martedì 26 agosto 2014

Articolo: lettori non si nasce lo si diventa

Quante volte i genitori mi chiedono: «Prof, perché non li obbliga a leggere?» oppure vengo interpellata in questo modo: «Prof, io compro libri su libri ma mio figlio non vuole leggere. Che devo fare?» .
Io sorrido e penso alla mia esperienza. Non sono una lettrice nata, lo sono diventata con molta calma e soprattutto non perché qualcuno mi abbia stimolata alla lettura.
La mia casa era piena di libri eppure da bambina non mi degnavo di aprirli. Ai compleanni ogni libro ricevuto in regalo costituiva per me una grande delusione. Ma i miei genitori non mi hanno mai costretta a leggere.
Sul finire delle elementari mi innamorai della serie tv «Pippi Calzelunghe» . Mio padre, allora, mi acquistò il romanzo della scrittrice svedese Astrid Lindgren, «madre» della ragazzina dalle treccine rosse, e io mi tuffai nella lettura senza rendermi conto che per una principiante affrontare più di 400 pagine non era cosa da poco.
A mio parere, non si può dire che gli stimoli familiari siano indispensabili per avviare alla lettura i bambini o i ragazzi. Io ho un fratello più grande e lui, pur avendo a disposizione la medesima biblioteca ben fornita, non ha mai avuto la mia stessa passione.
Mettiamo pure che si abbia a disposizione una biblioteca paterna come quella di Leopardi, non è scontato che vi passino ore ed ore durante la giovinezza, emulando il poeta recanatese. Anzi, è molto più probabile che si finisca per odiare quella biblioteca e quei libri così a portata di mano. A volte il gusto della ricerca è molto più appassionante.
Ecco perché, da docente, non  impongo ai miei allievi più piccoli, che frequentano il biennio, i libri. che piacciono a me, lascio che scelgano loro, se hanno piacere di leggere. Quelli del triennio, invece,  a causa del poco tempo a disposizione, devono inevitabilmente affrontare alcuni classici della letteratura italiana e straniera.  E non sempre li gradiscono.
L’amore per la lettura non deve e non può essere forzato. Amare i libri deve essere una scelta e l’inizio di questo amore non ha data né età.
Quando si viene catturati dalla lettura è per sempre, non importa se abbiamo sei anni, e sappiamo a mala pena distinguere le lettere dell’alfabeto, o se ne abbiamo sessanta. L’importante è che sia una scelta spontanea, non una forzatura come la scuola vorrebbe. 

tratto da: corriere.it

Un parco giochi per facilitare l'interazione sociale tra i bambini

Una scuola a Owings Mills, che si occupa di bambini autistici dai 2 agli 8 anni, Il Shafer Center, ha recentemente installato un parco giochi destinato ad aiutare i bambini attraverso l’interazione sociale e le capacità motorie.
Le attrezzature specializzate sono in grado di “favorire l’interazione sociale” tra i bambini autistici, che a volte hanno maggiori difficoltà e impiegano un tempo maggiore ad interagire socialmente soprattutto per un corretto uso dei segnali sociali.
“Tante attività nel parco giochi richiedono più di una persona”, ha detto Kristen DeBoy, terapista di analisi comportamentale applicata, ABA, presso la Shafer Center, “questo favorisce l’interazione sociale.”
Il parco giochi è dotato di giochi speciali, appositamente realizzati l’attrezzatura del parco giochi tuttavia è simile a ciò che viene utilizzato sui campi da gioco tradizionali, ma ha elementi sensoriali, come ad esempio uno scivolo a rulli, che sono utili per i bambini autistici. Il Shafer Center non è l’unica scuola locale con un parco giochi Autism Friendly. Il Kennedy Krieger Institute ne ha installato uno nel 2012 per i suoi studenti, e altri ce ne sono in tutto il paese.
Immaginefdb I ricercatori hanno cominciato a considerare i campi da gioco come una forma di terapia per i bambini nello spettro autistico fin dal 1975, ha detto Luke Kalb, un  dottorato nel dipartimento di salute mentale della Johns Hopkins University.  I campi da gioco possono essere costruiti e realizzati in modo tale da agire sui “deficit” dei bambini autistici come ad esempio una mancanza di competenze sociali , una iper o ipo attività mentre li si aiuta a sviluppare delle capacità motorie.
Secondo Kalb i parchi giochi possono essere considerati terapeutici poiché presentano un livello adeguato di sfida fisica, supportano il gioco immaginativo e aiutano i bambini a strutturare i loro movimenti. Senza dubbio il beneficio che i bambini autistici ricavano da questi parchi è ancora da verificare attraverso ricerche specifiche.
Inoltre i parchi giochi cosi strutturati possono essere utilizzati anche per osservare i bambini e identificare alcuni tratti specifici inerenti al disturbo dello spettro autistico, secondo Kalb ” i parchi giochi sono più naturalistici e meno strutturati” , “E’ un contesto ottimale per capire meglio lo sviluppo del bambino.”  DeBoy ha riportato come la speciale altalena abbia aiutato un bambino che seguiva. Questo bambino che non amava parlare con gli altri bambini e soprattutto giocava da solo, ma grazie all’altalena, che richiede più di una persona per essere usata e ha quattro sedili con schienali più un posto in mezzo, ha iniziato a chiedere agli amici di giocare assieme.
Secondo DeBoy ciò risponde ad uno dei grandi quesiti dei genitori di bambini con disturbo dello spettro autistico  “I miei figli hanno amici e possono essere in grado di giocare con gli altri bambini?”.images (12)
Il moto particolare di alcuni giochi può scuotere i bambini ipoattivi o aiutare a calmare e a scaricare l’ eccesso di energia quando lo swing  ondeggia avanti e indietro come il pendolo di un orologio, il movimento può essere rilassante; quando si gira come una trottola, la sensazione nei bambini è invece più stimolante.
Il nuovo parco giochi è stato progettato da una società locale, Sparksatplay, che si è specializzata nella creazione di spazi esterni unici.  Le competenze acquisite sul campo da gioco, come chiedere un altro bambino di  giocare assieme , possono anche essere riproposte in altri contesti , magari facendoli sentire abbastanza sicuri per chiedere ad un amico di sedersi con loro a pranzo, o di giocare al chiuso con loro in un giorno di pioggia.

Articolo: struttura del cervello autistico

Il nuovo studio condotto dal Dr. Guomei Tang, David Sulzer e colleghi, sta ricevendo molta attenzione. Questa ricerca, come altre ricerche nello stesso campo, mostra come vi sia una diversità nella struttura del cervello delle persone con disturbo dello spettro autistico. Vi sono delle differenze nella connettività cerebrale, alcune aree del cervello sono coordinate ad  altre aree in  maniera differente rispetto alle persone a sviluppo tipico. download (5)Il team di ricerca del Dr. Tang e di Sulzer ha trovato una spiegazione a questa connettività atipica nelle sinapsi, i collegamenti fisici attraverso le quali le cellule del cervello comunicano tra loro. Un’interessante caratteristica dello sviluppo del cervello è che il numero di sinapsi diminuisce con l’aumentare dell’età. I bambini più piccoli hanno più sinapsi rispetto a ragazzi e adolescenti e le sinapsi “extra” sono destinate a perdersi con il passare degli anni.
Il lavoro di Tang e Sulzer mostra come nell’autismo il numero di sinapsi sia conforme alla media alla nascita ma non riesca a diminuire con il passare degli anni, come avviene alle persone con sviluppo tipico, ciò comporta che gli adolescenti con disturbo dello spettro autistico hanno un numero maggiore di sinapsi rispetto ai coetanei a sviluppo tipico.
I Dr. Tang e Sulzer hanno inoltre svolto delle ricerca su un particolare tipo di topo, considerato un modello di ricerca per l’autismo, il quale presenta una mutazione nel gene per la sclerosi tubercolosa e presenta un numero eccessivo di sinapsi. I ricercatori hanno trattato questi particolari topi con un farmaco (Rapamycin) che ha reso possibile la diminuzione del numero di sinapsi e un miglioramento nel comportamento sociale.
images (7)La Rapamicina, chiamata correttamente sirolimus è un farmaco immunosoppressore usato per prevenire il rigetto nei trapianti d’organo. Il Sirolimus è un antibiotico macrolide  scoperto come prodotto di un batterio  in un campione di terreno proveniente da Rapa Nui (Isola di Pasqua), e per questo motivo è anche chiamato Rapamicina. La rapamicina nei mammiferi ha come bersaglio una serina treonina chinasi (mTOR, mammalian Target Of Rapamycin) che regola la crescita, la proliferazione, la motilità e la sopravvivenza delle cellule.  Tuttavia può avere gravi effetti collaterali tra cui la soppressione del sistema immunitario, l’infiammazione polmonare e un elevato rischio di diabete. A causa di questi gravi effetti collaterali non può essere raccomandato per i bambini con disturbo dello spettro autistico. Vi è un ulteriore farmaco che potrebbe essere oggetto di ricerca, chiamato everolimus, molto simile alla Rapamicina ma utilizzato per i pazienti con sclerosi tubercolosa, una malattia genetica che provoca tumori, ritardi cognitivi e aumenta il rischio di autismo.
Anche se non è ancora chiaro  se l’eccessivo numero di sinapsi sia un problema per un grande numero di persone con disturbo dello spettro autistico o sia limitato a poche persone,  gli scienziati però possono ora  condurre altri studi e ricerche per individuare nuovi farmaci più sicuri che possano aiutare a ripristinarne il normale numero. Importante è considerare che se un farmaco può normalizzare il numero di sinapsi e il comportamento sociale nei topi  non è altrettanto certo che abbia la stessa efficacia con le persone con disturbo dello spettro autistico.

Articolo:I bambini autistici hanno più sinapsi cerebrali degli altri

La notizia arriva direttamente dai ricercatori della Columbia University Medical Center (CUMC): bambini e adolescenti autistici avrebbero un maggior numero di sinapsi.
Se avere un buon numero di sinapsi può essere un fattore positivo, averle in eccesso può essere deleterio. Come è possibile, dunque, che se ne formino addirittura in abbondanza?
Secondo gli scienziati si tratta di una sorta di mancata “potatura”.  Avete presente cosa accade alla vegetazione se non viene mai potata nei mesi primaverili? Ecco, nelle sinapsi avviene una cosa simile: si forma una sorta di foresta cerebrale.

Il rallentamento del processo cerebrale di potatura durante lo sviluppo porterebbe a effetti profondi sulle funzioni del nostro cervello. Questo perché, come ben si sa, le sinapsi sono i punti in cui i neuroni si connettono e comunicano tra di loro. Va da sé che la comunicazione non può essere efficiente se è eccesiva.«È la prima volta che qualcuno ha cercato e visto la mancanza di potatura durante lo sviluppo dei bambini con autismo, anche se i numeri più bassi di sinapsi in alcune aree del cervello sono stati rilevati nei cervelli di pazienti anziani e nei topi con comportamenti autistico-simili», spiega il ricercatore professor David Sulzer
La potatura sinaptica sembra essere guidata da un processo di degradazione cellulare noto come autofagia. L’unico modo per risolvere il problema sarebbe l’ausilio di un farmaco che sia in grado di ripristinare la normale potatura sinaptica.
Per tentare una possibile soluzione è stata testata la rapamicina – detta anche Sirolimus. Si tratta di un farmaco immunosoppressore tradizionalmente utilizzato nei trapianti d’organi per evitarne il rigetto.
La ricerca, condotta per ora solo su animali (modelli murini con autismo) è stata in grado di tracciare il difetto di potatura di una proteina denominata mTOR – o bersaglio della rapamicina nei mammiferi – che, tra le altre cose regola la crescita e la sopravvivenza cellulare.
Quando mTOR diviene iperattiva le cellule cerebrali perdono la capacità di autofagia cellulare portando a numero eccessivo di sinapsi.Ripristinando nei topi il normale processo di auofagia e la conseguente potatura sinaptica i comportamenti autistico-simili sono diventati reversibili. Per far tutto ciò i ricercatori hanno scelto di utilizzare la rapamicina, la cui funzione – è risaputo – inibisce le proteine mTOR.

Il farmaco funzionava comunque anche se somministrato dopo che i comportamenti autistici si erano instaurati da tempo. Questo porta gli scienziati a pensare che il medicinale può essere adoperato anche a malattia avviata.
Secondo quanto riportato sulla rivista Neuron, nel cervello dei malati di autismo vi è una quantità eccessiva di proteina mTOR. La Rapamicina, tuttavia, è stata in grado di inibire mTOR riportando l’autofagia a condizioni normali.

«Il fatto che possiamo ravvisare cambiamenti nel comportamento suggerisce che l’autismo può essere ancora curabile dopo che è stato diagnosticato al bambino, se riusciamo a trovare un farmaco migliore», dichiara il prof. Sulzer.
«La cosa incredibile circa i risultati – continua Sulzer – è che centinaia di geni sono stati collegati all’autismo, ma quasi tutti i nostri soggetti umani avevano mTOR iperattiva e una diminuzione di autofagia e tutti sembrano avere una mancanza di normale potatura sinaptica. Questo ci dice che molti dei geni, forse la maggioranza, possono convergere sulla via mTOR/autofagia, allo stesso modo in cui molti affluenti portano al fiume Mississippi. Quando mTOR è instabile e ha ridotto l’autofagia, blocca la normale potatura sinaptica che può essere alla base dell’apprendimento di un comportamento appropriato che può essere una caratteristica unificante di autismo».

Secondo Alan Packer, ricercatore americano della Simons Foundation e co-finanziatore dello studio, eseguire uno screening della proteina mTOR e l’attività autofagica potrà fornire in un prossimo futuro un valido mezzo per diagnosticare alcune caratteristiche dell’autismo al fine di poter somministrare il trattamento più idoneo al soggetto autistico.
«Questa interessante ricerca potrebbe aiutare a sviluppare la nostra comprensione delle complesse differenze cerebrali che esistono tra le persone con autismo e quelli che non hanno tale condizione. Tuttavia, l’idea che un farmaco potrebbe essere sviluppato per trattare l’autismo deve essere valutata con cautela. Oltre a considerare le implicazioni etiche, ci chiediamo se è possibile estrapolare gli effetti dei farmaci sui topi che mostrano un comportamento apparentemente autistico e simile a esseri umani che in realtà hanno una reale disabilità», conclude
Carol Povey, direttore del Centro per l’Autismo della National Autistic Society.
Lo studio è pubblicato sulla rivista Neuron.
tratto da: stampa.it