui chiediamo alle persone di guardare degli stimoli point-light, ovvero degli attori rappresentati solo tramite punti luminosi che indicano le giunture principali del corpo. Mostriamo delle azioni che si interrompono ad un certo punto, e chiediamo alla persone di prevedere come l’azione andrà a finire, e l’intenzione sottostante all’azione. Oppure chiediamo semplicemente di descrivere l’azione che vedono (trattandosi di point-light, non è sempre facile capire di che azione si tratta, soprattutto se si tratta di azioni comunicative).
Su quante persone si baseranno questi studi?
Pensiamo di utilizzare, per ciascuno studio, circa 25 persone affette da autismo e 25 persone di controllo senza malattie neurologiche o psichiatriche.
Quali potrebbero essere le ricadute concrete di qs tipo di studi, e quando è lecito attendersele?
Queste ricerche potrebbero aiutare a raffinare le tecniche di diagnosi di questo tipo di disturbo nelle persone affette da autismo: se per esempio scoprissimo che i pazienti con autismo hanno un problema nella previsione delle altrui intenzioni, gli stimoli che abbiamo usato potrebbero essere modificati (e opportunamente testati) per essere poi usati come test diagnostici. E questi dati potrebbero poi essere usati per creare dei percorsi riabilitativi mirati. Per la diagnosi, i tempi potrebbero essere relativamente brevi (un paio d’anni dall’inizio della ricerca). Per la riabilitazione, i tempi saranno più lunghi, perché si tratta di creare veri e propri training.
Ci sono già risultati preliminari?
Stiamo cominciando a raccogliere i primi dati in questi giorni. Per i risultati, però, bisognerà aspettare

tratto da: panorama.it